CARLO ROBERTO (Caroberto) d'Angiò, re d'Ungheria (Carlo I)
Nacque nel 1288 da Carlo Martello (v.), re titolare d'Ungheria e da Clemenza d'Asburgo. I suoi diritti sul regno di Napoli gli furono tolti dal nonno Carlo II, il quale trasferì la successione al figlio terzogenito Roberto d'Angiò; e quelli sull'Ungheria gli furono contestati da Andrea III d'Arpad. Dapprima furono vani l'appoggio del papa Bonifacio VIII e l'incoronazione del pretendente fanciullo da parte dell'arcivescovo di Strigonio, Gregorio: gli Ungheresi non erano propensi ad ammettere l'ingerenza papale nella successione. Solo dopo la morte di Andrea III e dopo lunghe lotte contro altri pretendenti, si riuscì a far riconoscere da tutti Carlo Roberto come re d'Ungheria, col nome di Carlo I (1308). Egli ebbe a lottare per molto tempo con gli oligarchi del paese, veri reguli in varie parti del regno, e li domò tutti a eccezione di Matteo Csák, signore di gran parte dell'Alta Ungheria, il quale si mantenne indipendente fino alla morte.
Il nuovo re si trovò di fronte all'arduo problema di restaurare l'unità del paese dopo la dissoluzione manifestatasi sin dai tempi degli ultimi re arpadiani. A questo intento riorganizzò la forza militare del paese, introducendo e adattando alle condizioni dell'Ungheria il sistema banderiale vigente nel regno napoletano (i banderi erano contingenti militari iorniti a richiesta del re dagli alti dignitarî, dai prelati e dai signori feúdali). Indi procedette alla riforma della giurisdizione, abolendo (sull'esempio napoletano) i giudizî di Dio, frenando la smania dei duelli e decretando la prova mediante documenti e testimonî (inquisizione). Per accrescere i redditi della corona, promosse l'industria mineraria, rendendola libera alle imprese private dietro una quota di partecipazione del fisco regio, e pose fine al continuo deterioramento della moneta, che sino ai suoi tempi doveva essere consegnata ogni anno all'erario per essere riconiata con lega inferiore a profitto del fisco regio (lucrum camerae). Introdusse invece un'imposta diretta fondiaria (di 18 denari - circa mezzo fiorino - per anno per ogni portone, ossia tenuta di campagna), e coniò la moneta d'oro, la prima dell'Ungheria, sul tipo fiorentino, il fiorino ungherese, detto anche ongaro. Promosse lo sviluppo delle città commerciali del regno mediante il conferimento del diritto di scalo e di altri privilegi, rendendo sicure le comunicazioni, sistemando i dazî e stipulando trattati di commercio con l'estero, e quello delle industrie, accordando privilegi alle corporazioni d'artefici. Aumentò la popolazione del paese attirando dall'estero coloni, commercianti, artigiani, che contribuirono non poco al progresso economico del regno. Nelle sue riforme trovò insigni collaboratori nei Drugeth, oriundi napoletani venuti con lui, e in Demetrio di Nekcse, ungherese. Ebbe gran cura della cultura e tenne una corte splendida nel castello di Visegrád dove fu educata la nuova generazione aristocratica a sostegno del potere dinastico.
Nella sua politica estera mirava anzitutto a ricuperare le regioni perdute del regno e ad innalzare la potenza del suo casato. Nel primo di questi intenti non riuscì che in parte; infatti, se conquistò le regioni confinanti tolte dalla Boemia e dalla Polonia e dall'Austria, non poté riavere la Dalmazia dalla Signoria veneta, e subì una grave sconfitta dal voivoda della Valacchia - già soggetta all'Ungheria - Michele Basaraba. Ebbe invece maggiore successo con la sua politica dinastica. Non rinunciando mai alle sue pretese sul trono di Napoli, si valeva di ogni mezzo per assicurarlo alla sua famiglia; e vi riuscì sposando il suo figlio secondogenito, il principe Andrea, a Giovanna, nipote del re Roberto d'Angiò. Secondo il contratto matrimoniale la giovane coppia doveva regnare insieme. Uguale successo ottenne in Polonia; la sua terza moglie, Elisabetta, figlia del re polacco Vladislao, aprì alla sua azione quel regno. Per l'appoggio prestato a suo cognato, il re Casimiro di Polonia, nell'acquisto della corona, e per i servizî resi alla Polonia nel congresso diplomatico di Visegrád, convocato nel 1335, riuscì a far riconoscere quale principe ereditario della Polonia Luigi d'Angiò, suo figlio primogenito. C. R. morì nel 1342.
Bibl.: I. Miskolczy, Anjou Károly balkáni politikaja (La politica balcanica di Carlo d'Angiò), Szeged 1925, in Acta litterarum ac scientiarum R. Univ. Francisco-Iosephinae, Sectio philol-hist., I, 2. (V. anche ungheria: Storia).