CASERTA (A. T., 27-28-29)
Le origini dell'odierna Caserta (il nome deriverebbe da Casa hirta "Casa erta") vanno ricercate in una borgata che sorge a NE. della città, e a circa 7 km. di distanza, cioè nella piccola borgata di Casertavecchia, che, a 400 m. s. m., si trova sul pendio del M. Virgo (620 m.), in quel gruppo di alture che è compreso fra il M. Tifata e il M. Longano e al quale alcuni dànno per l'appunto il nome di monti di Caserta, ma che i più (comprendendo il Tifata stesso) distinguono col nome di monti Tifatini. Casertavecchia è ora un minuscolo centro abitato (257 ab.), frazione del comune stesso di Caserta; la nuova Caserta sorse nel piano, al posto dell'antico villaggio della Torre; essa si sviluppò a scapito del vecchio centro, da cui scese, col nome del paese, una parte della popolazione e in cui finirono col trasferirsi (nel 1842) i vescovi di Caserta, i quali avevano pur essi abbandonato il vecchio paese oramai in piena decadenza, ma si erano per lungo tempo fermati nel casale di Falciano, in prossimità del villaggio della Torre.
Caserta spetta, pertanto, alla pianura campana, ma essa sorge, a 68 m. s. m., proprio al limite di essa, in prossimità dello sbocco dell'avvallamento che divide i Tifatini dal M. Longano e congiunge perciò Napoli e la sezione meridionale più ricca della pianura, mercé la valle del Volturno-Calore, con la conca di Benevento e con la Capitanata: essa sorge, così, presso lo sbocco di una delle più agevoli vie di comunicazione fra i due maggiori bassipiani di tutta l'Italia peninsulare, la Campania e il Tavoliere di Puglia. E se la reggia di Carlo di Borbone e la predilezione che ebbero per Caserta i Borboni (che le procurò l'appellativo di Versailles di Napoli) valsero ad accrescerne l'importanza fino alla costituzione del regno a unità, lo sviluppo delle comunicazioni, che fece di Caserta un nodo ferroviario di primo ordine, ha influito a conservarle questa importanza negli ultimi sessant'anni. A Caserta, infatti, s'incontrano alcune delle principali strade, rotabili e ferrate, che provengono da Roma e da Foggia e si dirigono verso Napoli; vi s'incrociano la Napoli-Cassino-Roma via Cancello con la Napoli-Benevento-Foggia via Aversa, e Caserta è considerata come testa di linea della ferrovia che per Cancello, Ottaiano e Torre Annunziata sbocca a Castellammare di Stabia.
Caserta ha, nel suo complesso edilizio, la figura d'un triangolo, e il suo lato più lungo s'affianca all'area su cui sorge la reggia con le dipendenze: piazza antestante, palazzo reale e parco reale; le vie sono larghe e rettilinee e si tagliano molto spesso ad angolo retto; e ampie sono pure le piazze.
Il comune di Caserta raccoglieva al 1° dicembre 1921, nei 17 centri abitati che lo costituivano, una popolazione di 33.519 ab. (di cui 21.637 nel centro principale), e registrava una popolazione sparsa nelle campagne di 1653 ab.: complessivamente, quindi, ad esso venivano assegnati 35.172 abitanti. La percentuale della popolazione sparsa sulla popolazione totale (4,7%) risulta piuttosto bassa; ma è opportuno tener presente che 8 dei 17 centri suddetti contavano meno di 500 ab. ciascuno e che l'area del comune (49,41 kmq.) non è molto estesa, sicché le campagne sono considerevolmente abitate. L'aumento più forte nella popolazione di Caserta è stato registrato tra la fine del sec. XVIII e i primi decennî del sec. XIX (per l'appunto nel 1818 veniva elevata alla dignità di capoluogo di provincia): nel 1828 essa contava già press'a poco 20 mila abitanti; l'aumento risultava meno notevole nel quarantennio successivo (29.451 ab. nel 1871) e diventava ancora più tenue nel periodo, pure di quarant'anni, compreso fra il 1871 e il 1911 (32.649 abitanti in quest'ultimo anno). Sono stati aggregati al comune di Caserta quelli di: Casagiove (5883 ab.); San Leucio (781 ab.); San Marco Evangelista (1528 ab.) e S. Nicola la Strada (4920 ab.).
Caserta è il centro più importante della Terra di Lavoro e abbraccia col suo territorio comunale aree di differente attività agraria, da quelle con intensissime colture ortalizie nelle vicinanze dell'abitato alle rocciose terre incolte degli alti fianchi dei Tifatini: nel complesso, però, l'area scarsamente sfruttata dall'agricoltura è minima e le campagne sono fra le più ricche della regione. Sono diffuse in prevalenza piante legnose nelle fiancate delle alture e colture erbacee nel piano, e Caserta produce, infatti, canapa, erbaggi d'ogni sorta, granturco, tabacco, e poi vino, olio e frutta (fichi, pesche, pere, ecc.); fra Caserta e Maddaloni è notevolmente rappresentato l'agrumeto. Delle varie industrie a cui la notevole produzione agricola ha dato luogo, vanno ricordate le enologiche ed olearie ed alcune speciali industrie chimiche, quali l'estrazione dell'olio al solfuro e le fabbriche di sapone.
Fino a tutto il 1926 Caserta fu capoluogo della provincia di Terra di Lavoro, che era la più vasta delle provincie assegnate alla Campania (5269 kmq.) e la più popolata dopo quella di Napoli (868 mila nel 1921); era suddivisa in 5 circondarî: Caserta, Gaeta, Nola, Piedimonte e Sora. Con la soppressione della provincia di Caserta, le provincie della Campania furono ridotte a quattro, e il territorio precedentemente assegnato alla Terra di Lavoro fu incorporato per una parte assai considevole (2210 kmq.) nella provincia di Napoli, che era nel 1921 la penultima d'Italia per estensione (la più piccola era Livorno), e per il resto fu diviso fra le provincie di Benevento, di Campobasso, di Roma e di Frosinone (quest'ultima istituita allora).
La piovosità media annua di Caserta è calcolata, in base a un lungo periodo di osservazioni (1872-1927), in 1114 mm.; il numero dei giorni piovosi è di 107 all'anno; la massima quantità di pioggia è registrata nell'ottobre (163 mm.), la minima nel luglio (31 mm.). La temperatura media annua è di 16°,8.
Monumenti. - Di fabbricati anteriori alla seconda metà del secolo XVIII Caserta non possiede che il palazzo già dei conti Caetani, un tempo signori dello stato di Caserta; costruzione cinquecentesca congiunta alla torre medievale che dava il nome al luogo prima che fosse ribattezzato con quello dell'antica città posta a breve distanza.
La reggia, voluta da Carlo III di Borbone, sorse coi disegni e sotto la direzione di Luigi Vanvitelli. Cominciata nel 1752, è di pianta rettangolare con quattro ampî cortili divisi da due corpi di fabbrica che si tagliano a croce. Lo stile delle facciate esprime un classico senso d'equilibrio e di proporzione. Più vivace e fantasiosa l'architettura della scala regia, dell'atrio superiore e della cappella dove gli effetti coloristici dei rivestimenti marmorei danno maggior risalto a felici soluzioni scenografiche. Il teatro è un piccolo capolavoro che merita di stare a pari dei più famosi dell'epoca.
Gli artisti chiamati dal Vanvitelli a decorare gl'interni, non erano di grande valore. Fra i migliori, Gaetano Salomone modellò gli stucchi della cappella, sei bassorilievi nella sala delle guardie del corpo, la statua della Verità nella scala regia; Mariano Rossi affrescò le Nozze di Rossana con Alessandro il Grande nella vòlta della prima anticamera; Giuseppe Bonito dipinse quattro pannelli sulle porte d'una sala dell'appartamento reale; Guglielmo Tischbein ne eseguì due per lo studio del re. Accanto a questi lavorarono i pittori Domenico Mondo, Fedele Fischetti, Antonio Dominici e gli scultori Tomaso e Pietro Solari, Andrea Violani, Paolo Persico e Tomaso Bucciano. Gaetano Starace affrescò sulle vòlte della scala le Quattro stagioni e la Reggia di Apollo.
Carlo Vanvitelli successe al padre, morto nel 1773, ma non poté compiere il palazzo con le quattro torri d'angolo e la cupola centrale perché i mezzi ormai scarseggiavano. Continuò, invece, la decorazione degli appartamenti, costruì le fontane del parco, fra cui quelle di Cerere e di Venere e Adone del Salomone, il bacino ai piedi della cascata con i gruppi di Diana e Atteone del Persico e del Brunelli, e, insieme col botanico Gräffer, il giardino inglese voluto da Maria Carolina, moglie di Ferdinando I. Durante il regno di Gioacchino Murat furono eseguiti pochi lavori di decorazione, distrutti al ritorno dei Borboni. Restano, invece, compiuti ed eleganti esemplari del periodo neoclassico, le due sale dette di Marte e di Astrea con stucchi del Villareale, del Masucci e del Rega e dipinti, sulle vòlte, del Calliani e del Berger. Il resto di quello che ora si chiama appartamento di rappresentanza, fu terminato nel primo ventennio dell'800 con decorazioni del Cammarano e di Francesco Hill: la sala del trono è del 1847.
La pinacoteca, ora riordinata, contiene una collezione di nature morte di scuola napoletana e un'interessante raccolta di ritratti di principi borbonici e dei maggiori personaggi di quella corte. Sono degni di nota il piccolo museo figurativo del regno delle Due Sicilie e il presepe. Nella cappella si trovano tele del Conca, del Bonito e di Raffaello Mengs; nell'appartamento, tempere di Filippo Hackert.
Caserta vecchia è ricca di monumenti che fanno fede della sua antica prosperità. Celebre soprattutto il duomo, consacrato nel 1153, singolare edificio dove s'incontrano varie correnti di arte fondentisi in un insieme di armoniosa bellezza. Al più appariscente carattere siculo-musulmano, s'innestano forme d'architettura romanica pugliese e di quella benedettina di Montecassino che ebbe breve raggio d'azione nella Campania. Elementi insoliti sono l'arco a ferro di cavallo, prettamente arabo, e l'alto tiburio a doppio ordine di arcate. L'interno è a triplice navata con transetto e absidi; le colonne e i capitelli provengono da edifici romani; le navate sono coperte da soffitti piani, rifatti al posto degli originali. Notevoli le vòlte a costoloni di tipo ogivale nelle campate laterali del transetto e le colonnine angolari che sostengono le trombe del tamburo della cupola, come nel duomo di Siena. Dei due amboni d'arte campana non ne resta che uno, in parte alterato da restauri settecenteschi; dell'altro esistono frammenti. Il monumento sepolcrale del vescovo Martono, nel transetto, è un bell'esemplare di quelle tarde imitazioni del tipo introdotto a Napoli da Tino di Camaino ed eseguite con muratura e stucco. L'altro monumento simmetrico di Francesco della Ratta, conte di Caserta, è dello stesso stile, ma in pietra e si avvicina di più al modello. La chiesa doveva essere internamente affrescata: sopra un pilastro si conserva ancora una Madonna trecentesca col Bambino.
Di fianco alla cattedrale sorge, a cavaliere della strada che conduce al castello, il campanile, terminato nel 1234. È di pianta quadrata, ma l'ultimo piano, che costituiva il tamburo dell'alta cuspide demolita nel '700, diventa ottagonale ed è sostenuto da trombe. Ai lati smussati del tamburo sono addossate, come nel campanile di Gaeta, torricciuole cilindriche, anch'esse, un tempo, sormontate da cuspidi: A oriente sorge la chiesa dell'Annunziata, costruzione interessante della fine del '300, e più oltre appaiono i ruderi del castello innalzato nel sec. XIII e la torre cilindrica su zoccolo poligonale che è fra le più belle costruzioni di quel periodo; qua e là nel paese avanzi di case medievali con portali e bifore eleganti.
Lungo la strada che porta a Caserta Vecchia si trova la chiesa di S. Pietro ad montes, coeva a quella di S. Angelo in Formis, della quale ripete le forme architettoniche e mostrerebbe la stessa maniera di decorazione interna se gli affreschi non fossero stati barbaramente deturpati. Il campanile, più tardo, fu costruito dalle stesse maestranze che innalzarono il duomo di Caserta Vecchia.
Istituti di cultura. - Dal 15 ottobre 1926 il palazzo reale è sede dell'Accademia aeronautica. L'accademia, fondata nel 1923 e riorganizzata 4 anni dopo (regio decreto 26 agosto 1927, n. 1633), divenuta ben presto il più efficace mezzo d'istruzione e di propaganda, provvede alla preparazione e al perfezionamento culturale degli ufficiali inferiori combattenti con un corso triennale e un corso superiore di cultura generale e professionale; e svolge un corso d'integrazione per sottufficiali. In altra ala del palazzo è un museo di pitture settecentesche e ottocentesche illustranti le città e i fatti storici meridionali più notevoli del periodo borbonico.
Caserta possiede un'istituto commerciale, una scuola complementare, un liceo ginnasio, un liceo scientifico, un'istituto tecnico.
V. tavv. XCIII-XCVI.
Storia. - La vecchia Caserta, la Casamirta dei Longobardi, da questi, probabilmente nel sec. VIII, costruita o ricostruita su antico centro d'epoca romana (Saticola), sorgeva sul fianco meridionale del M. Tifata. La sua popolazione, dal sec. XII in poi, cominciò a sparpagliarsi per le fertili pianure ai piedi del Tifata. Assegnata al ducato di Benevento, fra l'847 e l'848, ma orientata, per le necessità del traffico, verso Napoli e verso Salerno, Caserta si trovò intricata nella rete dei rapporti pacifici e guerreschi tra le vicine Benevento, Napoli, Salerno, Capua, ecc. Governata da un castaldo del duca di Benevento nella prima metà del sec. IX, passò in signoria, nella seconda metà dello stesso secolo, dei conti di Capua; poi del proprio vescovo Landolfo, proclamatosi conte di Caserta, e signore di Caiazzo e di Suessula, e infine (873) metropolita di Capua. Lui morto (879), Caserta tornò ai conti di Capua. Fu tra le prime città di cui s'impadronirono i Normanni (1057). Quando Ruggiero d'Altavilla divenne re di Napoli e Sicilia, Caserta fu infeudata a Roberto di Lauro, conte di quella città, e al figlio Ruggiero conte di Tricarico e poi di Marsico e di S. Severino. Il nuovo conte di Caserta, Guglielmo, durante le lotte della minorità di Federico II, tenne condotta oscillante: ora fu per Tancredi, ora per Enrico VI, ora favorevole, ora contrario al papa. Incondizionatamente fedele alla causa imperiale e valido aiuto di Federico II fu invece Roberto II, il cui figlio Riccardo sposò Violante, figlia naturale dell'imperatore. Da allora il destino del conte di Caserta fu legato alla fortuna degli Svevi (v. riccardo). Il figlio di Riccardo, Riccardo, imprigionato in Castel del Monte, fu privato della contea di Caserta e di Tricarico, che venne concessa da Carlo I d'Angiò a un francese, Guglielmo di Belmonte. Alla morte di lui ritornò alla R. camera, dalla quale fu, al tempo di Carlo II, di nuovo venduta a Pietro Bracherio e da questi al fratello di Bonifacio VIII, Roffredo Caetani; da questi ai Ratta, di mano in mano agli Acquaviva e di nuovo ai Caetani di Sermoneta. Rimase, dunque, città feudale sempre, salvo per qualche mese del 1734, all'arrivo di Carlo di Borbone quando fu governata da ministri regi. Acquistata dalla regina Amalia, passò definitivamente nel demanio della corona, e il 20 gennaio 1752 Carlo di Borbone iniziò la costruzione della reggia. Il luogo incantevole divenne ben presto famoso per l'ospitalità di. Maria Carolina e per la vicina colonia di S. Leucio.
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