CEMENTO ARMATO (IX, p. 714; App. II,1, p. 552; III, 1 p. 344)
In alternativa al metodo delle tensioni ammissibili le norme italiane consentono oggi per le verifiche di sicurezza anche l'uso del procedimento semiprobabilistico "agli stati limite". Gli "stati limite" sono delle situazioni a partire dalle quali la costruzione, o una delle sue parti, cessa di assolvere la funzione alla quale era destinata e per la quale era stata progettata e costruita. Quelli che vanno considerati nell'ambito della sicurezza strutturale sono gli "stati limite ultimi" corrispondenti al valore ultimo della capacità portante, e gli "stati limite di esercizio", legati alle esigenze d'impiego normale e di durata.
La verifica allo stato limite ultimo consiste nel determinare il coefficiente di sicurezza alla rottura e cioè il rapporto fra la sollecitazione cui corrisponde la rottura della sezione e quella di esercizio, che nell'attuale normativa italiana dev'essere non minore di 1,75: nel caso in cui sia presente nella sezione una sola caratteristica della sollecitazione, tale coefficiente è fornito direttamente dal rapporto fra la sollecitazione di rottura e quella di esercizio, mentre nel caso più generale di sollecitazione composta si dovrà formulare un'ipotesi circa il progredire delle sollecitazioni fino alla rottura. L'influenza del taglio sulle condizioni di rottura per flessione semplice e composta viene generalmente trascurata.
Ipotesi di calcolo. - Per quanto riguarda il calcestruzzo si adotta generalmente un legame σb′ − εb del tipo riportato in fig. 1 e rappresentato dalle relazioni:
dove Rb′; rappresenta la tensione di rottura di calcolo legata alla tensione caratteristica di rottura Rb′k dalla relazione Rb′ = Rb′k/γb con γb coefficiente maggiore di 1 (nella normativa italiana si ha: γb = 1/0,55 per elementi soggetti a flessione semplice e composta e γb = 1/0,40 per elementi soggetti a compressione centrata).
Per quanto riguarda l'acciaio bisogna distinguere fra acciai di durezza naturale e acciai deformati a freddo: per i primi si può adottare una schematizzazione bilatera quale quella riportata in fig. 2 e corrispondente alle relazioni:
dove R*a rappresenta la tensione di snervamento di calcolo pari a Rak/γa, essendo Rak la tensione caratteristica di snervamento e γa un coefficiente generalmente maggiore di 1 (nella normativa italiana si ha: γa = 1 per acciai controllati in stabilimento e γa = 1,15 per acciai non controllati in stabilimento); per i secondi si ammette un diagramma σa − εa del tipo di quello della fig. 3, dove il valore di εa è fornito dalle espressioni:
Le tensioni di calcolo si ottengono dividendo i valori ottenuti dal diagramma per il coefficiente γa. Le deformazioni risultano limitate al 10‰ per l'allungamento specifico massimo, e al 3,5‰ per l'accorciamento specifico minimo. La normativa italiana limita la tensione nell'acciaio compresso al valore corrispondente alla deformazione dello 0,2%.
Stato limite ultimo per sforzo normale e/o flessione. - Il calcolo viene condotto nell'ipotesi che le sezioni rimangano piane fino alla rottura in modo che il diagramma delle ε nella sezione si conservi rettilineo (fig. 4). In conseguenza delle limitazioni indicate per il calcestruzzo e per l'acciaio possono individuarsi 6 diverse regioni nelle quali può essere compreso il diagramma delle (fig. 5). Il tipo di rottura passa da quello per cedimento dell'acciaio teso (regioni 1 e 2) a quella per cedimento contemporaneo dell'acciaio teso e del calcestruzzo compresso (regione 3), fino al cedimento del calcestruzzo compresso (regioni 4, 5 e 6), in corrispondenza di stati di sollecitazione corrispondenti a trazione semplice o composta (regione 1), a flessione semplice o composta (regioni 2, 3 e 4), a flessione composta (regione 5) e a compressione semplice o composta (regione 6). I vari casi suesposti sono chiaramente raccolti nella tab. 1.
Per ciascun caso si possono scrivere un'equazione di equilibrio alla traslazione e una alla rotazione, unitamente alla condizione di congruenza, e ricavare la posizione dell'asse neutro e il valore delle caratteristiche di sollecitazione a rottura.
Il CEB ha proposto un metodo semplificato di calcolo consistente nello schematizzare il diagramma delle σ nel calcestruzzo come rettangolare con tensioni pari alla resistenza di calcolo e profondità pari all'80% dell'altezza compressa (fig. 6). Tale ripartizione delle tensioni di compressione viene accettata dalla normativa italiana con una tensione convenzionale limite del conglomerato, come già accennato in precedenza, pari a:
Rb′ = 0,55 Rb′k nel caso di pressione eccentrica e flessione;
Rb′ = 0,40 Rb′k nel caso di compressione centrata.
Stato limite ultimo per taglio. - Più complesso si presenta il calcolo dello stato limite ultimo per taglio, seppure siano stati sufficientemente individuati i parametri che lo influenzano. Dallo studio dei risultati sperimentali tale calcolo si può ricondurre alla verifica di tre stati limite sullo schema di un reticolo convenzionale costituito da due correnti (calcestruzzo compresso e armatura longitudinale tesa) collegate da bielle inclinate (fig. 7), e precisamente:
- rottura per taglio con trazione delle armature trasversali di anima;
- rottura per taglio con compressione delle bielle di conglomerato dell'anima
- cedimento degli ancoraggi nei nodi del traliccio ideale.
Le raccomandazioni FIP-CEB prescrivono una resistenza di calcolo del calcestruzzo pari a 0,55 Rb′k, mentre la resistenza di calcolo dell'acciaio vale Rak/γa, con γa già definito.
Per la tensione tangenziale τ lo stato ultimo dell'elemento in calcestruzzo, a meno del coefficiente di sicurezza che si vuole adottare, è definito dal valore τo = To/(bh), con valori limiti estremi dipendenti dall'inclinazione dell'armatura trasversale e fra i quali è consentita l'interpolazione lineare.
Stato limite di fessurazione.- La determinazione dell'ampiezza prevedibile delle lesioni è un problema complesso perché influenzato anche dalla resistenza a trazione del calcestruzzo. Con riferimento alla fig. 8, essendo ∅ il diametro dei tondini, μ la percentuale geometrica di armatura riferita alla sezione di calcestruzzo che l'avviluppa e che si ritiene interessato dalla fessurazione (per le sezioni più comuni rettangolari di lati b e h, e a T di altezza h e larghezza b dell'anima, μ = 100Aa/0,25 bh) in generale si può ricavare un valore orientativo dell'apertura media delle lesioni per travi inflesse fornito dall'espressione:
essendo σa la tensione nell'acciaio teso a sezione parzializzata e c il copriferro. Va rilevato che la prima parentesi del secondo membro corrisponde alla distanza delle lesioni fra due sezioni di un elemento soggetto a momento flettente costante, mentre la seconda equivale al valore della tensione media dell'acciaio nel tratto anzidetto.
In caso di condizione di carico non ripetuto il CEB suggerisce la seguente modifica all'espressione di Δ:
La normativa italiana contempla lo stato limite di fessurazione e prescrive per le aperture delle lesioni limitazioni corrispondenti a 0,20 o 0,10 mm (ambiente aggressivo), 0,30 o 0,20 mm (ambiente esterno normale), 0,40 o 0,30 mm (ambiente interno normale) a seconda che si consideri la somma dei carichi permanenti P con la totalità dei carichi variabili V, ovvero con quella aliquota di essi che hanno caratteristiche di lunga durata (non meno di 30 gg, anche non consecutivi, di applicazione in un anno).
Stato limite di deformazione. - Il calcolo degli spostamenti in strutture in c.a. fessurate risulta particolarmente laborioso a causa del comportamento non lineare degli elementi strutturali. Bisogna formulare il legame momento-curvatura per quella parte della struttura che è fessurata e per quella che è interamente reagente, allo scopo di pervenire per doppia integrazione alla funzione abbassamento.
Supponendo un comportamento lineare dei materiali, quale interessa in esercizio, può porsi in fase di fessurazione stabilizzata, ossia quando le lesioni crescono in ampiezza ma non in numero:
dove ε̄a è la deformazione media dell'armatura tra due fessure consecutive e K è una costante sperimentale funzione dell'aderenza acciaio-calcestruzzo.
Imponendo l'equilibrio alla rotazione e alla traslazione si ha rispettivamente (per sezione rettangolare a semplice armatura):
con a = x/H. Da queste ultime si ottiene, eliminando a, la richiesta relazione tra momento ridotto M/bh2 e curvatura relativa Θ, fissati i valori Ea, Eb, μ e nell'ipotesi di sezione fessurata. Per sezione integra, ponendo M/bH2 = εb - Eb/6 e Θ = 2 εb, si ha d'altra parte (h ≈ 0,9 H):
Nota quindi dovunque la curvatura relativa Θ in funzione di M, si ottiene per doppia integrazione l'equazione della linea elastica.
Un esempio di diagramma (M/bh2) − Θ, tabellato per Ea = 2,1•106 kgcm-2, e per differenti valori di μ è riportato in fig. 9. Il primo tratto, lineare, è relativo alla sezione completamente reagente, gli altri rami, pressoché lineari, sono invece relativi alla sezione fessurata, per differenti valori della percentuale d'armature μ = 100 Aa/Ab.
Un procedimento approssimato per il calcolo delle frecce, confortato anche da risultati ottenuti per via rigorosa, si basa sulle seguenti considerazioni.
Con riferimento a un generico diagramma M/bh2 − Θ, è possibile costruire un diagramma ridotto M/Mmag − Θ/Θmax, con Mmax e Θmax coordinate di un generico punto del diagramma di partenza (fig. 10). Il diagramma ridotto risulta anch'esso bilineare, contenuto comunque nel secondo ottante del piano orientato, e univocamente caratterizzato dal rapporto δ = Ω/Ωe definito "coefficiente di non linearità" (Ω e Ωe sono le aree tratteggiate in figura).
Ne risulta la possibilità di associare alla coppia generica (Θmax − Mmax) un valore del coefficiente di non linearità (cfr. i valori di δ indicati in corrispondenza dei punti di tab. 2).
Si riscontra poi che diagrammi bilineari caratterizzati dallo stesso δ comportano, nella sezione di momento massimo di uno stesso schema statico, valori degli abbassamenti praticamente coincidenti; tali valori risultano pari a k volte (R 〈 1) l'abbassamento massimo, sullo stesso schema, relativo al diagramma lineare secante di coefficiente δ = zero. La tab. 2 riporta, per alcuni schemi statici e condizioni di carico, i valori di k calcolati per differenti valori di δ; il oro impiego, facendo uso dell'espressione:
(dove γ è una costante funzione dello schema strutturale), permette di conoscere immediatamente, e con buona approssimazione, il valore dello spostamento effettivo nella sezione di momento massimo (o d'estremità per le travi incastrate).
La normativa italiana prescrive che le deformazioni in esercizio debbano essere contenute entro limiti compatibili con la funzionalità dell'opera, tenuto conto dell'eventuale fessurazione e delle deformazioni lente; e aggiunge che le verifiche possono essere omesse nel caso che il rapporto l/h risulti minore o eguale a 5, 12, e 18 rispettivamente per travi a sbalzo, semplicemente appoggiate e continue.
Calcolo a duttilità controllata. - Nel caso di strutture soggette a carichi la cui intensità non può assolutamente essere valutata in maniera deterministica, come, per es., per le azioni dinamiche di natura sismica, può essere opportuno richiedere una notevole duttilità, anche a costo di ridurre la massima capacità resistente, perché per tali strutture ciò che conta di più è la capacità di adattamento plastico, e quindi l'attitudine a dissipare energia.
Tale attitudine può essere quantizzata facendo riferimento al coefficiente di duttilità che ne fornisce quindi una misura di tipo convenzionale. La definizione più aderente del coefficiente di duttilità è fornita, con riferimento a una sezione inflessa, dal rapporto fra la curvatura massima tollerabile della sezione Θmax, e la sua componente elastica Θel, ponendosi cioè:
Una notevole semplificazione può ottenersi ponendo al denominatore dell'espressione di D il valore della curvatura Θoa per cui si raggiunge lo snervamento dell'acciaio teso; in tal modo risulta agevole la progettazione delle sezioni inflesse a duttilità controllata mentre i valori del coefficiente di duttilità, nel caso di debole armatura, non differiscono sostanzialmente da quelli forniti dalla precedente espressione di D. Nella fig. 11 è riportato il confronto fra i risultati del calcolo di una sezione in c.a. a duttilità controllata, con il criterio delle tensioni ammissibili e con quello allo stato ultimo; il confronto è effettuato riportando sul diagramma i valori ottenuti per il rapporto tra le rispettive altezze e armature delle sezioni per diverse coppie di valori di Rb′k e Rak e per un prefissato valore del coefficiente di sicurezza pari a 1,75 (Ae e he area dell'acciaio e altezza della sezione calcolate col criterio delle tensioni ammissibili, Au e hu area dell'acciaio e altezza della sezione, calcolati col criterio dello stato ultimo).
Cemento armato precompresso. - Nelle sezioni precompresse il calcolo condotto a sezione integralmente reagente fornisce un valore sufficientemente indicativo per il carico di fessurazione, ma non per il carico di rottura. Mentre infatti per le sezioni in c.a. il calcolo viene condotto con riferimento alla sezione parzializzata, nelle sezioni precompresse il carico di fessurazione provoca invece una parzializzazione sempre più spinta con conseguente soluzione più rapida assunta nelle sezioni reagenti e il coefficiente di sicurezza globale può risultare più basso del minor coefficiente di sicurezza interno.
Verifica a fessurazione. - Con riferimento a una sezione precompressa (fig. 12) soggetta a uno sforzo di trazione N, a un momento flettente M e a uno sforzo di precompressione Np di eccentricità e, le tensioni al bordo inferiore e superiore sono rappresentate da:
e il diagramma corrispondente è rappresentato in fig. 12a). All'aumentare delle caratteristiche esterne M e N, nell'ipotesi che il materiale continui a comportarsi in maniera elastica lineare sino all'istante di rottura (comportamento fragile) si perviene al diagramma della fig. 12b) nel quale σt indica il valore limite della tensione di trazione.
La condizione di fessurazione verrà pertanto espressa dalla relazione:
dove N* e M* rappresentano le sollecitazioni esterne che provocano la fessurazione e − σpi la sollecitazione unitaria massima al lembo inferiore dovuta alla precompressione.
Nella fig. 13 è rappresentato il dominio di fessurazione, in base al quale è possibile determinare il margine di sicurezza alla fessurazione.
La normativa italiana prescrive che la verifica della sicurezza alla fessurazione venga effettuata per strutture collocate in ambiente aggressivo, zone marine o in presenza di agenti chimici.
Il coefficiente di sicurezza alla fessurazione viene definito come il più piccolo moltiplicatore dei carichi di esercizio che induce tensioni di rottura a flessione nel conglomerato, e per strutture inflesse viene espresso dal rapporto tra il momento che provoca la fessurazione (calcolato in base alla sezione omogeneizzata interamente reagente e alla resistenza a trazione per flessione, pari al doppio della resistenza caratteristica a trazione) e il momento massimo di esercizio. Esso dev'essere non inferiore a 1,3.
Verifica a rottura. - La verifica allo stato limite per flessione o pressoflessione delle sezioni va condotto sotto le stesse ipotesi già elencate per il c. armato. Va solo precisato che la deformazione massima dell'acciaio teso pari all'1% va riferita al di là della decompressione, intendendosi per decompressione lo stato di tensione nulla del conglomerato all'altezza dell'armatura. In assenza di sforzo normale e nell'ipotesi che il collasso della sezione avvenga a seguito di forte allungamento dell'armatura ovvero che la tensione nell'acciaio di precompressione raggiunga il valore di rottura e quella nell'armatura aggiunta il valore di snervamento prima che ceda il conglomerato compresso, il momento di rottura può essere calcolato con l'espressione:
dove Rak e Rak(s) sono la tensione caratteristica di rottura e di snervamento rispettivamente dell'acciaio compresso e dell'acciaio aggiunto; Ap, Aa e hp, ha le rispettive sezioni di acciaio e distanze dal lembo compresso; γ un coefficiente variabile tra 0,90 e 0,95 per una percentuale geometrica di armatura μ =100 (Ap + Aa)/bhp variabile tra 0,40% e 0,25%.
La normativa italiana prescrive che il coefficiente di sicurezza a rottura dev'essere non minore di 1,75.
Bibl.: Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato, R. D. 16 nov. 1939, n. 2229; norme FIP-CEB, Recommandations internationales pour le calcul et l'exécution des ouvrages en béton, giugno 1970, maggio 1972; E. Giangreco, Teoria e tecnica delle costruzioni, Napoli 1970; Norme tecniche per l'impiego delle strutture in cemento armato, l. 5 nov. 1971 e D. M. 30 maggio 1974; CEB (Comité Européenn du Béton), Bulletin d'information n° 75-76, Manuel de calcul CEB-FIP Flexion, compression, 1971; Rusch, Stahlbeton. Spannbeton, Werner 1972; CEBV Bulletin d'information n° 92, Manuel de calcul, Effort tranchant-torsion, Londra 1973; R. Calzona e C. Cestelli Guidi, Il calcolo del cemento armato con i metodi delle tensioni ammissibili e degli stati limite, Milano 1975; Norme DIN (Deutsche Industrie-Norm) n° 1045: Beton und Sthalbetonbau: Bemessung und Ausführung; Norme IBN (Institut Belge de Normalization) n° 15; Ouvrages en béton.