TENIVELLI, Carlo
– Nacque nel 1754, probabilmente il 28 settembre, a Torino. La madre Margherita (1722-1792), originaria di Nucetto (nell’odierna provincia di Cuneo), era figlia del capitano Benedetto Gazzano e di Paola Romano. Il padre, Carlo Giuseppe (morto nel 1769), aveva esercitato il mestiere di cerusico.
Frequentò i corsi del magistero delle Arti dell’Università di Torino come borsista del collegio delle Provincie, l’istituzione fondata nel 1729 che operava sia come pensionato universitario sia come scuola di perfezionamento parallela all’ateneo. Fu allievo dello storico Carlo Denina, che nutrì per lui una stima speciale. Poco più che ventenne ottenne l’incarico di rettore delle scuole di San Giorgio Canavese, dove ebbe tra i suoi allievi Carlo Botta, il futuro giacobino e storico, il quale conservò del maestro una affettuosa memoria che resta una delle poche testimonianze sulla vita di Tenivelli.
Nel 1781 si trasferì a Moncalieri, con la carica di professore di umanità e retorica delle scuole, e si sposò con Cecilia Besso, figlia del notaio segretario della comunità di Val San Martino, che gli diede un figlio, Carlo Giuseppe.
A Torino frequentò gli ambienti letterari, nei quali si mise in luce con una dissertazione composta nel 1780 sulla riforma dell’università e delle scuole realizzata a inizio Settecento da Vittorio Amedeo II e che fu pubblicata nel 1793 nel primo volume dei Saggi dell’Accademia degli Unanimi. A questa Accademia fu iscritto tra i soci fondatori con il soprannome l’Ilare. Partecipò anche agli incontri della Società Sampaolina, un’accademia di giovani intellettuali accomunati dall’interesse per le ricerche storiche e letterarie, attiva tra il 1776 e il 1791, e quindi fu ammesso alla Patria Società letteraria su presentazione di Prospero Balbo.
Coltivò le ricerche di storia locale che presentò nei cinque volumi della Biografia piemontese, pubblicata dall’editore Briolo di Torino tra il 1784 e il 1792.
Divise l’opera in ‘decadi’ in quanto ciascun volume si componeva di dieci vite di uomini illustri attivi in Piemonte dalla fondazione del regno italo-longobardo al XVI secolo. Nel primo esaminava le biografie di otto duchi di Torino o d’Asti e re dei Longobardi, e di due marchesi di Ivrea e re d’Italia, dichiarando il suo debito per questa scelta narrativa verso Ludovico Antonio Muratori, Carlo Denina, Angelo Fabroni, incontrato nel corso di un viaggio in Toscana. Nel secondo offriva dieci medaglioni di altrettanti uomini di Stato piemontesi, vissuti tra il Basso Medioevo e il Cinquecento, che si erano messi in luce nelle corti italiane e straniere. Il successivo era dedicato ai militari, a partire dal vicario imperiale Manfredo Lancia (XIII sec.) per concludere con Andrea di Provana, ammiraglio alla battaglia di Lepanto del 1571. Negli ultimi due erano presentate le biografie di ecclesiastici vissuti tra il XIII e il XVI secolo.
Nell’insieme l’opera offriva una minuziosa ricostruzione su base genealogica, che il suo maestro Denina avrebbe elogiato, forsanche per conferire un affettuoso omaggio all’allievo tragicamente defunto: «Carlo Tenivelli intraprese ed a nobil segno condusse un più vasto lavoro. Ei fece in pochi anni per la storia del Piemonte più che non si fosse fatto in tre secoli addietro» (Istoria della Italia occidentale di Carlo Denina, VI, Supplemento al libro XI, Torino 1809, p. 24). Sulla stessa lunghezza d’onda si sarebbe posto lo storico e letterato Carlo Calcaterra nel libro Il nostro imminente Risorgimento. Pur parlando di Tenivelli come «frettoloso compilatore», avrebbe comunque valutato positivamente l’opera ponendola alle origini di quella che chiamò «la nascente storiografia subalpino-italiana» (1925, p. 164): definizione in cui si può leggere l’italianizzazione della cultura storica piemontese, che si realizzava attraverso una storiografia rivolta alle memorie patrie.
Grazie alla Biografia piemontese Tenivelli era avanzato nel circuito dell’ufficialità letteraria, con l’ammissione alla Società di agricoltura, la seconda accademia in ordine di importanza sociale e politica del Piemonte di fine Settecento, dopo l’Accademia delle scienze. Fu quindi aggregato al collegio delle belle arti (1789) e tenne lezioni come ripetitore nel collegio delle Provincie.
Nel 1792 presentò le dimissioni da insegnante per motivi non del tutto acclarati. I futuri estensori delle note biografiche (molto scarne) danno due versioni contrapposte. Secondo la prima, apparsa in un articolo anonimo uscito sulla Gazette nationale del 22 settembre 1797, Tenivelli sarebbe stato licenziato in quanto colpevole di essersi sposato, disattendendo alla regola che richiedeva ai professori il celibato; la seconda, fornita da Botta (1824, p. 196), suggerisce una scelta dettata dal desiderio di ritirarsi negli studi e dedicarsi alla famiglia.
Intanto proseguiva a redigere la Cronaca di Testona e di Moncalieri, un testo manoscritto iniziato a fine Cinquecento e proseguito a più mani, fino a giungere sullo scrittorio di Tenivelli, ultimo suo estensore, che lo avrebbe continuato fino a pochi giorni dalla morte.
Nel racconto dell’anno 1796 la penna di Tenivelli assumeva toni drammatici, per raccontare la carestia che ovunque imperversava, l’arrivo degli emigrati francesi, i provvedimenti di emergenza con l’occupazione di conventi per farne magazzini del grano, l’imperversare dell’epizoozia. In questa cornice angosciosa stilava la cronaca del consueto soggiorno estivo della corte nel castello di Moncalieri, mostrando il re e i principi «allegri e gioviali, come se non ci fosse guerra alcuna e si è osservato che l’enorme carenza dei generi non inquieta punto alcuna persona» (Torino, Biblioteca reale, Storia patria, ms. 72, c. 90v).
Nel Piemonte occupato dall’armata di Napoleone e scosso dalle insorgenze popolari e dalle trame dei repubblicani, si trovò coinvolto nella rivolta verificatasi a Moncalieri il 23 e il 24 luglio 1797, sotto forma di protesta contro il carovita.
L’episodio, che si inseriva in uno sciame di ribellioni esplose in molte parti del Piemonte meridionale e dell’Astigiano, assumeva un significato inquietante per la dinastia a motivo della vicinanza di Moncalieri a Torino e della presenza di nobili e rampolli sabaudi che risiedevano nel castello, dimora estiva della corte. Che non si trattasse esclusivamente di un moto spontaneo per il carovita lo lascia intuire il fatto che alla testa della ribellione si ponessero personaggi di spicco della società moncalierese, tra cui il gabellotto del sale Maurizio Crosa e i suoi figli, insieme con alcuni nobili, quali Antonio Messier, conte di Grana, maggiore nel reggimento di Torino, con ecclesiastici, come il cistercense Ilario Bertolotti, e con professionisti, come il notaio Carlo Cerruti. Nell’appartamento del minore conventuale padre Giacomo Filippo de Beaumont questi e altri personaggi si radunavano in una ‘assemblea democratica’.
In quelle giornate di tumulti, stando alla testimonianza di Botta, la folla si sarebbe recata sotto casa di Tenivelli per chiedergli di tenere un discorso in piazza. Senza la consapevolezza dei rischi cui andava incontro, egli arringò i concittadini non tanto con un incendiario discorso giacobino, quanto con un appello umanitario ad abbassare il prezzo delle vettovaglie. Una volta tornata la calma a Moncalieri, occupata manu militari da un contingente al comando del generale Luigi Leonardo Colli, Tenivelli si sarebbe recato nella capitale e qui, tradito da un amico, fu consegnato ai gendarmi.
Processato dalla giunta militare, morì fucilato sulla piazza di Moncalieri il 12 agosto 1797, insieme con otto rivoltosi: Giuseppe Marinetto di anni 45, tali Scarognino, Martinengo, Andorno, Giuseppe Cattarina di anni 25, Giacomo Ferrero fruttivendolo e due cittadini non nominati dalla fonte (Moncalieri, Archivio storico comunale, Ordinati, s. B, 1796-1797), la quale segnala anche altri due anonimi che fuggirono prima dell’estremo supplizio.
Opere. Per le nozze degli illustrissimi signori Giuseppe Vernazza patrizio d’Alba e Giacinta Virginia Fauzone [...] poesie piacevoli di C. T., Vercelli 1779; Applausi epitalamici nelle faustissime nozze del signor marchese d. Pio Alessandro Cavoretto di Villafranca [...] colla damigella Cristina Salmatoris, Torino 1786; Biografia piemontese, I-V, Torino 1784-1792 (recensito sulle Efemeridi letterarie di Roma, 1789, vol. 18, pp. 244-247); epigrafi in latino per Francesco Maria Zanotti di Bologna e per Ambrogio Bertrandi di Torino, in Ozi letterari, Torino 1791, p. 299; Dissertazione sopra lo ristabilimento della R. Università di Torino fatta da Vittorio Amedeo II Re di Sardegna, in Saggi dell’Accademia degli Unanimi, I, Torino 1793, pp. 31-55.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie politiche per rapporto all’interno, Materie politiche per rapporto all’interno in generale, m. 7, f. 9, biografia di Tenivelli (estratto della Gazette nationale, 22 settembre 1797); Carte epoca francese, s. I, m. 9 e s. II, m. 6; Torino, Archivio storico della Città, Ordinati del periodo francese, seduta di 11 piovoso, anno 7° Repubblicano e 1° della Libertà piemontese (30 gennaio 1799), c. 214; Torino, Biblioteca Reale, Storia patria, ms. 72: Cronaca di Testona e di Moncalieri, autori: G.F. de Beaumont, Luigi Boniscontri, Maurizio Boniscontri, Maurizio Marocco, Carlo Tinivelli [sic] (una copia dattiloscritta è a Moncalieri, all’Archivio storico comunale); Cass. 50 (II), Autografi XVIII secolo, n. 27, lettera a destinatario sconosciuto, da San Giorgio Canavese 7 dicembre 1778; Vernazza, Miscellanea XXXII, cart. 18; Moncalieri, Archivio storico comunale, Ordinati, s. B, 1796-1797.
La testimonianza di Botta: C. Botta, Storia d’Italia dal 1789 al 1814, III, s.l. 1824, l. XI, pp. 196-201; Lettere inedite di Carlo Botta, a cura di P. Pavesio, Faenza 1875, pp. 25, 29. Sul contesto politico e culturale: F. Daneo, Vite scelte di piemontesi illustri, Torino 1858, pp. 172-182; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento, Torino 1925, pp. 161-164; G.P. Romagnani, Prospero Balbo. Intellettuale e uomo di Stato (1762-1837), I, Il tramonto dell’antico regime in Piemonte, 1762-1800, Torino 1988, pp. 344 s.; G. Ricuperati, I volti della pubblica felicità. Storiografia e politica nel Piemonte settecentesco, Torino 1989, p. 235; Id., Lo stato sabaudo nel Settecento. Dal trionfo delle burocrazie alla crisi dell’antico regime, Torino 2001, pp. 394 s.