ULPIANI, Celso
– Nacque ad Acquaviva Picena il 23 novembre 1867 da Pietro e da Rosalba Sciarra.
Frequentò le scuole superiori a Roma, quindi si iscrisse all’Università di Bologna, dove si laureò in medicina e chirurgia nel 1891. Svolse dapprima la professione di medico nel paese di Monsampolo del Tronto, quindi nel 1893 vinse un posto di assistente medico-chirurgo a Roma. Insoddisfatto di tale lavoro, decise di frequentare l’istituto chimico dell’Università di Roma, laureandosi in chimica nel 1897. Divenne allievo di Emanuele Paternò, che teneva la cattedra di applicazioni della chimica: fu suo preparatore e quindi assistente. I primi lavori scientifici, in collaborazione con Gaspare Ampola, riguardarono i batteri denitrificanti e la loro azione nel suolo agrario. Allorché nel 1902 Ampola lasciò Roma, essendo stato nominato professore straordinario di chimica agraria presso la Regia Scuola superiore di agricoltura di Portici, Ulpiani proseguì le sue ricerche nel campo della chimica organica e biologica; meritano particolare menzione gli studi sulla fermentazione del mosto di fico d’india.
Essendo la pianta largamente diffusa anche in terreni inadatti ad altre coltivazioni ed essendo i suoi frutti ricchi di materie zuccherine, si riteneva che questi potessero essere utilizzati per la produzione di alcol, anche se, fino ad allora, le rese erano state molto basse. Lo studio di Ulpiani portò a ritenere che occorresse inibire con una soluzione di fluoruro di sodio la fermentazione a opera di un batterio naturalmente presente nella buccia del frutto e utilizzare altri ceppi batterici selezionati, resistenti all’azione del suddetto sale (cfr. l’articolo scritto con L. Sarcoli, Fermentazione alcoolica del mosto di fico d’india con lieviti abituati al fluoruro di sodio, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XI (1902), 2, pp. 173-178). Ulpiani sperò, in collaborazione con industriali del settore, di dare ai suoi studi un’applicazione concreta, ma essi non portarono sviluppi.
La duplice natura della formazione e degli interessi scientifici di Ulpiani, in parte dediti alla chimica in senso stretto, e alle sue ricadute nell’ambito delle scienze della vita, fu una costante che lo accompagnò nella sua carriera scientifica. Nel 1901 chiese la libera docenza per la chimica fisiologica e la ottenne con qualche difficoltà. In realtà, egli insegnò solo per un anno accademico la chimica fisiologica, anche perché nel 1903 ottenne, stavolta senza alcun problema, la libera docenza in chimica generale (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Libera docenza, 1896-1910, b. 176). Nello stesso anno iniziò a tenere nella facoltà di scienze dell’Università di Roma il corso di chimica agraria. Dal punto di vista scientifico, in quegli anni si occupò di ricerche in chimica organica, in particolare sulla sintesi e le reazioni di alcuni composti azotati (cfr. Sulla trasformazione dei nitroderivati in acidi idrossammici, in Gazzetta chimica italiana, XXXII (1902), 1, pp. 205-217, con C. Ferretti; Elettrosintesi nel gruppo dei cianoderivati, ibid., XXXV (1905), 2, pp. 365-369, con G.A. Rodano).
La morte di Fausto Sensini, ordinario di chimica agraria all’Università di Pisa, determinò a partire dal 1904 una serie di trasferimenti di docenti di tale disciplina che riguardò anche Ulpiani. Ampola fu trasferito alla Stazione agraria di Roma e nel 1906 fu proprio Ulpiani a essere nominato al suo posto professore di chimica agraria alla Scuola superiore di agricoltura di Portici, dove peraltro insegnava già dall’anno precedente chimica generale. Nel frattempo, nel 1904, aveva sposato Emma Mercuri, da cui non avrebbe avuto figli.
Nella nuova sede sviluppò gli studi, già iniziati all’Università di Roma, su un fertilizzante, la cianammide, e sulle sue diverse trasformazioni in vitro e nel terreno, in assenza o in presenza di microrganismi (Sulla trasformazione della calciocianamide nel terreno agrario, in Gazzetta chimica italiana, XL (1910), 1, pp. 613-666). Un altro tema che affrontò dal 1905 al 1916 in una serie di otto note fu la costituzione delle varie forme di polimerizzazione (chiamate acidi fulminurici) dell’altamente instabile acido fulminico (HCNO). Nei primi anni della sua permanenza alla Scuola superiore di agricoltura di Portici, dove i mezzi a disposizione per una ricerca sperimentale restarono per molti anni carenti, poté proseguire tali studi soprattutto grazie a soggiorni nell’istituto chimico romano nei periodi in cui l’attività didattica della Scuola era sospesa. Questa situazione con il tempo lo spinse verso studi e riflessioni di carattere più teorico, dai quali di nuovo emerse la sua duplice formazione di chimico e di studioso di scienze della vita (Sopra alcuni rapporti tra la regola di Mendel e la teoria atomica, in Rendiconti della Società chimica italiana, VI (1914), pp. 173-222; Applicazioni della termodinamica alla biologia, in Annali di chimica applicata, I (1914), pp. 143-171).
Lo scoppio della guerra italo-turca per la conquista della Libia fu per Ulpiani lo spunto per occuparsi dei problemi agrari coloniali e in particolare delle cause della desertificazione e delle modalità per contrastarla (La lotta contro il deserto, Firenze 1914). E infine, come egli stesso scrisse in una lettera del 4 agosto 1915 al suo antico maestro, Emanuele Paternò, forse spinto dal fatto che Virgilio aveva composto le sue Georgiche in una villa del golfo di Napoli davanti agli stessi panorami che egli poteva ammirare dal suo laboratorio di Portici, ebbe l’idea di ristudiare con un approccio originale l’opera del poeta mantovano (Roma, Accademia delle scienze detta dei XL, Archivio storico, Fondo Paternò, scat. 1, f. 4). Ne nacque un libro (Le Georgiche, Milano 1917) che ebbe molto successo e fu edito più volte anche nei decenni successivi.
In tale opera Ulpiani volle innanzitutto sottolineare come, in alcuni passi, Virgilio descrivesse pratiche ben note anche modernamente agli agricoltori, quali ad esempio la rotazione frumento-leguminosa e il debbio, vale a dire la consuetudine di bruciare le stoppie dei cereali dopo la mietitura, interrando poi le ceneri per migliorare il terreno. Ulpiani mise in evidenza passi del poema in cui, se ovviamente si inquadravano storicamente linguaggio e conoscenze, si potevano ritrovare osservazioni effettivamente atte a caratterizzare un terreno in base alle sue proprietà chimico-fisiche, quali la sua porosità o compattezza e l’abbondanza in esso di questo o quel sale minerale. Oltre ai contenuti più strettamente chimici, fisici, fisiologici e batteriologici, Ulpiani ampliò le sue considerazioni alla storia e all’economia, finendo per trovare nell’opera virgiliana un messaggio per l’Italia del 1917. Ai contadini italiani che stavano combattendo duramente nelle trincee poteva forse essere concesso alla fine della guerra un qualcosa di analogo a quello che Augusto aveva concesso ai suoi legionari: un appezzamento di terreno che favorisse il consolidarsi della piccola agricoltura intensiva a fianco di quella di tipo capitalistico industriale.
L’evoluzione dell’opera di Ulpiani verso tematiche legate alla politica e all’economia ne aumentò la fama. Nel 1919 gli fu chiesto di lasciare la Scuola di Portici per andare a organizzare la Stazione agraria di Bari. Proprio in quel periodo si ammalò improvvisamente e peggiorò in pochi mesi.
Morì il 7 novembre 1919 nel suo paese natale.
Opere. Ulpiani pubblicò circa 60 opere, di cui sopra sono citate alcune tra le più significative. Dopo la sua morte, a cura della moglie fu pubblicata in due volumi la raccolta completa dei suoi scritti (C. Ulpiani, Opera omnia, Casale Monferrato 1927).
Fonti e Bibl.: F. Scurti, L’opera di C. U. nella chimica e nelle industrie agrarie, in Annali di chimica applicata, XV (1925) pp. 331-346; O. Bottini, L’opera di C. U. nel centenario della nascita, in Annali della facoltà di agraria dell’Università degli studi di Napoli, s. 4, II (1967), pp. V-X.