CEMENTO (IX, p. 701; App. I, p. 399; II, 1, p. 551)
Costituzione. - Le ricerche eseguite in questi ultimi tempi sulla costituzione mineralogica dei c. portland hanno, in linea generale, confermato i risultati precedentemente acquisiti circa la composizione dei costituenti fondamentali: 3CaO • SiO2, 2CaO • SiO2, 3CaO • Al2O3, e quelli relativi all'influenza che i costituenti minori del cemento, quali MgO ed alcali, possono avere sulla loro costituzione (v. App. II,1, p. 551). Per quanto riguarda invece la fase contenente Fe2O3, per lungo tempo identificata nel composto definito 4CaO • Al2O3 • Fe2O3 (brownmillerite), essa è risultata costituita da una serie di soluzioni solide che il 2CaO • Fe2O3 può formare, con un ipotetico 2CaO • Al2O3, fino ad una composizione corrispondente a 6CaO -• 2Al2O3 • Fe2O3. Il composto 4CaO • Al2O3 • Fe2O3 rappresenterebbe semplicemente un termine intermedio di detta serie, anche se alla sua composizione si avvicina, mediamente, quella delle fasi ferriche riscontrate in cementi portland. Ne consegue che il campo di esistenza dei cementi portland-ferrici, caratterizzati dall'assenza di alluminato tricalcico (v. App. I, p. 401), mentre prima era limitato al modulo dei fondenti
relativo al composto 4CaO • Al2O3 • Fe2O3, viene esteso ora anche a valori superiori di detto modulo, fino ad un limite massimo teorico di 1,z8, corrispondente al rapporto
caratteristico del composto 6CaO • 2Al2O3 • Fe2O3.
Idratazione. - Il processo di idratazione del c. è stato studiato sia -per mezzo di ricerche sugli equilibri stabili e metastabili dei sistemi acquosi ternarî e quaternarî degli ossidi in esso presenti, sia mediante l'osservazione diretta dei prodotti di reazione del cemento e dei suoi costituenti con l'acqua, giungendo in questi ultimi anni ai seguenti risultati che, in linea generale, possono ritenersi pressoché conclusivi: a) ognuno dei costituenti mineralogici del clinker si idrata con formazione di composti ternarî (a eccezione delle reazioni alle quali partecipa il gesso, che danno luogo a composti quaternarî), indipendentemente dalla natura e quantità degli altri costituenti presenti; b) alla temperatura ordinaria il prodotto di idratazione è essenzialmente costituito da un "gelo" di silicato idrato di calcio nel quale sono annegati cristalli di idrato di calcio, fasi aghiformi quaternarie e fasi esagonali ternarie.
Il "gelo" deriva dall'idratazione del 3CaO • SiO2 e del 2CaO • SiO2 e presenta approssimativamente la composizione: 3CaO • 2SiO2 • 3H2O. Dal punto di vista strut turale esso ha alcune analogie con le tobermoriti, silicati idrati di calcio naturali, ma, per il suo grado di cristallizzazione eccezionalmente basso, non esistono indicazioni sufficienti che permettano di individuarlo con precisione, né con il silicato I (C0,8-1,5SiO2(H2O)), né con quello II (C1,75SiO2(H2O)) di Taylor. La fase aghiforme quaternaria risulterebbe costituita essenzialmente da 3CaO • Al2O3 • 3CaSO4 • 32H2O (ettringite) e da 3CaO • Fe2O3 • 3CaSO4 • 32H2O (trisolfoferrito) prodotti dalle reazioni del gesso con gli alluminati e con la fase ferrica del cemento. I corrispondenti composti monosolfati non risultano invece presenti, almeno in proporzioni evidenti, perché la loro formazione, anche dopo la scomparsa del gesso, sarebbe notevolmente impedita dalla lentissima diffusione degli ioni SO4 nella pasta cementizia. La fase esagonale è costituita infine da alluminato tetracalcico idrato (4CaO • Al2O3 • 13H2O) e probabilmente da cristalli misti di alluminato e di ferrito tetracalcico idrato (4CaO • Fe2O3 • 13H2O). Per quanto riguarda quest'ultima fase, i dati ottenuti sono ancora incerti e necessitano di ulteriori conferme.
Pertanto la pasta di cemento idratato risulterebbe formata, nel suo complesso: a) dal "gelo" dei silicati idrati; b) da cristalli di ossido di calcio; c) da costituenti minori, non molto importanti come unità strutturali; d) da particelle di c. non idratate; e) da cavità originariamente piene di acqua nella pasta fresca.
Il gelo di c. sarebbe a sua volta costituito (fig.1) da particelle di "gelo" e dagli interstizî tra di esse ("pori del gelo"). La struttura cristallina della parte solida del gelo, sebbene molto disorganizzata, si avvicina, come abbiamo detto, a quella della tobermorite e presenta una superficie specifica rilevantissima, valutata circa 700 m2/cm3 di solido. Al microscopio elettronico il gelo di c. risulta costituito da particelle fibrose con contorni dritti. I fasci di queste fibre sembrano formare un reticolo incrociato, contenente materiale interstiziale più o meno amorfo. Le cavità originariamente piene di acqua nella pasta fresca vengono gradatameme riempite dal gelo di cemento che si forma nel corso dell'idratazione. Il loro volume viene quindi gradualmente a ridursi e nella pasta indurita si presentano come canalicoli collegati tra di loro, o addirittura come cavità intercomunicanti solo attraverso i pori del gelo. Questi spazî residui submicroscopici, che rappresentano le parti della pasta cementizia non riempite dal gelo o da altro componente solido del sistema, sono chiamati "pori" o "cavità capillari" e vengono distinti dai pori del gelo propriamente detti, di dimensioni ancora minori, che costituiscono un aspetto caratteristico del gelo stesso. A tale particolare costituzione le paste di c. idratate devono le loro peculiari caratteristiche di resistenza meccanica, di permeabilitâ e di variabilità di volume.
Fabbricazione. - Si è cercato sempre più in questi ultimi anni di migliorare il rendimento termico del forno rotativo che, almeno nei nuovi impianti, ha quasi totalmente sostituito quello verticale, inserendo apparecchiature atte a favorire l'intimo contatto tra i gas di riscaldamento ed il materiale da cuocere, ed a diminuire le perdite per irraggiamento.
Fra le principali innovazioni in questo campo, dopo il concentratore della ditta Krupp e la griglia Lépol (v. App. I, p. 399), ricordiamo il sistema di preriscaldamento adottato nei forni lunghi dalla ditta Smidth per i processi a via umida, il preriscaldatore a cicloni della ditta Humboldt per quelli a via secca e lo scambiatore di calore della ditta Holderbank per i processi misti.
Il sistema di ricupero dei forni Smidth è costituito da un preriscaldatore (fig. 2a) che suddivide la sezione del forno in quattro quadranti. Attraverso i quadranti contrapposti entrano i gas combusti provenienti dalla zona delle catene e vengono portati ad angolo retto, rispetto all'asse del forno, a contatto diretto della melma attraverso quattro griglie riempite con corpi scambiatori per defluire, nello stesso senso, dai quadranti tratteggiati nella figura verso la camera a polvere. Il sistema di preriscaldamento è completato, in direzione dei gas caldi, dalle catene e da una crociera (fig. 2b) che suddivide il forno in sei o otto settori longitudinali.
Il ricuperatore Humboldt (fig. 3) è costituito da un sistema di cicloni e di tubazioni attraverso i quali passano i gas del forno aspirati da un estrattore installato a monte dell'impianto. La farina percorre il sistema in controcorrente, subendo in ogni ciclone la separazione, per essere nel successivo stadio nuovamente ripresa dalla corrente gassosa. Si ottiene così un rapido scambio termico fra i gas ed il materiale solido, dato che ogni particella, trovandosi in stato di sospensione, viene interamente circondata dai gas caldi.
Lo scambiatore di calore Holderbank è progettato per aumentare la trasmissione termica per convezione tra il materiale di alimentazione ed i gas del forno. Per questo si vale di una serie di dispositivi di sollevamento, simili a tazze, con i quali il materiale viene sollevato e fatto ricadere attraverso la corrente di gas. Per evitare che la corrente gassosa trascini una quantità eccessiva di polvere, con tale sistema è necessario che il materiale di alimentazione, anziché in polvere, venga opportunamente granulato previa umidificazione.
Nel campo della preparazione delle materie prime destinate alla produzione di cemento, oltre ai procedimenti classici per via secca e per via umida, in questi ultimi anni si sono diffusi processi intermedî nei quali il materiale di alimentazione dei forni viene granulato con una percentuale di acqua variabile dal 10 al 20% in tamburi o in piatti ruotanti, in modo da costituire le cosiddette "granaglie" destinate ad alimentare forni dotati di particolari sistemi di ricupero di calore, a cui abbiamo sopra accennato. Così pure nei processi per via umida si nota una crescente diffusione di apparecchiature atte a ridurre la quantità di acqua presente nelle melme, quali idroseparatori, classificatori e addensatori, e l'impiego di processi di flottazione per la selezione delle materie prime disponibili.
Applicazione. - In questi ultimi anni è andata accentuandosi la tendenza alla specializzazione dei c., in modo da renderli sempre più rispondenti alle diverse esigenze della costruzione. Le caratteristiche d'impiego dei leganti idraulici possono essere opportunamente modificate variando la loro composizione mineralogica o ricorrendo a materiali di aggiunta, come quelli pozzolanici, dotati di particolari proprietà. Così accanto ai c. portland, con diverse caratteristiche meccaniche o con determinati limiti di composizione, si sono andati sempre più diffondendo i cementi pozzolanici e quelli di alto forno. Questi leganti di impiego generale, trovano, per altro, la loro più utile applicazione in tutti quei casi nei quali sono richiesti basso calore di idratazione o notevole resistenza chimica (ad es. costruzione di dighe, lavori marittimi, ecc.). Particolarmente i c. pozzolanici, che si possono considerare c. di origine italiana, hanno avuto un notevole sviluppo non solo in Italia, ma anche all'estero, dove sono stati normalizzati in numerosi Paesi.
Nel campo dell'applicazione del c. si sta facendo un notevole uso di una serie di sostanze speciali che, pure aggiunte in piccolissime quantità, possono modificare sensibilmente alcune caratteristiche dei leganti. Tali sostanze, denominate genericamente "additivi", a seconda dello scopo della loro utilizzazione vengono distinte con i nomi di: acceleranti, ritardanti, impermeabilizzanti, idrorepellenti, aeranti e disperdenti, che ne chiariscono meglio l'uso specifico.
Dette sostanze possono venire aggiunte al c. sia all'atto della produzione, durante la macinazione, sia in cantiere al momento dell'impiego. Alcune di esse, particolarmente le sostanze disperdenti, possono presentare anche un'attività favorevole alla macinazione, impedendo le incrostazioni dei corpi macinanti nei mulini, e venire impiegate anche per questo scopo. Le percentuali di aggiunta degli additivi variano a seconda dei casi, e si può passare da un massimo di 1-2% per gli acceleranti, a 0,1-0,2% nel caso delle sostanze aeranti e disperdenti. L'applicazione di tali sostanze va comunque effettuata con una certa cautela perché, anche se impiegate in piccola quantità, alcune di esse possono provocare una piofonda alterazione dei processi di indurimento e dare luogo ad una sensibile degradazione delle resistenze meccaniche. Fra gli additivi impiegati nel campo dei c., quelli che hanno avuto una maggiore diffusione sono senza dubbio le sostanze aeranti e disperdenti, che trovano largo impiego sia per aumentare la lavorabilità degli impasti (disperdenti), sia per aumentare la resistenza al gelo del calcestruzzo (aeranti). In Italia ed in molti altri Paesi non esistono, come in realtà sarebbe desiderabile, e come avviene invece in Germania e negli S.U.A., prescrizioni ufficiali che regolino le caratteristiche e le modalità di impiego di tali sostanze, le quali sono di volta in volta fissate dai diversi produttori.
Normalizzazione. - Mentre negli ultimi venti anni le caratteristiche dei cementi fabbricati in Italia hanno subito una profonda evoluzione, e notevole è stato il miglioramento qualitativo della produzione, che ha messo a disposizione della tecnica costruttiva c. con caratteristiche rispondenti alle crescenti esigenze di questa, le norme sui leganti idraulici non hanno subito alcun aggiornamento e sono tuttora in vigore le Norme per l'accettazione e per il collaudo dei materiali da costruzione fissate dal r. decr. 16 novembre 1939, n. 2228. Tale situazione è dovuta, tra l'altro, al fatto che in Italia le norme sui c. costituiscono articoli di legge, modificabili solamente dal Parlamento, contrariamente a quanto si verifica negli altri Paesi, dove le norme sono emanate direttamente dagli enti pubblici e privati interessati alla loro promulgazione, e quindi più facilmente revisionabili. Comunque in questi ultimi anni il Consiglio Nazionale delle Ricerche, attraverso un'apposita Commissione di studio, ha preparato una proposta di nuove norme per l'accettazione dei leganti idraulici, che si ritiene debba essere di prossima omologazione; esse prevedono, tra le variazioni più importanti, una nuova definizione dei leganti idraulici, l'aumento di alcuni valori di resistenza meccanica, l'abolizione del rapporto di composizione, sia per i cementi portland che per quelli pozzolanici, l'adozione del saggio di pozzolanicità per il controllo dei cementi di questo tipo, saggio, per altro, già normalizzato in sede internazionale, ed infine una migliore precisazione delle modalità per l'esecuzione delle prove di controllo.
Per quanto riguarda la normalizzazione dei c. in campo internazionale, è stato da qualche anno costituito un Comitato Tecnico di studio dei leganti idraulici facente capo all'Organizzazione Internazionale di Normalizzazione (I.S.O.), alla quale partecipa anche l'Italia attraverso l'U.N.I.
Bibl.: F. M. Lea e W. C. Desch, The chemistry of cement and concrete, 2ª ed., Londra 1956; R. H. Bogue, The chemistry of portland cement, 2ª ed., New York 1955; S. Brunauer, Some aspects of the physics and chemistry of cement, in Portland Cement Association. Bulletin 80, 1957; T. C. Powers, in Journal American Ceramic Society, XLI, i (1958); R. Turriziani, in Industria Italiana Cemento, XXIX, 276 (1959); H. F. W. Taylor, Journal of Chemical Society, 1950; Consiglio Nazionale delle Ricerche, Proposta di norme per l'accettazione dei leganti idraulici, Roma 1958.