FANI, Cesare
Nacque a Perugia il 5 febbr. 1844 da Angelo, direttore del locale Monte di pietà, ed Eugenia Angelini, di famiglia perugina benestante. Trascorse gli anni della giovinezza compiendo gli studi superiori nella città natale e maturando un primo embrione di coscienza politica nel clima patriottico degli anni dell'unificazione nazionale. Il 20 giugno 1859 ebbe occasione di partecipare alla difesa di Perugia, che, insorta in occasione della seconda guerra d'indipendenza, veniva attaccata e riconquistata, in un cruento scontro, da un reggimento pontificio di mercenari svizzeri. Il F. trascorse i mesi successivi frequentando i circoli patriottici, fino al 14 sett. 1860, quando le truppe del V corpo italiano, guidate dal generale M. Fanti, entrarono in Perugia. Nella primavera del 1866 si arruolò fra i volontari garibaldini che presero parte alla terza guerra d'indipendenza, combattendo contro l'esercito austriaco in Trentino. Fu di nuovo volontario fra i garibaldini che nell'ottobre del 1867 entrarono nei territori pontifici subendo, il 3 novembre, l'amara sconfitta di Mentana.
Terminato il periodo dell'attività politica cospirativa e rivoluzionaria, il F. si dedicò alla professione, riprendendo le tradizioni familiari del nonno Giuseppe, noto avvocato, che, trasferitosi da Bevagna a Perugia nel 1796, era stato un appassionato bibliofilo e cultore di storia. Laureatosi a pieni voti in giurisprudenza a Perugia il 14 giugno 1866, andò nel 1867 a Napoli, dove lavorò fino al 1868 presso lo studio del famoso penalista Enrico Pessina. Al termine dell'esperienza napoletana aprì a Perugia uno studio legale, iniziando l'attività forense che esercitò fino alla morte. Il F. divenne ben presto un avvocato di fama nazionale distinguendosi per la sua riconosciuta competenza giuridica. Egli non era un dottrinario del diritto ma accompagnò all'esercizio della professione un'opera di ricerca teorica che fornì indicazioni di rilievo, attestate dalle sue numerose pubblicazioni professionali.
Passate le simpatie per il radicalismo rivoluzionario, il F. si inserì pienamente nella vita politica perugina, entrando a far parte dell'Associazione liberale monarchica di Perugia, costituitasi sotto la guida del prima deputato e poi senatore Zeffirino Faina. Già membro del consiglio di amministrazione della Associazione, il F. nel 1882 entrò nel consiglio direttivo che fu chiamato a presiedere dal 26 febbr. 1883 fino alla morte. Contemporaneamente egli ricoprì anche cariche politiche locali. Fu eletto infatti al Consiglio comunale di Perugia nel 1871 e vi rimase fino al 23 marzo 1893, quando si dimise a causa degli impegni parlamentari; in questi anni fu più volte assessore e dal 1873 al 1893 deputato della Commissione centrale scolastica. Dal 1899 al 1914 fu anche consigliere provinciale dell'Umbria.
Il passaggio ad un impegno politico di carattere nazionale avvenne nel 1886, quando, alle elezioni generali del 23 maggio, il F. fu eletto deputato nel I collegio di Perugia, al quale era stato candidato su designazione di Zeffirino Faina, allora nominato senatore. La rappresentanza parlamentare gli fu sempre confermata, dalle elezioni del 1890 nel II collegio di Perugia, e il F. divenne la figura più rappresentativa del liberalismo umbro, ispirandone anche l'attività dell'organo di stampa, L'Unione liberale. Egli si guadagnò questa posizione centrale nella vita politica locale grazie anche ad un'intensa opera parlamentare in sostegno del suo collegio elettorale.
Numerosi, in questo senso, furono gli interventi del F.: l'ottenimento di un contributo da parte dello Stato per l'erezione e il potenziamento dell'istituto agrario di S. Pietro; il sostegno al collegio convitto per gli orfani dei sanitari italiani, in favore del quale fu presentatore del disegno di legge, promulgato in legge il 7 luglio 1901, che sancì l'obbligatorietà di un contributo annuo dei medici; l'intelligente opera d'intesa nel 1899 con il prefetto di Perugia, Tommaso Tittoni, per ottenere dal ministero dei Lavori pubblici i fondi necessari all'istituzione del tram elettrico a Perugia; l'intervento a favore della costruzione del policlinico di Perugia, iniziato il 14 sett. 1910; il costante interessamento, a partire dal 1903, con continui ordini del giorno in proposito presentati alla Camera, per la costruzione della Ferrovia centrale umbra, l'impegno teso a sostenere l'opera di bonifica del lago Trasimeno.
Il controllo sulla vita politica del capoluogo umbro permise al F. di dominare le competizioni elettorali, grazie anche ad una fitta rete di rapporti clientelari, volti al sostegno delle posizioni degli agrari e dei conservatori. In questo senso i suoi successi si avvalsero di una valida azione di avvicinamento all'elettorato cattolico, verso cui indirizzò la sua attenzione per mezzo dell'efficace contributo del suo segretario, avvocato A. Farabi, subeconomo dei Benefici vacanti e quindi buon conoscitore del clero umbro.
Sulla base di questa posizione di forza conquistata nel suo collegio il F. poté gestire con una discreta autonomia i suoi rapporti politici in Parlamento. Egli, entrato alla Camera durante il settimo ministero Depretis, si schierò nelle file della Destra storica, appoggiando l'indirizzo di M. Minghetti teso a sostenere l'operazione trasformistica del presidente del Consiglio. Partecipò attivamente ai lavori parlamentari e fece parte della giunta delle elezioni. Il suo primo incarico di rilievo fu comunque la partecipazione alla commissione di inchiesta, detta dei Sette, sullo scandalo della Banca romana nel 1893.
Oltre al F. erano membri della commissione A. Paternostro, segretario, G. Bovio, A. Mordini, C. Pellegrini, E. Sineo e G. Suardi. La partecipazione alla commissione, dalla quale fu inviato con Bovio e Sineo a Napoli a interrogare F. Crispi, contribuì a mettere in luce il F. all'interno della vita parlamentare.
Chiusa ormai la strada verso G. Giolitti, costretto alle dimissioni dai risultati dei lavori della commissione, il F., pur in buoni rapporti con G. Zanardelli, si orientò verso il gruppo della Destra di L. Luzzatti e A. di Rudinì. Nel settembre del 1897 ricevette da quest'ultimo il suo primo incarico di governo come sottosegretario del guardasigilli, E. Gianturco. Il F. rimase sottosegretario alla Giustizia nel terzo governo Rudinì, con Zanardelli ministro, e nel breve quarto ministero, in cui ministro di Grazia e Giustizia fu T. Bonacci. In qualità di sottosegretario alla Giustizia elaborò il testo dei disegni di legge repressivi presentati dal governo Di Rudinì il 16 giugno 1898 sotto la pressione dei tumulti popolari. Questi stessi disegni di legge, ereditati dal governo Pelloux, scatenarono l'ostruzionismo parlamentare, quando furono presentati alla Camera, dove incontrarono perfino l'opposizione dei parlamentari rudiniani, per i quali svolse l'ordine del giorno contro il governo lo stesso Fani.
Superata la crisi di fine secolo, durante l'età giolittiana, il F. venne presentandosi come uno dei più autorevoli parlamentari della Destra. Nel 1907 fu presidente della commissione d'inchiesta parlamentare che deferì, per accuse di peculato, l'ex ministro della Pubblica Istruzione, Nunzio Nasi, al Senato, costituito in Alta Corte di giustizia. In ogni modo la principale funzione politica che egli svolse in quegli anni fu all'interno dello schieramento di destra, all'unione delle cui forze si adoperò vivamente stringendo contatti, in nome del gruppo rudiniano-luzzattiano, con il centro sonniniano.
Il gruppo, del quale il F. era uno degli esponenti più autorevoli, si caratterizzava per il legame con i principi della Destra storica, nella disponibilità alle riforme, in una certa francofilia negli orientamenti di politica estera, e in particolar modo in una spiccata caratterizzazione laica. Il F. "rappresentava, insieme col Di Rudinì stesso, forse più compiutamente la fiera ed intransigente fedeltà al laicismo" (Ullrich, I, p. 58).
L'occasione in cui più chiaramente emerse da parte del gruppo rudiniano la fedeltà ai principi laici fu la discussione parlamentare sull'insegnamento religioso nelle scuole elementari, provocato da una mozione di L. Bissolati contraria ad esso. Durante il dibattito, acceso e prolungato - dal 18 al 27 febbr. 1908 - intervennero, sul delicato tema dei rapporti fra società civile e società religiosa, i più autorevoli esponenti della Camera.
Il F. pronunciò un discorso che fu, come ha sottolineato L. Salvatorelli, "una affermazione notevolissima di liberalismo separatistico" (L'attività, pp. 147 s.). Egli infatti parlò a nome del gruppo rudiniano e, ricollegandosi alle posizioni della Destra storica, presentò un ordine del giorno firmato insieme col Rudinì, P. Lanza di Scalea e E. Maresca contrario all'insegnamento religioso nella scuola. Il F. affermò che ci si trovava dinanzi ad un'importante questione di libertà, che aveva a fondamento un principio di diritto costituzionale puro, il principio della libertà di coscienza. Egli richiamò le posizioni di B. Ricasoli, di E.-L. de Laveleye e, soprattutto, di Minghetti e, rifacendosi alla politica ecclesiastica di matrice cavouriana, affermò chiaramente: "Non è lo Stato che si può fare banditore o maestro in materia di religione: egli non ha alcuna competenza a ciò. Lo Stato deve avere il suo ambiente, preparato a che tutte le religioni e tutte le fedi possano avere per loro stessa iniziativa la loro piena attuazione e il loro completo svolgimento" (Atti parlamentari, Camera dei deputati. Discussioni - sessione 1904-1906 - XVI, p. 19.475). Si trattò di un discorso elevato e coraggioso, che comportò al F. difficoltà con l'elettorato cattolico del suo collegio e che isolò il gruppo rudiniano, incerto e diviso al suo stesso interno, dagli altri gruppi di destra, favorevoli invece all'insegnamento religioso.
Dopo la morte del Rudinì, avvenuta nell'agosto 1908, il F. insieme col Luzzatti si adoperò per una riorganizzazione del gruppo, ed in particolare tentò di arrivare a una stabile intesa con il centro sonniniano, ma senza risultato. Nel marzo del 1910 entrò, come titolare del dicastero di Grazia e Giustizia, nel ministero Luzzatti, in cui insieme col presidente dei Consiglio rappresentava la Destra.
Come ministro il F. ebbe molta parte nella stesura del progetto di riforma elettorale di Luzzatti e si distinse ancora per la sua fermezza nella gestione della politica ecclesiastica, difendendo fermamente durante i dibattiti parlamentari le prerogative dello Stato laico, pur sempre nei limiti di una lucida distinzione fra religione e politica, come emerse limpidamente in occasione di una interrogazione di R. Murri sulla vigilanza dello Stato sui seminari (6-8 dic. 1910). Il F. terminò il suo incarico ministeriale con le dimissioni del governo presentate da Luzzatti il 20 marzo 1911.
Oltre all'attività politica e a quella forense, si dedicò a studi sul cooperativismo, su problemi di tipo sindacale e previdenziale, sulla lotta contro l'alcoolismo.
Il F. continuò pienamente la sua attività professionale e politica sino alla morte, che avvenne il 5 febbr. 1914 a Palermo, dove si era recato per discutere una causa davanti alla corte di cassazione.
Fonti e Bibl.: Esiste un archivio del F. conservato a Perugia presso gli eredi. Su queste carte ha scritto la sua biografia il nipote A. Fani, C. F. 70 anni di vita politica italiana, Perugia 1964, cui si rimanda per l'elenco completo delle sue pubblicazioni. Al volume è seguita una interessante polemica: L. Salvatorelli, L'attività patriottica, politica e parlamentare di C. F., in Boll. della Deput. di storia patria per l'Umbria, LXIII (1966), I, pp. 141-155; A. Fani, Ancora a proposito di C. F., ibid., 2, pp. 185-189; L. Salvatorelli, Replica, ibid., pp. 189-193. Necrologi in L'Unione liberale, 6-7, 7-8, 9-10, 10-11, 11-12, 12-113 febbr. 194; Il Resto del carlino, 6 febbr. 1914; Il Giornale d'Italia, 7 febbr. 1914; La Nazione, 7 febbr. 1914; La Tribuna, 7 febbr. 1914; in Rivista di critica e storia del Risorg. ital., I (1914), 2, pp. 18 ss.; in L'Eloquenza, IV (1914), 3-4, pp. 251-256; in Boll. della Deput. di storia patria per l'Umbria, XX (1914), pp. 579-581; Atti parlamentari. Camera dei deputati - Discussioni - sessione 1913-1914, tornata del 6 febbr. 1914, I, pp. 865-871; Ibid., XVI-XXIVlegislatura, ad Indicem. Vedi anche T. Sarti, IlParlamento italiano nel cinquantenario dello statuto, Roma 1898, pp. 262 s.; L'Illustraz. ital., 10 apr. 1910, p. 342; G. Giolitti, Memorie della mia vita [1922], Milano 1984, pp. 74, 187; L. Luzzatti, Memorie autobiografiche e carteggi, Bologna 1931-1966, II, pp. 360 s., 390, 495 s.; III, pp. 334, 338-358, 392, 399, 401, 424 s.; L. Albertini, Venti anni di vita politica 1898-1918, Bologna 1950-51, I, 1, pp. 301, 312; III, pp. 37, 62; D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, Roma 1961, I, p. 346; Quarant'anni di politica italiana. Dalle carte di G. Giolitti, Milano 1962, I, L'Italia di fine secolo 1885-1900, a cura di P. D'Angiolini, p. 294; II, Dieci anni al potere 1901-1909, a cura di G. P. Carocci, pp. 366, 408, 419 s.; S. Sonnino, Diario 1866-1922, a cura di B. F. Brown, Bari 1972, I, pp. 137, 434; S. Sonnino, Carteggio 1891-1913, a cura di B. F. Brown - P. Pastorelli, Bari 1981, pp. 282, 469 ss., 496; N. Quillici, Fine di secolo - Banca Romana, Milano 1935, ad Indicem; S. Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'Italia - Da Novara a Vittorio Veneto, Napoli 1939, 11, p. 470; III, p. 363; IV, p. 26; A. Aquarone, Lo stato catechista, Firenze 1961, pp. 316 ss., 401; U. Ranieri, Perugia della Bell'Epoca 1859-1915, Perugia 1969, ad Indicem; A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1971, pp. 130, 399 s.; P. Borzoniati, Per una storia dei partiti e dei movimenti politici in Umbria, in Prospettive di storia umbra nell'età del Risorgimento - Atti dell'VIII Convegno di studi umbri (Gubbio, Perugia ... 1970), Perugia 1973, pp. 281-287; U. Levra, Il colpo di Stato della borghesia - La crisi politica di fine secolo in Italia - 1896-1900, Milano 1975, p. 183; M. Belardinelli, Un esperimento liberal-conservatore: i governi di Rudinì (1896-1898), Roma 1976, pp. 169, 173 s., 208; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana - Liberali e radicali alla Camera dei deputati 1909-1913, Roma 1979, ad Indicem; P. Ballini, La Destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, ad Indicem; Roma nell'età giolittiana - L'amministrazione Nathan, Atti del Convegno di studio (Roma ...1984), Roma 1986, p. 309; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p. 440; Diz. del Risorg. naz., III, p. 35; Enc. biogr. e bibl. "Italiana", s. 43, A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, p. 397; Ibid., F. Ercole, Gli uomini politici, II, p. 85.