celestiale
. L'aggettivo compare più spesso di ‛ celeste ', e più di frequente in prosa (ma solo nel Convivio) che in poesia, mentre ‛ celeste ' è usato solo in poesia. Per quanto riguarda la prosodia, in tre luoghi ha cinque sillabe, in uno ne ha quattro (Pg II 43). Una volta (Pg VIII 104) è in rima.
Dal punto di vista semantico, possiamo distinguere i casi in cui c. equivale a ‛ celeste ' e significa perciò " che appartiene, si riferisce al cielo ", " che sta in cielo ", " paradisiaco ", " che viene dal cielo " (e può essere riferito a persone e cose); e i casi in cui invece assume un valore filosofico, nel contesto di discussioni dotte del Convivio; in questi casi l'aggettivo è riferito non tanto a persone, quanto a cose, per lo più astratte, o a concetti, come ‛ vertù ', ‛ corpora ', ‛ creature ', ‛ infusione '.
Fra le quattro occorrenze della Commedia, due volte si riferisce a persone (angeli) e due volte a cose. L'angelo posto a guida della barca che conduce le anime sulla riva del Purgatorio è detto celestial nocchiero (Pg II 43), " timoniere celeste ", " pilota divino "; il Grabher nota come ‛ nocchiero ' " ricorda, per antitesi, Caronte ", nocchier de la livida palude (If III 98; cfr. anche la nota del Fallani). Gli angeli che mettono in fuga il simbolico serpente della valletta dei principi sono definiti con l'altrettanto splendida espressione di astor celestiali (Pg VIII 104): " divini sparvieri " (" e chiamali astori, però che lo astore è inimico del serpente ", Ottimo). In XII 29 c. è il telo, la freccia con cui Giove trafigge Briareo, la " saetta divina " (Sapegno) che condanna la superbia dei Titani. In Pd IV 39 il Petrocchi legge per far segno / de la celestial [spera] c'ha men salita, ma per la lunga e dibattuta questione se sia da preferire spiritual, cfr. ad l. e Introduzione 227. L'espressione ‛ spera c. ' indica " quel cerchio, grado dell'Empireo... c'ha men salita "; è dunque la sfera più bassa, " occupata da... spiriti aventi il minor grado di beatitudine " (Grabher). Cfr. Parodi, Poesia e storia nella D.C., Vicenza 1965, 377-378.
Con significato non molto diverso da quello degli esempi ora visti, nelle occorrenze di Cv II V 4 (il Sanator celestiale è il Salvatore, Cristo, " divino redentore "), e IV V 5 (dove Gesù è detto celestiale rege). In III XIV 15 il Paradiso è definito in modo assai efficace come quelle Atene celestiali, dove gli Stoici e Peripatetici e Epicurii... in uno volere... concorrono.
In altre occorrenze del Convivio ci si avvia invece verso l'uso scientifico-filosofico dell'aggettivo. In due casi con l'espressione movimento celestiale si indica il moto delle sfere celesti, la cui misurazione ci dà il tempo secondo che dice Aristotile nel quarto de la Fisica (IV II 6), e che è prossimo a una conclusione: noi siamo già ne l'ultima etade del secolo, e attendemo veracemente la consummazione del celestiale movimento (II XIV 13; cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.). L'aggettivo dunque ha qui un uso tecnico, conforme al linguaggio dotto del tempo.
In II X 11 le intelligenze celestiali sono gli angeli del terzo cielo, ma in quanto " sostanze o menti separate ", " intelligenze motrici dei cieli ", e nell'espressione si può vedere un accenno di contrapposizione fra gli angeli e gli uomini che sono creature non c. ma solo intelligibili e che sono inferiori alle esistenze angeliche come i corpi elementali (cioè formati dai quattro elementi) sono inferiori alle corpora celestiali (gli astri: III XII 7, due volte).
Così in III VII 12 il pensiero d'amore che nasce dalla filosofia è detto spirito celestiale, però che là su [nel cielo] è lo principio e di là su viene la sua sentenza; e cfr. XIV 11 dove la filosofia è in atto, si dichina un celestial pensiero.
Altri passi del Convivio hanno l'aggettivo c. unito a ‛ virtù ', (II II 5) per indicare l'influenza dei cieli (celestiale infusione, IV V 12), l'influsso degli astri che discende... in pietra da corpo nobilissimo celestiale (XX 10): discende cioè su tutte le creature (anche le pietre e gli altri oggetti inanimati) e dà loro vita e sostanza. Essa, nel caso della formazione dell'essere umano, è diversa dalla vertù formativa, che prepara li organi a la vertù celestiale (IV XXI 4); questa vertude celestiale risiede nel calore naturale del seme (II XIII 5): ma se la creatura è male disposta... la virtù celestiale ricever non può (IV XX 7). Per tutto ciò v. ANIMA. In IV XXI 9 la celestiale anima che discese in noi, de l'altissimo abitaculo venuta, è traduzione del ciceroniano (Senect. XXI 77) " est enim animus caelestis ex altissimo domicilio depressus ", secondo un concetto platonico-pitagorico.