cefalosporina
Farmaco chemioterapico antibatterico appartenente alla famiglia degli antibiotici betalattamici. Generalmente, le c. vengono suddivise, ai fini clinici, in generazioni (➔ antibiotico): le generazioni non si devono intendere in termini temporali ma vanno riferite allo spettro d’azione.
Le c. agiscono legando alcune proteine presenti nella parete batterica, denominate PBP (Penicillin Binding Proteins), tra cui la transpeptidasi, e ne inibiscono l’azione. Come conseguenza, le c. bloccano la formazione dei legami crociati tra le catene di peptidoglicano e così indeboliscono la struttura della parete dei batteri rendendoli suscettibili alla lisi. Le c. agiscono, in parte, sugli stessi bersagli proteici delle penicilline.
C. orali sono usate nelle infezioni delle vie aeree, urinarie e dei tessuti molli: quelle per via parenterale nelle meningiti, nelle polmoniti, nelle pielonefriti e nella profilassi in chirurgia addominale.
Le c. possono dare reazioni allergiche (incluso lo shock anafilattico), disturbi ematologici (eosinofilia, neutropenia, trombocitosi, fenomeni emorragici). Alcune c. (cefamandolo, cefoperazone, cefmetazolo, cefotetan) possono interagire con l’etanolo provocando una sindrome caratterizzata da vasodilatazione (specie a livello della faccia e del collo), cefalea, ipotensione, tachicardia, nausea, vomito. Le c. possono causare reazioni allergiche in alcuni pazienti sensibili alle penicilline (allergia crociata).
In generale, il principale meccanismo attraverso il quale i batteri possono divenire resistenti alle c. si verifica tramite la produzione di enzimi (cefalosporinasi) della famiglia delle beta-lattamasi. Le c. di seconda, terza e quarta generazione sono progressivamente meno sensibili all’azione di tali enzimi idrolitici.