CASA (IX, p. 255; App. I, p. 374)
Casa di abitazione.- Immediatamente prima della seconda Guerra mondiale si era avuto un breve periodo di notevole fervore costruttivo, esauritosi all'inizio delle ostilità, particolarmente dedicato alle abitazioni collettive di tipo economico (case per impiegati, per operai, popolari, rurali).
Sempre maggiori e più organiche masse edilizie sorgevano ai margini delle città, e nuove borgate e complessi di case rurali nelle campagne: nuclei. soggetti a una disciplina d'insieme distributiva, costruttiva e spaziale, tali da raggiungere un'unione sempre più intima fra edilizia e urbanistica.
La realizzazione di sempre più vasti complessi edilizî è stata conseguita in ogni paese per mezzo di adatti provvedimenti legislativi costituenti un perfezionamento di quelli già in atto. Tali mezzi erano, in alcuni casi, coercitivi, quali quelli consentiti dalle società collettivistiche in cui lo stato, essendosi attribuita la totale proprietà dei terreni e dei mezzi d'opera, era in grado di realizzare nuclei residenziali ovunque l'interesse collettivo lo richiedesse: sorgevano nei quartieri suburbani o in vicinanza dei centri di produzione e di lavoro, quartieri, borgate, intere città destinate a particolari categorie di lavoratori (Autostroj); centri di vita dislocati secondo programmi derivanti da una rigorosa pianificazione sociale, economica, industriale, costruttiva, e rispondenti ad un prefissato regime di sviluppo della vita e dell'attività nazionale. Anche in alcuni stati socialmente avanzati, come la Svezia, una cosciente autodisciplina nazionale ed i larghi mezzi finanziarî a disposizione delle autorità statali o comunali, hanno consentito e consentono, mercé un'illuminata politica di acquisizione demaniale delle aree suburbane e di iniziative costruttive centralizzate, la formazione di sobborghi, o borgate satelliti, unitarî ed organici (sobborghi di Stoccolma). Ad analoghi risultati negli ultimi anni dell'anteguerra si era giunti talvolta anche in Italia con i grandi enti creati per attuare la bonifica di terre incolte (segezia) o per la conduzione di grandi industrie, specialmente estrattive (Carbonia).
In Germania, la formazione di sobborghi e quartieri cittadini composti di unità edilizie omogenee, già in atto fin dalla fine della prima Guerra mondiale, continuò a fornire cospicui esempî; su un piano parallelo si erano poi sviluppate interessanti iniziative anche in altri settori della pianificazione edilizia, e specialmente in quello delle colonie rurali, (Siedlungen), il cui scopo è anche di risanare moralmente, togliendoli al loro vizioso ambiente di vita, molti abitanti dei miserabili e malsani vecchi quartieri di grandi città, riavviandoli al lavoro della terra. Anche negli Stati Uniti, la fabbricazione è andata sovente perdendo il carattere individualistico, per assumere un volto più composto, soprattutto dal punto di vista urbanistico.
Questa tendenza all'edilizia di massa aveva ulteriormente accentuato e promosso gli accorgimenti e gli studî già in atto, intesi a conferire alle case di abitazione caratteristiche quanto più possibile favorevoli alla vita; il che si è reso necessario per non incorrere, stante la ripetizione dei tipi edilizî e dei sistemi costruttivi, nel gravissimo danno della moltiplicazione di eventuali errori congeniti nel singolo edificio e nei suoi elementi costitutivi.
L'esigenza di un'edilizia di massa, di basso costo e di rapida esecuzione stimolava anche nell'anteguerra, nella produzione più evoluta, il criterio della costruzione in serie e dell'unificazione, così da ottenere che la cellula-tipo del fabbricato, o almeno la porzione di esso riguardante i servizî (scale, gruppo gabinetti, bagni e cucine) o l'attrezzatura degli infissi (porte, finestre, ecc.) o degli arredi fissi, potesse preordinarsi in quantità grandissima, con assai sensibile riduzione dei costi e con rapido montaggio. Anche in Italia si era iniziata l'unificazione, a cura dell'UNI, di elementi costruttivi (specialmente laterizî, infissi, arredi varî) e di parti di fabbrica (scale, cucine, bagni, ecc.) per favorire la loro produzione in serie, che già era stata iniziata.
Seguendo i principî ispiratori di tali criterî, si era pervenuti, fin d'allora, al concetto della semiprefabbricazione e della totale prefabbricazione.
L'attività costruttiva era giunta, nel 1940, ai felicissimi sviluppi suaccennati, quando la guerra la interruppe totalmente e portò devastazioni molto estese nelle abitazioni esistenti. In Italia, in base ad una statistica del Ministero dei lavori pubblici, risultano: 1.670.000 vani distrutti totalmente; 1.000.000 vani distrutti parzialmente o gravemente danneggiati; 3.270.000 vani leggermente danneggiati.
Sommando le cifre delle perdite con quelle del fabbisogno di nuovi vani necessarî a supplire alla già largamente deficitaria situazione preesistente, alla stasi edilizia del periodo bellico, all'accrescimento di popolazione verificatosi negli anni scorsi e prevedibile nell'immediato futuro, è stato calcolato per l'Italia che il fabbisogno di nuove abitazioni è dell'ordine di 15 milioni di vani, per riportare l'affollamento al valore ammissibile di un abitante e mezzo per vano.
Molto peggiore, sotto questo aspetto, è la situazione in Germania; assai seria quella nei paesi dell'Europa orientale toccati dalla guerra, nella Francia e nell'Inghilterra.
Ovunque, naturalmente, il problema della ricostruzione è in primo piano: ovunque si stanno predisponendo programmi e studî adatti a risolverlo: per quanto concerne l'Italia, la sua gravità risulta evidente quando si pensi che prima della guerra, nei periodi di maggiore attività edilizia, ogni anno venivano approntati non più di 270.000 vani, quanti cioè erano necessarî a sopperire all'incremento annuale della popolazione. Il Ministero dei lavori pubblici ha compilato un programma di 20 anni con una produzione di 300.000 vani all'anno.
Subito dopo la guerra, dal 1945 si è dato inizio in ogni paese alla ricostruzione che ha ormai superato la sua prima fase, dei provvedimenti di urgenza che ovunque furono messi in atto per offrire un rifugio ai senza tetto.
A seconda dei mezzi disponibili, si è provveduto nei varî paesi in modo diverso, ma in tutti obbedendo al criterio di ridurre al minimo le costruzioni provvisorie, quali baracche o altri rudimentali rifugi, avendo dimostrato le esperienze precedenti (in Italia quelle dei baraccamenti costruiti in seguito ai terremoti di Messina del 1908 e dell'Abruzzo del 1915; in Finlandia di quelli costruiti dopo la guerra russo-finnica del 1938), che tali costruzioni provvisorie non si distruggono facilmente dopo finito il periodo di emergenza e tendono a divenire permanenti, sia per l'attaccamento posto dalle popolazioni ad esse, anche se antigieniche e sotto ogni aspetto deplorevoli, una volta entratene in possesso, sia per il loro costo non molto inferiore a quello delle costruzioni stabili.
In Inghilterra, essendosi data la priorità alla ricostruzione degli edifici industriali onde riavviare la produzione all'antico livello, ed essendosi assai saggiamente preferito realizzare le nuove abitazioni con sistemi razionali ed in base ad una rigorosa pianificazione urbanistica, la cui progettazione non poteva essere immediata, si è cercato di evitare nei limiti del possibile una ricostruzione avventata degli immobili sinistrati ed intanto si è provveduto su vasta scala ad ospitare i senza tetto in spazî periferici, ove sono stati eretti dei nuclei di case e casette smontabili, in buona parte importate dagli S. U., che le avevano cedute dopo averle usate, specialmente per albergare gli operai delle industrie di guerra.
In Italia, il problema del ricovero dei senza tetto è stato invece risolto affrettando, nei limiti del possibile, la riparazione degli stabili sinistrati e per il resto ricorrendo alla cosiddetta edilizia di circostanza; la quale, data la mancata importazione dall'estero di case prefabbricate, non poteva rivolgersi che a tipi semplicissimi da realizzare coi mezzi più elementari a nostra disposizione. In un primo tempo l'assoluta deficienza di materiali costrinse in molte località, specialmente delle regioni più colpite - quali il Lazio - alla costruzione di casette a un solo piano, su piante assolutamente elementari, talvolta coperte a vòlta ove non si trovava legname. Ma subito dopo, non appena ripristinati i trasporti, essendosi potuto disporre di ferro e cemento, si passò, soprattutto da parte del Genio civile, a cui erano state affidate le opere di ricostruzione, ai tipi a due o più piani, realizzati coi sistemi costruttivi abituali, semplificati al massimo: murature di piedritto miste di pietrame e mattoni, col più parco uso di questi ultimi; qualche pilastro, qualche trave o cordolo di cemento armato ove necessario; solai a vòlte di mattoni sopra i piani terreni e solai in legno nei piani superiori, nella prima fase della ricostruzione e, successivamente, solai del tipo misto di cemento armato e laterizî o in travelli di cemento e simili.
Un po' alla volta, col normalizzarsi delle situazioni, si ripresero i tipi edilizî consueti.
Subito dopo la guerra, anche in Italia, aveva avuto largo seguito la propaganda per le case prefabbricate (v. appresso) e semiprefabbricate; specialmente in seguito a un concorso bandito dal Consiglio nazionale delle ricerche, si erano studiati con grande fervore nuovi tipi di tali costruzioni; ma all'atto pratico l'alto costo delle materie prime necessarie e la preoccupazione di carattere sociale di impiegare vaste masse di mano d'opera non specializzata, per lenire la gravissima disoccupazione, resero inapplicabile, salvo qualche sporadico caso nelle regioni industriali del Nord, l'impiego di tali sistemi evoluti di fabbricazione.
Nella ripresa edilizia due sono gli indirizzi secondo i quali, nel campo delle case di abitazione, è orientata l'attività dei progettisti e dei costruttori.
Da un lato proseguono il loro sviluppo le normali case di città ad appartamenti, destinate tanto agli operai quanto ai ceti medî, con caratteri distributivi e perfezionamenti nei servizî sensibilmente analoghi, e che solo ancora si differenziano per il coefficiente di affollamento, l'uso di materiali più o meno pregiati, il maggiore o minore numero di comodità, a seconda della capacità economica degli abitanti. In codeste case, dotate di terrazze, su cui si aprono i soggiorni con ampie vetrate, con le unità alloggio disposte sovente su due piani, i singoli appartamenti tendono sempre più ad assomigliare a case individuali, a villette separate e da esse riprendono il concetto moderno di un sempre più stretto contatto dell'interno con l'esterno, quasi della compenetrazione della casa con la natura.
Dall'altro lato va sviluppandosi sempre più, in diversi paesi, il tipo di organizzazione edilizia per l'abitazione collettiva, rispondente sovente alla necessità di albergare insieme, vicino ai luoghi di lavoro, specialmente ai nuclei industriali, gran numero di operai e di impiegati sia soli sia con famiglie, onde si rendono necessarî servizî collettivi di cucina, di pulizia, di custodia dei bambini, per accudire ai bisogni domestici di chi non ha famiglia o di chi ha la donna di casa impegnata nel lavoro; mentre tutti gli ospiti debbono poter trovare nel complesso residenziale ambienti che siano adatti alle esigenze dell'igiene e della cultura ed a quelle del riposo e dello svago.
Il problema di una organizzazione edilizia rispondente a tali scopi può essere risolto in due modi: sia a mezzo di un unico edificio sufficientemente grande, capace delle abitazioni e dei sopra citati servizî comuni, di cui alcuni potrebbero essere disposti nel terreno annesso; ovvero a mezzo di più edifici di minore o addirittura piccolissima mole, dislocati su varie estensioni di terreno, associati ad altri edifici per servizî collettivi. La prima soluzione, che è stata sovente adottata (specialmente in Russia ed in America) anche nel periodo prebellico (v. casa, App. I, p. 374) ha ispirato, con felici perfezionamenti, anche fabbriche recentissime, come ad esempio l'edificio Stalin a Horní Litvinov in Cecoslovacchia, il quale, progettato dall'arch. Hilský ed attualmente in costruzione, ospiterà le maestranze delle officine Stalin, in numero di circa 1600 persone in uno spazio limitato, dati i vincoli panoramici del terreno circostante. Esso contiene al piano terreno la scuola materna, le autorimesse e i depositi di biciclette, magazzini, servizî di lavanderia e stiratura; al primo piano il ristorante con le cucine annesse, gli uffici di direzione e amministrazione, le abitazioni del personale, ecc.; nei molti piani superiori le diverse cellule di abitazione, comprendenti un soggiorno-pranzo, una cucina e due o tre stanze da letto.
Il Le Corbusier, con la sua scuola, è un appassionato fautore di tale tipo di abitazione collettiva, di cui ha progettato nel 1946 un esemplare assai interessante, destinato a Marsiglia, ove sono raggruppati 338 appartamenti sovrapposti capaci di 1800 abitanti. L'edificio misura 135 metri di lunghezza, 25 di larghezza e 50 di altezza; è costituito di una ossatura di cemento armato, nella quale gli appartamenti sono inseriti come piccole case indipendenti e sono costituiti da tre cellule-tipo, prefabbricate e montate a blocchi o pannelli nell'ossatura. La prima di esse comprende l'entrata, la cucina e il soggiorno; la seconda la camera dei genitori e il bagno, la terza la doppia camera dei bambini con i suoi servizî sanitarî. Le diverse combinazioni di questi tre elementi forniscono 23 tipi di alloggi differenti fra loro per la disposizione, le dimensioni e l'arredamento fisso.
L'edificio, che è quasi un quartiere urbano autonomo in sé stesso, comprende una zona riservata a centro commerciale, con le botteghe affacciate ad una strada interna, sulla quale sono prospicienti anche dei vani occupati da un caffè e da un ristorante. Nel sottosuolo sono disposte le autorimesse, i depositi per biciclette, diversi servizî. Un intero piano è riservato a infermeria, giardino d'infanzia, ecc. L'ultimo piano comprende ambienti e spazî all'aperto per l'educazione fisica (palestra, pista per corsa a piedi, reparto giochi e piscina per bambini, ecc.), per le cure elioterapiche ed i giochi. In tutto il resto dell'edificio si trovano i diversi appartamenti e perfino un albergo; il tutto servito da ascensori e montacarichi di diverse velocità. Trattasi dunque del più completo e moderno esemplare d'abitazione collettiva a blocco.
Sono note le critiche, ben giuste, rivolte a simili abitazioni collettive; gli inconvenienti consistono specialmente nella limitazione della libertà personale e nella meccanizzazione di ogni atto di vita, nella necessità di adempiere contemporaneamente, da parte di tutti gli abitanti, le funzioni collettivizzate (pranzo, riposo, giochi, ecc.); negli inevitabili disturbi reciproci fra i coabitanti, data l'interferenza dei tragitti e la difficoltà, quindi, di poter conseguire un assoluto isolamento acustico, ecc.
Non può stupire quindi che, soprattutto in America dove già da lungo tempo è stata superata l'esperienza dei mastodontici grattacieli, si sia verificata un'aperta ribellione a simili ambienti di vita e vada invece affermandosi la tendenza opposta, avente a caposcuola F. L. Wright, di realizzare l'abitazione collettiva con l'associazione e la mutua organizzazione di case individuali in colonie, lontane dai centri abitati e sufficientemente distanziate tra loro, aventi una adeguata dotazione di terreno.
È notevole che i sistemi della semiprefabbricazione e della prefabbricazione trovino sempre più diffusa applicazione sia nelle organizzazioni edilizie collettive sviluppate in altezza, sia in quelle sviluppate in estensione.
Casa prefabbricata.
La prefabbricazione è un criterio costruttivo per il quale l'edificio, invece di essere totalmente fabbricato in cantiere, nei suoi elementi costitutivi (murature, solai, coperture, ecc.) adoperando materiali semplici (mattoni, pietre, malte, travature, ecc.), è composto mettendo assieme parti di rilevante entità (elementi di parete, di solaio, elementi dell'ossatura portante, ecc.), che giungono in cantiere già pronte e rifinite essendo state prefabbricate in adatti impianti industriali.
Il concetto informatore della prefabbricazione è quello di sostituire nella massima misura possibile al lavoro di cantiere, necessariamente lento, poco meccanizzato e poco specializzato, il lavoro di officina che presenta vantaggi opposti ai difetti di quello: meccanizzazione spinta, produzione in serie con manodopera altamente specializzata, rapidità di esecuzione, indipendenza dalle vicende atmosferiche.
La prefabbricazione può essere integrale, cioè estesa a tutte le parti costitutive dell'edificio, o parziale, cioè limitata solo ad alcune. Oltre alla struttura, vengono prefabbricati anche gli accessorî, come interi blocchi di servizî sanitari comprendenti gabinetto e bagno, con tutti i loro apparecchi e tubazioni, pronti ad essere innestati sulla rete generale, blocchi cucina e acquaio, variamente combinati con parte degli arredi fissi, ecc.
I vantaggi del sistema sono anzitutto di natura economica: nel lavoro di officina il materiale è utilizzato assai più razionalmente e completamente che non in cantiere, e la lavorazione è più rapida; il peso da trasportare sul luogo dell'erezione è notevolmente minore; il tempo richiesto per il montaggio è sempre breve, talora brevissimo; l'edificio risulta immediatamente abitabile con notevole risparmio nell'immobilizzo dei capitali. I requisiti di abitabilità, nei tipi razionalmente studiati e bene eseguiti, risultano non inferiori a quelli delle case costruite secondo i metodi tradizionali. È evidente che, data la sottigliezza delle pareti, deve essere posta la massima cura per ottenere un isolamento termico sufficiente.
Per conseguire questo scopo si sono dimostrate poco efficaci le intercapedini, nell'interno delle quali si stabiliscono facilmente correnti convettive di aria, e assai di più i materiali porosi, come calcestruzzi leggeri spugnosi, conglomerati di sughero, e simili.
Dal punto di vista estetico la prefabbricazione incontrò dapprima aperta ostilità in quanto si ravvisava, nell'uniformità che essa necessariamente impone, almeno in una certa misura, una limitazione all'inventiva del progettista. Dopo le prime grandiose applicazioni, fatte soprattutto negli S. U., questa ostilità è scomparsa, in quanto la modulazione degli elementi singoli lascia sempre al progettista larga iniziativa di composizione degli elementi stessi e, ciò che più conta, la possibilità di disporre gli edifici simili, o anche identici tra loro, in un insieme armonico e organicamente legato all'ambiente urbanistico.
Dal punto di vista costruttivo i numerosissimi tipi di case prefabbricate si possono raggruppare in tre grandi classi: 1) a scheletro metallico e pareti di chiusura in materiale isolante, quali conglomerato di pietra pomice, Eraclit, Celotex, ecc.; 2) a scheletro portante e rivestimento esterno di lastre metalliche; 3) senza scheletro con le pareti formanti chiusura e sostegno.
Ciascuna di queste categorie comprende varî sistemi. Alla prima si possono assegnare il sistema a scheletro di profilati di acciaio tipo Spiegel, Droderich, Dorlonco, Phoenix, Torkret, Urban, ecc. usati soprattutto per le case alte. Alla seconda categoria si possono assegnare i sistemi Wöhr, Weir, Atholl, Köstner, Böhler, ecc. (ossatura di legno o di profilati di ferro, pareti costituite all'esterno di lamiere di acciaio zincate e all'interno di lastre di gesso, o altro isolante, recanti talvolta fra loro un'intercapedine d'aria). Quest'ultima categoria di sistemi si usa generalmente per case di limitata altezza, per le quali poi è usata essenzialmente la terza categoria (sistemi Blecken e Braithwaite a lastre di acciaio ramato spesse tre mm. e di notevoli dimensioni, piegate ai bordi, con risvolti bullonati e rivestímento interno in Celotex, o intonaco, ecc.; sistema multicellulare il cui elemento unico, per pareti e soffitti, è costituito da cassoni di lamiera composti a formare le pareti, che sono poi rivestite di speciale intonaco protettivo.
Anche il cemento armato, sotto varie forme, è stato impiegato, con diversi sistemi, sia costruendo fuori opera casseforme smontabili in legno o metallo a fommazione di interi ambienti o settori di edifici, negli interstizî delle quali si cola poi il conglomerato (sistema Greeve, Korsel, Non Plus Ultra, ecc.), sia adoperando casseforme in cemento da incorporare poi nelle pareti (sistema B.B.B.), sia gettando a pie' d'opera e poi montando elementi di pareti di notevole estensione (sistema Bron, Ferrero, ecc.).
Specialmente il legno si è prestato alla prefabbricazione di piccole case a uno o due piani (case rurali, per vacanza, fine settimana, ecc.).
Interessantissimo è ad esempio il sistema detto stressed skin, cioè "a pelle tesa" secondo il quale le pareti esterne della casa ad un solo piano si realizzano con pannelli rivestiti da ambo le parti con legno compensato spalmato sulle due faccie, prima dell'applicazione, con colla di caseina. Questa, durante l'essiccamento, induce nel legno delle tensioni che lo rendono singolarmente resistente anche a sollecitazioni verticali onde risulta superfluo l'uso di una ingabbiatura qualsiasi. Altro eccellente sistema è quello detto packaged, dovuto agli studî di Wachsmann e Gropius, secondo il quale i varî elementi di parete, solaio e tetto, tutti eguali in dimensioni, seppure di diverso tipo, possono essere spediti direttamente al destinatario che li monta agevolmente da sé. Si sono anche costruite case di piccola mole, suddivise in pochi pezzi interamente prodotti in fabbrica, facilmente trasportabili a mezzo di autocarri, rendendo rapidissimo il montaggio in sito. Gl'impianti interni, igienici, di cucina, di riscaldamento, d'illuminazione, ecc. di queste dimore sono perfezionatissimi e d'agevole uso.
Dopo la seconda Guerra mondiale agenzie e riviste americane fecero grande propaganda in Europa di tali costruzioni prefabbricate: ciò spiega anche l'interesse con cui sono state accolte le innovazioni apportate ai già noti sistemi.
Anche in Europa, e specialmente in Inghilterra, la guerra suggeriva l'opportunità della produzione industriale in massa di case prefabbricate: in seguito alle distruzioni prodotte dai bombardamenti tedeschi nel 1943 il governo britannico fece costruire un tipo di casa ad un solo piano detta "casa Churchill" a scheletro di acciaio, pavimenti di legno, rivestimento esterno e coperture di lamiera, pareti di materiale isolante, dotata di un reparto di seivizî assai bene studiato e felicemente realizzato. Molti altri tipi sono stati proposti in questo paese, per es. l'Unibuilt (casa binata a due piani, con scheletro di acciaio e rivestimento esterno di materiali varî a seconda delle disponibilità del luogo di montaggio e del gusto dell'abitatore), quello non molto dissimile usato dall'architetto Gibberd, quello brevettato dagli architetti Warner e Kalendar, che prevede l'uso di elementi di lamiera stampata per la costruzione delle pareti e dei travi orizzontali, dei solai e del tetto.
In tutto il resto d' Europa gli studî per le case prefabbricate e semiprefabbricate, subirono un notevole impulso ed anche in Italia si ebbero importanti contributi al riguardo. È tra l'altro da ricordare l'iniziativa del Consiglio nazionale delle ricerche il quale, nel 1945, bandì un concorso nazionale, cui furono presentati cento progetti riguardanti tutta la gamma tipologica di queste costruzioni: case multipiani o piccole case monolitiche di cemento armato a getto con casseforme metalliche, ovvero ad elementi gettati fuor d'opera case multipiani ad ossatura metallica; case componibili ad elementi unificati di lamiera stampata; casette di legno ad elementi modulari, ovvero di laterizî forati, ecc.
Si è già accennato peraltro al fatto che le realizzazioni concrete non sono state in Italia numerose né rilevanti, soprattutto per la deficienza di materie prime adatte e per la necessità di adoperare manodopera non qualificata.
Case monolitiche di getto. - Negli Stati Uniti ha preso diffusione abbastanza larga un procedimento costruttivo consistente nel gettare in una sola ripresa casette di uno o due piani con 3 o 4 ambienti per piano.
La forma, interamente metallica, è portata da una potente gru montata su pneumatici e semovente (Tournalayer); il motore a scoppio che serve per la locomozione aziona anche una dinamo per alimentare i diversi verricelli elettrici che manovrano la forma. Questa è composta di due parti, una intera e una esterna; tra le due vengono disposte tutte le tubazioni; le condutture elettriche con le loro scatole di connessione, i telai degli infissi interni ed esterni e leggere armature metalliche nei punti opportuni, poi si procede al getto con calcestruzzo preparato in una impastatrice messa in moto dal motore stesso della gru. La vibrazione, data la sottigliezza delle pareti, si fa esternamente, con vibratori elettrici. Sul cielo della forma interna si dispongono le armatare per la soletta di copertura che viene gettata per ultimo. Quando il calcestruzzo si è sufficientemente indurito, la forma esterna viene allentata manovrando leve ad eccentrico, e portata via dalla gru. Quella interna si scompone in più pezzi che vengono estratti dalle aperture. Una casetta richiede circa un giorno per la preparazione, uno per il getto e due per l'indurimento prima del disarmo.
Disciplina giuridica degli alloggi.
Il problema della casa si è posto negli ultimi tempi con particolare intensità in tutti gli stati europei, duramente colpiti dalle distruzioni belliche. Esso, però, ha una portata più ampia e meno contingente ed ha riflessi di natura squisitamente sociale. In Italia la disciplina legislativa della casa è stata particolarmente copiosa negli ultimi anni ed ha toccato sia il regime delle locazioni, sia il ricovero degli abitanti rimasti senza tetto in seguito alle offese belliche, sia la ricostruzione delle abitazioni distrutte e la ripresa edilizia, sia la disciplina delle costruzioni nei centri urbani. I precedenti legislativi, però, risalgono al periodo immediatamente successivo alla prima Guerra mondiale in cui si manifestarono esigenze simili, per quanto meno accentuate.
Per quanto riguarda il regime delle locazioni, la disciplina legislativa recente ha inizio con i regi decreti-legge 16 giugno 1927, n. 948 e 3 giugno 1928, n. 1155, con i quali veniva disposto il blocco dei canoni di locazione sino al 30 giugno 1930. La circostanza che i primi provvedimenti di legge siano di un periodo in cui non si erano ancora verificate le distruzioni di case per eventi bellici e la attuale stasi dell'industria edilizia, conferma il carattere sociale della legislazione in materia di case e costituisce una prova che l'indirizzo che si afferma sempre più è improntato ad un criterio di sfavore nei confronti della proprietà edilizia locata a terzi, la quale non è in grado di soddisfare alla tendenza di riconoscere ad ognuno il diritto ad una casa propria.
La disciplina vincolistica delle locazioni delle case si può riportare a due punti fondamentali:
1) Blocco delle pigioni: Il divieto di aumentare i corrispettivi delle locazioni ha avuto inizio in modo continuativo con il r. decr. legge 14 aprile 1934, n. 563, il quale, disponendo la diminuzione del 12% del canone delle locazioni degli immobili urbani, stabiliva il blocco delle pigioni così ridotte sino al 16 aprile 1937. Tale termine fu prorogato il 5 ottobre 1938 dal r. decr. 5 ottobre I936, n. 1746 e, in seguito a successive proroghe, sino a sei mesi dopo la cessazione dello stato di guerra. Con il decr. legge luog. 12 ottobre 1945, n. 669, venne, invece, consentito un aumento delle pigioni in una misura variabile tra un minimo ed un massimo, e con percentuali diverse a seconda dell'epoca in cui era stata stipulata la locazione e della destinazione e dell'uso dell'immobile. Ulteriori aumenti vennero disposti con il decr. legge luog. 6 dicerribre 1946, n. 628. Un progetto in corso di esame dinanzi alle Camere legislative prevede un aumento dal 30% al 100% per ogni anno a decorrere dal 1° gennaio 1949 al 31 dicembre 1955, calcolato sempre sul canone del 1948.
2) Proroga delle locazioni: Accanto al blocco delle pigioni venne disposta la proroga delle locazioni, la quale importa un diritto del conduttore a permanere nell'immobile, alle medesime condizioni contrattuali, anche dopo la scadenza del termine fissato nel contratto. Eccezioni vennero previste solo per casi tassativamente determinali (ad es., grave ed improrogabile necessità del locatore), la cui specificazione venne successivamente perfezionata nelle varie leggi. Il contratto prorogato secondo l'opinione accolta dalla giurisprudenza conserva tutte le sue clausole originarie, fatta eccezione per quella relativa alla durata. La proroga delle locazioni, secondo il progetto citato al n. 1, dovrebbe aver termine con il 31 dicembre 1955.
Accanto a tali punti della disciplina delle locazioni delle case, sono da ricordare altri vincoli accessorî, come quello della sospensione dell'efficacia delle clausole di divieto di sublocazione parziale, della riduzione delle pigioni degli immobili danneggiati in seguito ad aventi bellici, e, più importante degli altri, quello della requisizione in uso con provvedimento dei Commissariati governativi per gli alloggi. Tali organi vennero istituiti con decr. legge luog. 28 dicembre 1944, n. 415, allo scopo di requisire in uso gli alloggi disponibili nel comune per assegnarli in locazione a coloro che ne avessero avuto assoluto bisogno, con preferenza in favore di coloro che fossero rimasti privi di abitazione per le distruzioni causate dalle operazioni di guerra e in dipendenza di persecuzioni politiche o razziali. L'istituzione dei Commissariati per gli alloggi, prevista originariamente sino ad un anno dopo la cessazione della guerra, fu successivamente prorogata fino al 30 giugno 1948 per i comuni con popolazione superiore ai centomila abitatiti o che avessero subìto distruzioni edilizie di particolare gravità a causa degli eventi bellici (decr. legge capo provv. stato 30 giugno 1947, n. 548).
Alla soluzione del problema particolarmente urgente e sentito del ricovero delle persone rimaste senza tetto in dipendenza di azioni belliche, si cercò di provvedere, oltre che con la requisizione in uso delle case disponibili da parte dei Commissariati per gli alloggi, anche con altri mezzi, quale la riparazione dei fabbricati privati danneggiati dalla guerra ad opera del Ministero dei lavori pubblici e l'assegnazione delle case riparate alle persone che si trovassero in particolari condizioni. Le varie disposizioni vennero coordinate nel testo unico 9 giugno 1945, n. 305, con il quale era prevista la concessione di contributi in capitale e concorsi negli interessi dei mutui a favore dei privati che avessero provveduto ai lavori di riparazione e di ricostruzione. Era anche previsto l'intervento dello stato in sostituzione dei proprietarî e veniva autorizzato il Ministero dei lavori pubblici a provvedere anche a totale carico dello stato alla costruzione di alloggi per il ricovero dei senza tetto.
La legislazione per il ricovero dei senza tetto si intreccia con quella relativa ai provvedimenti per l'edilizia popolare ed economica, diretti ad incrementare la costruzione di case per abitazione. È da ricordare il testo unico 28 aprile 1938, n. 1165, con il quale furono stabilite agevolazioni fiscali ed esenzione venticinquennale totale dall'imposta fondiaria e concessioni di mutui di favore per la costruzione di fabbricati dell'INCIS e degli Istituti delle case popolari. Vi furono, poi, i decreti 10 aprile 1947, n. 261, 8 maggio 1947, n. 399 e 22 dicembre 1947, n. 1600, che riguardario la riparazione dei dami di guerra e contengono provvedimenti per il finanziamento delle nuove costruzioni da parte dell'INCIS, dei varî enti pubblici per gli alloggi dei proprî dipendenti, degli enti edilizî senza scopo di lucro e delle cooperative edilizie tra impiegati e pensionati dello stato e tra liberi professionisti e giornalisti. Le relative disposizioni furono modificate ed integrate con il decreto 17 aprile 1048, n. 740. Il complesso delle disposizioni, peraltro, ha agevolato la costruzione di case da parte dei privati, per i quali è previsto un concorso dello stato alla spesa nella misura di circa il 6%, troppo esigua per produrre risultati sensibili.
A un sensibile incremento alla costruzione di case mira il cosiddetto "Piano Fanfani" (1948), il quale prevede la costruzione settennale di case mediante la raccolta di fondi costituiti da contributi da parte dello stato e dei privati datori di lavoro e da accantonamenti di una quota della 13a mensilità da parte degli impiegati ed operai. In corrispettivo degli accantonamenti verrebbero rilasciati dei buoni-casa del valore noninale di L. 1000, i quali darebbero diritto di partecipare all'assegnazione, mediante sorteggio, delle case costruite con i fondi raccolti. L'assegnatario diverrebbe proprietario al termine di 25 anni, durante i quali dovrebbe pagare un canone comprensivo della quota di riscatto, pari all'importo necessario per l'ammortamento del prezzo attribuito all'alloggio. I buoni non estratti dovrebbero fruttare l'interesse del 5% e dovrebbero essere rimborsati in un venticinquennio mediante estrazione annuale. Molte sono state le critiche a cui è stato sottoposto il piano, tanto che è da prevedere che esso uscirà profondamente modificato dalla elaborazione delle Camere. I maggiori inconvenienti denunciati sarebbero costituiti dal sistema di prestito forzoso previsto dal progetto, dagli scarsi contributi padronali in confronto agli accantonamenti dei lavoratori, dal sistema di sorteggio che non permetterebbe di tener conto delle differenti situazioni personali, dalla mancata distribuzione delle case da costruire in relazione ai bisogni delle varie regioni, dall'eccessivo costo previsto per ogni vano in confronto a quello a cui potrebbe costruire l'industria privata, ecc. Deve, però, riconoscersi che il progetto, se opportunamente emendato, potrebbe favorire un inizio di ripresa dell'industria edilizia.
Nel quadro dei provvedimenti legislativi relativi alla casa è, infine, da ricordare la legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, il cui regolamento però non è stato ancora emanato.
Bibl.: A. Clemente e G. Tamburrino, Disciplina delle locazioni degli immobili urbani, Roma 1946; M. Fragali, La disciplina delle locazioni degli immobili urbani, Milano 1946; A. Piraino Leto, Le locazioni degli imombili urbani nella legislazione vincolistica, Palermo 1946; P. Prezioso e G. Cipriani, Relazione generale sull'edilizia, in Urbanistica, 17-21 giugno 1948; P. Saraceno, Elementi per un piano quadriennale di sviluppo dell'economia italiana, a cura del Centro studî e piani tecnico-economici, Roma 1947.