CAVALIERE TRACIO
Antica divinità tracia. Senza dubbio il primitivo concetto del C. intento ad allontanare dai campi e dal gregge gli animali malefici si andò trasformando in quello di protettore della casa e dei beni della famiglia - donde è derivato l'epiteto più volte attestato di propölaios - e forse anche una specie di genio personale; si spiegherebbero in questo modo le sue funzioni funerarie. I Greci non sapendo come assimilarlo ad una delle loro divinità e incoraggiati forse da una vaga omonimia, lo chiamarono Heros (o anche Heron) e ritrovarono i tratti del dio tracio nelle sembianze di alcuni dei loro eroi, divenuti per particolari circostanze protettori e cavalieri. La figura del C. T. decora un gran numero di rilievi (attualmente se ne conoscono più di mille), trovati nel territorio dell'antica Tracia; questi monumenti appartengono tutti al II e al III sec. d. C. Assai più antiche sono le origini del culto e dell'iconografia. Monete di alcune città trace, documenti dell'Egitto tolemaico, e anche dei testi confermano l'importanza che questo culto assunse già nell'epoca ellenistica (v. cultuale, bassorilievo).
I monumenti esistenti si dividono in due grandi gruppi: a) i rilievi votivi, ritrovati generalmente in gran copia negli avanzi dei santuari privi di impianti notevoli; b) i rilievi funerari, che rappresentano il morto eroizzato sotto le sembianze del C., la varietà di destinazione non provoca nessuna differenza nel modo di trattare il soggetto. Si contano un numero minimo di statuette e statue, perché il motivo si adatta meglio ad una rappresentazione in rilievo che a tutto tondo. I rilievi hanno generalmente piccole dimensioni, non più di 50 cm di altezza, improntati a forme di stele caratteristiche della Tracia, della Mesia e della Dacia, cioè dalla base più larga della cima, col bordo superiore ad arco. Nelle regioni ove si è fatta sentire più forte l'influenza ellenica, il rilievo è talvolta inquadrato in una cornice architettonica.
Il motivo presenta tre varianti: A) il C. al passo o a riposo, solo o accompagnato da figure accessorie; B) il C. a caccia su un cavallo galoppante; C) il C. di ritorno dalla caccia (anche qui il cavallo è al galoppo). Nel tipo A la scena è generalmente limitata, a destra, da un albero, intorno al tronco del quale si attorciglia un serpente, oppure da un altare; il C. può essere accolto da una figura femminile, che alza la mano in segno di saluto o di adorazione; talvolta il C. è seguito da uno scudiero. Nel tipo B il C. è accompagnato da un cane o da un leone, la selvaggina è rappresentata per lo più da un cinghiale, più di rado da un cervo o da una lepre. Nella variante di tipo C il C. eleva o presenta la preda abbattuta alla muta dei cani, che lo circonda. Sono possibili anche contaminazioni tra i vari tipi.
In queste scene di vario genere non si rileva nessun elemento specificamente tracio; il costume poi del C. è semplicemente quello greco. Infatti sono i rilievi agli eroi greci, votivi o funerari, già numerosi nel periodo classico e diffusi in tutto il mondo ellenico, a fare riscontro al tipo A, sino nei varî particolari dell'albero, dell'altare, della figura femminile e dello scudiero. Meno numerose, ma non meno evidenti, le analogie con i rilievi che rappresentano il C. a caccia. L'origine del motivo è quindi sicuro: è stato desunto dal repertorio eroico greco; la trasposizione avrà avuto luogo in qualche centro greco o decisamente ellenizzato delle coste della Tracia. I primi tentativi di adattamento possono risalire all'epoca dei primi contatti più stretti tra la Grecia e la Tracia, ma i motivi stereotipi che dominano, sono stati fissati più tardi, sempre prima, però, dell'epoca romana. Difatti la rappresentazione del galoppo del cavallo è quella del galoppo allungato ("gestreckter Galopp"), forma d'origine orientale, che penetra nell'arte greca in età ellenistica.
I monumenti del C. T. presentano così il caso ben noto dell'interpretazione greca di una divinità barbarica, caso reso originale dal ricorso al repertorio eroico.
Bibl.: G. Kazarow, in Pauly-Wissowa, Suppl. III, s. v. Heros, c. 1132 ss.; Denkmäler des thrakischen Reitergottes in Bulgarien, in Dissertationes Pannonicae, II, p. 14; E. Will, Le relief cultuel gréco-romain, Parigi 1956, pp. 8, 24, 26, 103, 257.