CATERINA (Catherina, Katherina, Ecaterina) di Valois, imperatrice titolare di Costantinopoli
Primogenita di Carlo di Valois e della seconda moglie Caterina di Courtenay, imperatrice titolare di Costantinopoli, nacque a Siena nel nov. 1301 e trascorse in Francia la sua infanzia. Nel 1303 il padre la promise in sposa con atto formale a Ugo V di Borgogna. Quando, però, C. raggiunse l'età necessaria per la celebrazione delle nozze, il re di Francia Filippo, suo zio, giudicò il promesso sposo poco adatto a far valere i diritti sulla Grecia che C. aveva ereditato dalla madre, morta nel 1308, insieme con il titolo imperiale. Fu scelto invece Filippo di Taranto, fratello di re Roberto di Napoli, il quale, per motivi non del tutto chiari, nel 1309 si era separato dalla prima moglie Ithamar di Epiro. Il 30 sett. 1312 C. dichiarò sciolto il suo fidanzamento con Ugo di Borgogna e annunciò l'intenzione di unirsi in matrimonio con Filippo. Ottenuta la dispensa pontificia, le nozze furono celebrate il 29 luglio 1313 a Fontainebleau dopo la rinuncia di C. ai suoi possedimenti francesi. Nel contratto nuziale, firmato il 30 luglio dal re francese, veniva esplicitamente dichiarato che l'obiettivo politico dell'unione era la restaurazione dell'Impero latino di Costantinopoli; veniva perciò regolata la successione imperiale, e si stabiliva che, in caso di morte prematura di Filippo di Taranto, C. avrebbe assunto la reggenza per i figli minorenni; le si assegnava come dote la contea di Acerra.
Il matrimonio di C. con Filippo di Taranto rafforzò indubbiamente la posizione della casa d'Angiò nella Grecia franca, ma la realizzazione delle rivendicazioni si rivelò piuttosto difficile.
Contrasti per la titolarità dei domini greci dividevano la stessa famiglia regnante napoletana. Il fratello minore di Filippo di Taranto, Giovanni di Gravina, vantava diritti sull'Acaia in virtù del matrimonio contratto con Matilde di Hainaut, a favore della quale Filippo aveva in precedenza rinunciato al dominio utile in quel principato. Anche se Matilde aveva rifiutato di accettare il vincolo matrimoniale e per questo era stata imprigionata dal re Roberto, Giovanni continuava a sostenere la propria titolarità dell'Acaia. Il dissidio tra i due fratelli venne risolto nel 1322 dal monarca napoletano nella sua qualità di alto signore feudale dei territori angioini in Grecia. Filippo di Taranto fu riconosciuto principe di Acaia, ma a sua volta concesse al fratello Giovanni il dominio utile del suo feudo.
L'accordo tra i due Angioini fu, però, di breve durata. Nel 1324 la morte di Tommaso Comneno aprì il problema della successione nell'Epiro, che fu rivendicata da entrambi. Nel 1331 la questione si complicò ulteriormente in seguito alla morte di Filippo di Taranto, che dal matrimonio con C. aveva avuto due figli - Roberto, nato nell'invemo del 1326 ed erede dei possedimenti paterni, e Luigi - e due figlie, Margherita e Maria; un terzo maschio, Filippo, nacque poco dopo la morte del padre. Giovanni di Gravina rifiutò di prestare al nipote Roberto l'omaggio feudale per il principato di Acaia, rompendo così l'accordo del 1322. Un nuovo intervento del monarca napoletano risolse la questione. Giovanni di Gravina e C. convennero che il pieno dominio dell'Acaia sarebbe passato a Roberto, mentre Giovanni avrebbe avuto quello dell'Epiro, oltre ad alcune somme che gli sarebbero state versate dagli Acciaiuoli. L'accordo venne confermato nel dicembre 1332 dal re napoletano e nel gennaio successivo dal pontefice Giovanni XXII.
Il primogenito di C., Roberto, era così investito dei principati di Taranto e di Acaia. Si provvide anche a precisare i possedimenti di C. e degli altri figli. Luigi ebbe Matera, Ginosa ed altre località tutte scorporate dal principato di Taranto; l'ultimogenito, Filippo, ricevette Acerra e altre terre fuori di tale principato; a C., infine, furono date Spinazzola, Canosa, Corato, Laterza, Gioia e San Quirico insieme con il diritto di dividerle tra i figli alla sua morte.
C. ebbe anche l'amministrazione dei domini dei figli i quali erano ancora in età minore. Al riguardo ella, che risiedeva a Napoli, si valse dell'apparato amministrativo del Regno. Nominò, a nome proprio e del figlio Roberto, balivi per la Morea prima nella persona di Gaudino di Scalca, poi nel 1333 di Pietro di Sansevero, infine nel 1336 di Bertrando del Balzo. Nel principato di Taranto, poi, promosse una politica di ripopolamento delle campagne, favorendo il sorgere e lo sviluppo di casali. Nell'amministrazione delle terre italiane e di quelle greche si valse, inoltre, dell'appoggio e dei finanziamenti di Niccolò Acciaiuoli, il giovane mercante fiorentino che nel 1331 era giunto a Napoli per lavorare nella locale filiale della società paterna. Divenuto amante di C., l'Acciaiuoli l'aiutò in particolare nel tentativo da lei promosso di ristabilire un'effettiva sovranità nel principato di Acaia; qui il fiorentino, d'altra parte, era stato investito a partire dal 1336 di alcuni feudi da C. e da Roberto.
Il trasferimento di C. e dei suoi figli in Grecia venne organizzato dall'Acciaiuoli in pieno accordo con la casa regnante napoletana. La partenza avvenne il 15 nov. 1338 da Brindisi. In Acaia l'Acciaiuoli e C. promossero fortunate campagne di guerriglia contro il governo dei Paleologhi e riuscirono ad ottenere un effettivo controllo del principato. Il 24 dic. 1340 re Roberto, nella sua qualità di alto sovrano feudale, ordinò a tutti i baroni e al clero di Acaia di mantenersi fedeli a Caterina. Nella seconda metà del 1341 l'Acciaiuoli rientrò a Napoli e con lui probabilmente ritornarono anche C. e i suoi figli. Il governo del principato fu comunque affidato da C. al fiorentino che venne nominato, sempre nel 1341, balivo di Acaia. Durante la permanenza di C. in Grecia fu steso in modo definitivo il testo delle "Assises de Romanie" e probabilmente venne composta la redazione abbreviata del Livre de la conquête de la Morée.
C. non considerava definitivo il suo ritorno a Napoli: il 19 ott. 1342 si impegnò verso i suoi sudditi greci a risiedere nell'Acaia e riconobbe, insieme con il figlio Roberto, la "consuetudo despotatus Romanie" che due giorni più tardi venne confermata dal sovrano napoletano.
Con la morte di re Roberto avvenuta il 20 genn. 1343 si aprì una profonda crisi nel Regno che vide C. e i suoi figli tra i principali protagonisti della lotta apertasi nella corte. Il partito che ad essi faceva capo era osteggiato da quello dei Durazzo, guidato dalla vedova di Giovanni di Gravina, Agnese di Périgord: entrambi erano poi contrari alla linea ungherese rappresentata dal marito di Giovanna I, Andrea d'Ungheria. Ancora una volta il principale sostegno di C. fu l'Acciaiuoli che, già titolare del giustizierato di Terra di Lavoro ricevuto dal re Roberto, si muoveva per sostenere le aspirazioni al trono del figlio di C., Luigi, suo allievo e protetto. L'influenza di C. sulla regina si accrebbe dopo l'assassinio della duchessa di Durazzo avvenuto nel maggio del 1345 e attribuito dal cronista Domenico di Gravina ai sicari di Caterina. Ad essa e ai suoi figli i contemporanei fecero risalire anche l'assassinio di Andrea d'Ungheria, avvenuto tra il 18 e il 19 novembre dello stesso anno e del quale la storiografia non è ancora riuscita a stabilire con certezza l'autore. La morte dei principali oppositori dette a C. e al figlio Roberto il pieno controllo della corte napoletana. Ma all'inizio dell'ottobre 1346 (la relazione dell'inviato pontificio è datata il 5 di quel mese) C. morì improvvisamente a Napoli e poco dopo Giovanna I allontanò dal governo Roberto di Taranto. Le aspirazioni al trono di C. furono portate avanti dal secondogenito Luigi che il 9 sett. 1347 sposò la regina di Napoli.
Fonti e Bibl.: Poiché parte dell'Arch. di Stato di Napoli andò distrutta durante l'ultima guerra bisogna ricorrere a materiale stampato oppure utilizzato in pubblic. precedenti. Questo vale particolarmente per i registri angioini. Si veda perciò: C. Minieri Riccio, Studi storici fatti sopra 84 registri angioini, Napoli 1876, pp. 17 s., 22, 28, 43; Id., Notizie stor. tratte da 62 reqistri angioini, Napoli 1877, pp. 49, 128. Diplomi, e soprattutto mandati, del tempo della reggenza di C. si conservano in vari archivi pugliesi, parte in originale, parte in copia, nei Libri rossi: Codice diplom. barese, XV, a cura di F. Nitti di Vito, Trani 1939, p. 20; Cod. diplom. brindisino, II, a cura di M. Pastore Doria, Trani 1964, pp. 90 ss. 153-156; S. A. Putignani, Diplomi dei principi di Taranto, in Cenacolo, II (1972), pp. 7, 14-24; M. Pastore, Fonti per la storia di Puglia. Regesti dei Libri Rossi e delle pergamene di Gallipoli, Taranto, Lecce, Castellaneta e Laterza, in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, Galatina 1973, II, pp. 223 s. Altre fonti documentarie in Arch. Segr. Vaticano, Reg. vat. 116, cc, 121v, 241v, 243r, 249rv; Reg. vat. 117, c. 142rv; A. L. Tàutu, Acta Ioannis (1317-1334) e registris vaticanis aliisque fontibus, Città del Vaticano 1952, p. 229. I diplomi di C. per Niccolò Acciaiuoli, conservati a Firenze, Arch. Ricasoli, Acciaiuoli, nn. 9, 130, 136, sono editi da J. Longnon-P. Topping, Documents sur le régime des terres dans la principauté de Morée au XIVe siècle, Paris 1969, pp. 20-66. Tra le fonti narrative le principali sono: G. Villani, Cronica, a cura di F. Gherardi Dragomanni, Firenze 1845, IV, pp. 86 ss., 124 s.; Domenico di Gravina, Chronicon de rebus in Apulia gestis, in Rer. Ital. Script.,2 ed., XII, 3, a cura di A. Sorbelli, pp. 7 s., 10, 12 ss., 24 ss., 28; M. Palmieri, Vita Nicolai Acciaioli, ibid., XIII, 2, a cura di G. Scaramella, pp. 7 ss., 27 (si veda anche il testam. ologr. ivi pubbl., pp. 60 s.). Le notizie relat. alla nascita di C. raccolte da I. Del Lungo sono in nota all'ediz. della Cronica di Dino Compagni, ibid., IX2, pp. 93 s. Sulla vita di C. e la sua polit. si v.: J. Du Bouchet. Histoire généal. de la maison royale de Courtenay, Paris 1661, pp. 97-99 s.; St. Clair Baddeley, Robert the Wise and his Heirs, London 1897, adIndicem;E. Petit, Histoire des ducs de Bourgogne, VI, Paris 1898, pp. 104 s., 493; VII, ibid. 1901, p. 10; F. Torraca, Giovanni Boccaccio a Napoli (1326-1339), in Arch. stor. per le prov. napoletane, XXXIX(1914), pp. 421, 434-443, 628; R. Caggese, Roberto d'Angio e i suoi tempi, Firenze 1922-1930, ad Indicem;E. G. Léonard, Histoire de Jeanne Ier, reine de Naples, Paris 1954, pp. 297 s., 321 s., 343 ss., 350; M. Prevost, Catherine de Courtenay-Valois, in Dictionn. biograph. français, VII, Paris 1956, pp. 1415 s.; N. Valeri, L'Italia nell'età dei principati, Milano 1969, pp. 16, 18 s., 23, 28, 31, 33 ss.; C. De Frede, Da Carlo I d'Angiò a Giovanna I, 1263-1382, in Storia di Napoli, III, Napoli 1969, pp. 227, 234 ss.; E. Mastrobuono, Castellaneta e i suoi docum. dalla fine del secolo XII alla metà del XIV, Bari 1969, pp. 25 s., 189, 293, 296, 299 s., 343 s.; Id., I rapporti di Castellaneta con le università confinanti e i suoi contrasti con l'università e i feudatari di Laterza per questioni confinarie, in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, I, Galatina 1972, pp. 671, 677 s., 680 s. Per la politica orientale di C. si veda: W. Miller, The Latins in the Levant, Cambridge 1908, pp. 218, 251, 261, 269 ss., 285, 521 8.; G. M. Monti, La espansione mediterranea del Mezzogiorno d'Italia e della Sicilia, Bologna 1942, pp. 127, 129, 134, 137, 196, 199; K. M. Setton, Catalan Domination of Athens 1311-1388, Cambridge, Mass., 1948, pp. 32, 42, 65 s., 118; J. Longnon, L'Empire latin de Costantinople et la principauté de Morée, Paris 1949, pp. 298, 302-304, 312, 318, 323, 324 s., 327; D. Jacoby, La féodalité en Grèce médiévale, Paris-La Haye 1971, pp. 47 s., 78, 80, 82, 85, 198, 257; G. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, Torino 1968, ad Indicem.