CARISTIA, Carmelo
Nacque a Caltagirone (Catania) il 1º sett. 1881 da Gesualdo e da Caterina Rizzari. Laureatosi in giurisprudenza all'università di Catania, iniziò la carriera accademica conseguendo la libera docenza, nel 1910, sotto la guida di G. Mosca. Seguì quindi tutti i gradi della carriera, svolgendo sempre il suo insegnamento presso l'università di Catania. In questa sede fu dapprima supplente, dal 1918, e in seguito incaricato di diritto costituzionale italiano presso la facoltà di giurisprudenza. Divenne quindi, nel 1927, ordinario di diritto pubblico all'istituto di scienze economiche e commerciali della stessa università, per poi ritornare come ordinario alla cattedra di diritto costituzionale della facoltà di giurisprudenza, dove resterà fino al suo collocamento fuori ruolo nel 1953.
La sua ricchissima attività di pubblicista si rivolse fin dall'inizio agli interessi che furono anche in seguito costanti della sua attività di studioso: il diritto pubblico e la storia delle dottrine politiche. Possiamo ricordare come esempi di questa fase iniziale dell'opera del C. il saggio pubblicato a Torino nel 1908, L'analisi odierna del costituzionalismo, e l'importante scritto del 1913, La democrazia in Italia alla fine del 1700 (in Riv. it. di sociologia, XXVII[1913], pp. 183-207). Nel periodo che precede l'inizio della prima guerra mondiale il parziale affacciarsi dei cattolici alla vita pubblica italiana provoca anche nel C. l'interessamento per i problemi della lotta politica, che lo porterà più tardi all'impegno diretto in linea con la sua formazione di cattolico. Alla fine del primo conflitto mondiale milita infatti, fin dalla fondazione, nel Partito popolare. Delle motivazioni di questo impegno sarà egli stesso a dare conto nei suoi scritti successivi, e in particolare in una lucida rievocazione del pensiero politico e sociale di Luigi Sturzo, che il C. svolse molti anni più tardi.
In questo scritto (Luigi Sturzo, in I Cattolici italiani dall'Ottocento ad oggi, Brescia 1964, pp. 241-258) egli riespone quali erano, a suo giudizio, i fili conduttori del pensiero del fondatore del Partito popolare; fra questi in primo piano vengono posti soprattutto due: i caratteri profondamente innovatori della battaglia di Sturzo per le autonomie locali, le caratteristiche da lui date al Partito popolare di "un vero e proprio partito politico di ispirazione cattolica, ma in realtà laico" (p. 244).
La sua coscienza di militante nel Partito popolare lo porta ben presto a contrastare il regime fascista. Nel 1924 infatti, recensendo i saggi di due intellettuali che appoggiavano il regime, Balbino Giuliano e Camillo Pellizzi, svolge una sarcastica polemica contro coloro che, anche a costo di sofismi e funambolismi ideologici, volevano in tutti i modi appoggiarsi al potere fascista (Cfr. Ideologie del fascismo, in Rass. nazion., XLVI[1924], pp. 129-36; ora in Scritti giuridici…, II, pp. 497-504).
Dopo il definitivo consolidarsi del regime fascista, il C. fu tra coloro che preferirono isolarsi dall'attività politica, dedicandosi esclusivamente alla ricerca. Continuò quindi la sua attività di studioso costituzionalista, proseguendo fra l'altro le sue ricerche sullo "Stato di diritto". Questa formula, afferma in un saggio del 1934, ha mostrato la sua "vanità ed inanità" e contro di essa con successo "nuove forze si sono drizzate gagliarde e denegatrici" (Ventura ed avventure di una formula: "Rechtsstaat", in Riv. di dir. pubbl., XXVI[1934], pp. 388-408; ora in Scritti giuridici…, I, p. 362). Questo tipo di critica nei confronti della formula dello "Stato di diritto" verrà, dal C., ancora riaffermato negli scritti successivi (per esempio Il "Rechtsswat" all'incanto, in Studi in onore di G. Zingali, Milano 1965, II, pp. 71-81).
La sua opera di studioso di diritto costituzionale si svolge soprattutto intorno al problema dello "Stato di diritto". Fra i motivi che stanno all'origine di questa dottrina egli indica come preminente quello dovuto al bisogno della borghesia di limitare l'attività dello Stato, nello stesso tempo in cui si tendeva ad ampliare e a tutelare quella dei cittadini. Infatti, a suo parere, la formula di "Rechtsstaat" ha lo scopo di delimitare esattamente i termini dell'attività dello Stato. Ma nelle vicende politico-istituzionali del liberalismo la dottrina dello Stato di diritto ha avuto anche un merito indubbio: quello di aver affermato la necessità di garanzie giuridiche, ovvero giurisdizionali, per la tutela del cittadino. Ma la critica più rilevante che secondo il C. deve essere rivolta nei confronti del "Rechtsstaat" è quella di non designare, in realtà, nessuna nozione precisa e di essere solo la traduzione, in termini giuridici, di proposizioni politiche.
Vanno ancora segnalate fra le sue opere di giurista le varie edizioni dei corsi di diritto costituzionale (Lezioni di diritto costituzionale, Catania s. d.) e di istituzioni di diritto pubblico (Corso di ist. di dir. pubblico, Torino 1949). Per quanto riguarda i suoi studi di storico è da segnalare anzitutto il saggio Pietro Giannone giureconsulto e politico, Milano 1947.
Dopo la caduta del regime fascista riprese, fin dal 1944, l'attività politica nelle file della Democrazia cristiana. Venne quindi eletto deputato all'Assemblea costituente nel collegio di Catania. Entrò poi a far parte della "Commissione del 75" incaricata di redigere il progetto di costituzione. Di questa esperienza politica ci ha lasciato egli stesso una vivace descrizione, dove fa anche riferimento ai suoi dissensi con esponenti della sua stessa parte politica (in particolare con G. La Pira e con A. Moro) e da cui traspare una coscienza di cattolico capace di sentire profondamente alcune istanze del mondo laico (cfr. Cronache costituzionali, in Studi per il XX anniversario dell'Assemblea Costituente, Firenze 1959, III, pp. 469-480). Fu successivamente eletto senatore nelle prime tre legislature repubblicane. In tale veste fece sempre parte della commissione della Pubblica Istruzione del Senato.
Di questa lunga esperienza parlamentare ci ha lasciato egli stesso un giudizio complessivo nelle citate Cronache costituzionali: "Inclinerei a credere che la mia non breve attività parlamentare mi volge a pensieri poco lieti. All'infuori dell'esperienza tratta dalla biblioteca che mi fu di buon nutrimento e a parte la gran gentilezza e la non men grande preparazione del personale" (p. 479).
II C. morì a Catania il 18 sett. 1969.
Oltre ai lavori citati sono da ricordare i seguenti scritti: La politica di Grimm e gli enciclopedisti, Torino 1906; Per una riforma elettorale, pubbl. in Studium, V (1910); Il diritto costituzionale italiano nella dottrina recentissima, Torino 1915; Il pensiero politico di Nicolò Machiavelli, Catania 1933; Scritti giuridici, storici e politici, I, Scrittigiuridici, Milano 1953; II, Scritti storici e politici, ibid. 1955; Riflessi politici del giansenismo italiano, Napoli 1965.
Bibl.: A. C. Jemolo, C. C., in Arch. stor. della Sicilia orientale, LXVI(1970), pp. 235-244 (contiene una bibl. completa degli scritti).