DONATI, Carlo
Nacque a Verona da Carlo Giuseppe e da Elisabetta Trevisani il 4 apr. 1874. Frequentò l'accademia di belle arti "Cignaroli", dove fu allievo del pittore veneziano Napoleone Nani e dove a sedici anni conobbe Ildegarda Dalla Porta, che sposò otto anni più tardi e da cui ebbe due figlie (Tea, 1954, pp. 66, 77).
Ottenne i primi riconoscimenti pubblici nel 1900 partecipando al concorso di Torino con il ritratto del Cardinale Luigi di Canossa (ibid., p. 68) e con una Testa di Cristo (ibid., p. 77). In questi primi dipinti, così come ne L'Offerta della cera (coll. Benzoni, ibid., p. 68), si può osservare l'influenza della pittura di D. Ranzoni nella luce morbida di cui sono circonfuse le figure. A partire dal 1905 il D. partecipò a mostre d'una certa importanza, quali l'Esposizione internazionale di Milano del 1906, la Biennale di Venezia del 1907, l'Esposizione d'arte sacra di Verona del 1908, in cui la sua Madonna dei mulini ottenne la medaglia d'oro, e la Biennale di Verona del 1908, di cui risultò vincitore con il Battesimo di Zeno Bachit (Verona, Gall. d'arte moderna), dove il balenare della luce sfalda una materia pittorica densa e giocata sui toni scuri. Il D. eseguì anche la cornice del dipinto, ispirandosi alla porta bronzea di S. Zeno. Nel 1909 partecipò nuovamente alla Biennale di Venezia con Trilogia del Natale, che inviò alla Biennale di Verona del 1910 insieme con ASan Pietro in Volta (Serra, 1986, p. 306), uno dei pochissimi paesaggi del Donati. Del medesimo anno è quel Ritratto di ingegnere (Verona, coll. privata; ibid., p. 307) che, con il suo pacato realismo di marca nordica, è considerato una delle sue opere migliori. Nel 1912 partecipò alla Biennale di Venezia con La cresima della piccola inferma e Nostra Signora di Messina (ibid., p. 306), opere queste che rivelano l'attardarsi del D. in un ambito di impronta preraffaellita.
A partire da questo periodo l'attività del D. si incentrò soprattutto sulla decorazione di chiese. Uno dei suoi primi lavori murali fu la decorazione, nel 1910, della chiesa di Azzago in val Pantena, cui seguirono, nel 1911, la decorazione della parrocchiale di Bleggio Superiore e quella, negli anni seguenti, di molte altre chiese del Trentino. Nel 1914 partecipò nuovamente con un'opera di stampo secessionista, Idillio (ibid.), alla Biennale veneziana.
Lo scoppio della prima guerra mondiale determinò un'interruzione nella sua attività di decoratore, che riprese alla fine del conflitto con l'affresco nella cappella dei caduti in S. Apollinare Nuovo di Ravenna, per il quale posò il papa Benedetto XV (Tea, 1954, p. 79). Dal governo italiano ebbe, inoltre, l'incarico di affrescare la chiesa nazionale italiana a Bucarest. Nel 1920 partecipò con l'Abete (Trento, Museo del castello del Buon Consiglio), opera ispirata al tema della guerra, alla Biennale di Venezìa e nello stesso anno presentò all'Esposizione d'arte sacra, sempre a Venezia, una Via Crucis (Serra, 1986, p. 306), che ottenne un certo successo. Nel 1922 partecipò alla Fiorentina primaverile. Nel 1929 fu nominato accademico dei Virtuosi al Pantheon (Tea, p. 79).
In questi stessi anni il D. tentò di operare sul terreno sostanzialmente tardopreraffaellita della sua pittura l'impossibile innesto di nuovi modi novecentisti con risultati complessivamente modesti; né costituì per lui uno stimolo al rinnovamento la presenza a Verona, a partire dal 1911, di Felice Casorati. L'attività di decoratore di chiese e il suo conseguente distacco da Verona determinarono un sempre maggiore isolamento del D. ed una progressiva involuzione stilistica della sua pittura. Di tale involuzione il D. fu in qualche modo consapevole se, facendosi portavoce di una sorta di populismo d'impronta cattolica, ebbe a dire: "... ho rinunciato alle ricerche formali, compiacente ricchezza dell'artista, per dire semplicemente la verità. Dovevo dipingere per gli incolti, per gli indotti, per i contadini, per i fanciulli; ed ho dipinto tutto e tutti; la vita, la morte, la fede, i sacramenti, gli angioli e i santi, Cristo e la Vergine; ho dato pascolo agli occhi degli intendenti e degli ignari e se i raffinati mi hanno giudicato ingenuo i semplici mi hanno trovato chiaro" (ibid., p. 72).
A partire dal 1935 la Biennale di Venezia non ritenne più di inserirlo nelle sue esposizioni. Nel 1936 gli fu affidata la decorazione della cappella svizzera nella basilica di Loreto e, nei dieci anni successivi, il D. si dedicò quasi esclusivamente alla decorazione di chiese, tra cui S. Domenico a Bologna, la Via Crucis della parrocchia di S. Croce degli stimmatini a Milano, la cappella di S. Rita e l'abside con Storie di Francesco nel santuario di S. Bernardino a Piacenza (ibid., pp. 78 ss.). Nel 1942 fu nominato dal Vaticano cavaliere dell'Ordine di S. Silvestro papa (ibid.).
Il D. morì a Verona il 4 ott. 1949
Bibl.: Necr., in Studi trentini di scienze storiche, XXIX (1950), p. 148; A. Albasini, Il premio Perini all'Esposizione di belle arti di Verona, in Profamilia, 28 giugno 1908, pp. 414 s.; E. Tea, In memoria di C. D., in Arte cristiana, XLI (1954), pp. 65-80; J. Simeoni Zanollo, Un pittore di santi ed eroi: C. D., in Vita veronese, VII (1954), pp. 24-28; Id., Cronache d'arte, ibid., XVII (1964), p. 358; R. Bodini, Le opere d'arte nella chiesa e nel convento dei cappuccini di Piacenza, Roma 1966, pp. 13.22; G. Celada, Ricordo di C. D., in Vita veronese, XXIV (1971), pp. 311 ss.; G. Tessari, Arte Verona 1985 (catal.), Verona 1985, pp. 11 s.; La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, I-II, a cura di P. Brugnoli, Verona 1986, pp. 306 ss. (scheda a cura di A. Serra) e ad Ind.; H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrh., I, p. 582.