CESAREA (in turco Qaiṣariyyeh e Qaiṣarī, nel nuovo alfabeto turco-latino Kaysen; A. T., 88-89)
Città dell'Anatolia centrale.
Ai piedi del Monte Argeo ('Αργαῖον, in turco Ercasdaǧ), in Cappadocia, sorgeva un'antica città detta Mazaca (Μάζακα, Mazacum), e anche Eusebia all'Argeo (dal re Ariarathes Eusebius); questi nomi furono sostituiti ufficialmente con quello di Cesarea (Καισάρεια; Caesarea), in onore dì Augusto, dall'imperatore Tiberio, che dotò la città di grandi edifizî, quando la Cappadocia fu eretta in provincia ed essa ne divenne la capitale. Il Monte Argeo era sede di un santuario, in cui la divinità era adorata col medesimo nome. Per la sua posizione nel punto intermedio fra i porti del Mar Nero e dell'Egeo e i paesi dell'Eufrate, Cesarea ebbe per molti secoli una grande importanza economica e attraversò periodi di splendore. Rovinata durante la guerra mitridatica, fu ricostruita per opera di Pompeo e probabilmente fin da allora dotata del diritto municipale alla maniera dei Greci. Quando l'imperatore Valente divise la provincia, Cesarea fu capoluogo della Cappadocia I.
Durante il periodo romano fu sede di una zecca imperiale, da Tiberio a Treboniano Gallo, coi tipi del Monte Argeo, di Atena, di una ignota dea asiatica, ecc. Essa fu uno dei più illustri centri del primitivo cristianesimo asiatico, e sede della metropoli della Cappadocia e del Ponto, cioè di gran parte dell'Asia Minore; fu patria di S. Basilio (morto nel 379), il celebre padre della Chiesa. Trasformata la costituzione provinciale dell'impero al tempo di Eraclio (610-641), Cesarea fece parte del tema degli Armeniaci. Fu più volte assalita dai Persiani.
I Musulmani dalla Siria vi condussero spedizioni fino dal sec. VIII d. C., senza però affermarvi il loro dominio e vi posero piede nel sec. XI con la dinastia turcomanna dei Dānishmend e poi con i Selgiūqidi di Conia. La città fu poi soggetta a governatori locali e per breve tempo dipese dal qāḍī Burhān ed-Dīn, signore di Siwas, e dai Qaraman di Conia. L'anno 880 dell'ègira (1475-1476) fu conquistata dal sultano ottomano Maometto II, restando per altro quasi autonoma sotto la famiglia locale detta Dhū l-Qadr, che fu spodestata più tardi da Selīm I. D'allora Cesarea è restata sotto il dominio ottomano; fu capoluogo del sangiaccato omonimo del vilâyet di Angora e dal 1923 è sede di un vilâyet nell'attuale repubblica di Turchia.
La città è situata a circa 1070 m. s. m., su un fertile altipiano a nord dell'Ercasdaǧ, il monte più alto dell'Anatolia, che s'eleva a 3830 m. s. m. I monumenti selgiūqidi conservati in gran copia stanno a dimostrare che nel sec. XII la città occupava nell'altipiano lo stesso posto dell'attuale. La cittadella, con la cinta ancora intatta, è forse selgiūqida di fondazione, ma fu rimaneggiata all'epoca ottomana. I monumenti ellenistici e romani dell'antica città sono quasi tutti scomparsi; i resti sono noti in turco col nome di Eskiṣehir. Ne fu ricavato il materiale usato nella costruzione della cittadella, dei bastioni, delle numerose moschee e scuole (medreseh) della città moderna. Si nota ancora in una vallata la forma dell'antico circo e qua e là avanzi di costruzioni, le une in muratura a grandi blocchi, le altre in mattoni; alcuni di questi ruderi sono legati, dalla tradizione locale, al nome di S. Basilio che elevò grandi edifici religiosi e di carità nel suo episcopio, ma non vi è alcuna identificazione certa.
Cesarea nel 1849 contava 18.413 ab., dei quali 12.344 Musulmani, 5 mila Armeni e più di mille Greci; verso il 1890 la popolazione era cresciuta a 72.000 ab., dei quali 45.000 Musulmani, 9600 Armeni gregoriani, 14.400 Greci ortodossi, 800 Armeni cattolici e 1200 protestanti.
Partiti i Greci dopo la guerra greco-turca del 1919-1922 e dispersi gli Armeni, la popolazione diminuì notevolmente; il censimento del 1927 diede per la città la cifra di 39.544 abitanti, che si può presumere composta quasi interamente da Turchi Musulmani, e per il vilâyet la cifra di 240.490 ab. È unita ad Angora da una ferrovia inaugurata nel maggio 1927, che nel 1930 è stata prolungata fino a Siwas. Il territorio è fertile; nella città vi sono fabbriche di tessuti e, dal 1926, una fabbrica di motori e di areoplani.
Bibl.: V. Cuinet, La Turquie d'Asie, I, Parigi 1891, pp. 307-314; Ch. Texier, Descr. de l'Asie Mineure, II, Parigi 1862; G. N. Bernardakis, in Echos d'Orient, XI (1908), pp. 22-27; B. V. Head, Historia nummorum, 2ª ed., Oxford 1911, p. 752; Khalil Edhem, Qaiṣariyyeh shehri (in turco), Costantinopoli 1334 [1918]; A. D. Nordtmann, Anatolien, ed. da F. Babinger, Hannover 1925; G. de Jerphanion, Mélanges d'archéologie anatolienne, Beyrouth 1928; A. Gabriel, Monuments turcs d'Anatolie, Parigi 1930.