CANE, Carlo
Figlio di Francesco e di una Margherita, nacque a Gallarate il 15 dic. 1615 secondo la notizia del Vesme che fa anche unaaccurata distinzione (non sempre chiara nella storiografia) tra lui e l'omonimo monferrino attivo negli anni 1597-1611 in base a docc. riportati dal Vesme (pp. 255 s.). Dell'educazione del gallaratese l'Orlandi scrive che, applicatosi al disegno in casa di Melchiorre Gherardini, cominciò a copiare i capricci del Callot e a dedicarsi ad opere di piccolo formato, finché gli affreschi del Morazzone a Varallo, che studiò assiduamente, non lo fecero volgere anche alla pittura in grande. Degli affreschi del C. sono noti quelli dell'abside del duomo di Monza, firmati e datati 1652, continuati in seguito da Isidoro Bianchi. La fascia inferiore, del C., presenta tre Storie di s. Giovanni Battista, tra profeti e figure allegoriche, e vi è ben sensibile il modello morazzoniano, per i panneggi falcati e la sospensione dei gesti. Del 1661 sono gli affreschi della sesta cappella a sinistra della chiesa della certosa di Pavia, con le Api che suggono dalla bocca di s. Ambrogio bambino e S.Ambrogio che vieta l'ingresso al tempio a Teodosio.
Qui il colore più alleggerito e ricco, la maggiore eleganza degli atteggiamenti e le notazioni di paese mostrano il C. più aggiornato sui pittori milanesi della metà del secolo. Nella certosa stessa gli van riferiti con probabilità anche gli affreschi della seconda cappella di destra, con gli Angeli e l'Elemosina di s. Anselmo, mentre a un enigmatico Carlo d'Ur andrebbe la vicina Messa di S. Ugo;questo interpretando l'indicazione della Guida manoscritta anonima, del 1777, conservata nell'Ambrosiana (vedi anche Pesenti, 1968). La guida dice testualmente: "1659: l'istoria è di Carlo d'Ur e di Carlo Cane".
Si ha notizia anche di affreschi del C. nella demolita chiesa di S. Maria Assunta a Gallarate (Sironi). Nella città natale il C. aveva fatto una tela con la Madonna delle Grazie con Cristo, s. Domenico e s. Francesco, di cui sono note una copia e una stampa; rimangono invece le due tele della prepositurale con la Nascita della Vergine e lo Sposalizio, e la malconcia tela con S.Raimondo Nonnato con santi e angeli nella chiesa della Madonna di Campagna, per la quale sappiamo che il 22 giugno 1688 l'artista firmò le ricevute di pagamento (Sironi).
A Milano, persi i laterali dell'altar maggiore di S. Caterina alla Chiusa, e la Vergine e s. Francesco della chiesa dei cappuccini, delle opere religiose del C. si conservano la pala con la Vergine, il Figlio e vari santi in S. Nazaro, un Angelo custode nella sagrestia di S. Calimero e due fatti della Vita di s. Nicolò da Bari alla parete destra del coro della chiesa di S. Antonio abate. A Milano Carlo Torre dedicò un sonetto (in Le sinfonie di Euterpe, 1678) a un suo dipinto rappresentante Ezzelino che si umilia a s. Antonio da Padova;ciò proverebbe la dimensione mondana e il successo del pittore, di cui l'Orlandi dice: "Sonava bene di chitarra leutata, sosteneva con decoro l'arte, nobilmente si trattava". Il C. dovette attendere con una certa frequenza anche a dipinti non religiosi, ma per ora le notizie in proposito sono limitate; l'Orlandi dice: "toccava bene i paesi e gli animali"; il Nicodemi dà indicazioni piuttosto vaghe di sue nature morte, anche con strumenti musicali. Sicure sono una Betsabea nelle raccolte Borromeo all'Isola Bella e la nota Merenda durante una partita di caccia con molti ritratti, della Pinacoteca del Castello Sforzesco a Milano, un po' statica, ma ricca di notazioni di sapore ambientale.
Sempre l'Orlandi ci informa che il C. fu coniugato, che aprì florida scuola, e che morì settantenne, lasciando in Gallarate un figlio pratico della pittura. Pur anticipando la data della nascita, sembra opportuno mantenere la data della morte al 1688, come si ricava dall'Orlandi, pensando che fosse questo il dato sicuro che egli aveva. Poiché infine, come si è visto, il C. era ancora vivo nel giugno dell'88, è da presumersi che la morte sia avvenuta verso la fine dell'anno.
Fonti e Bibl.: C. Torre, Ritratto di Milano [1674], Milano 1714, pp. 127, 156; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 109; F. Bartoli, Notizia delle pitture..., I, Venezia 1776, p. 245; II, ibid. 1777, pp. 192 s.; Milano, Bibl. Ambrosiana, X, 21 sup.: Guida manoscritta anon. del 1777della Certosa di Pavia;L. Lanzi, Storia pittor. dell'Italia [1789], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970 pp. 340, 346; P. Zani, Enciclopedia metodica... delle Belle Arti, I, 5, Parma 1820, p. 265; L. Malaspina, Guida di Pavia, Pavia 1519, p. 147; G. Colombo, Vita e opere di G. Ferrari, Torino 1881, p. 39; C. Sironi, Le peripezie dei dipinti di C. C., in Rassegna gallaratese di storia ed arte, XXII (1963), pp. 183-190; Schede Vesme, I, Torino 1963, p. 255; G. Nicodemi, La pitt. lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1959, pp. 505 s., ill. p. 373, tavv. f.t. pp. 178,206; P. Mezzanotte-G. C. Bascapé, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1968, p. 242; F. R. Pesenti, in La Certosa di Pavia, Milano 1968, pp. 104 s.; Storia di Monza e della Brianza, R. Bossaglia, L'arte dal manierismo al primo Novecento, Milano 1971, pp. 78, 145; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 497.