ANDREOLI, Carlo
Pianista, nato a Mirandola l'8 gennaio 1840, morto a Reggio Emilia il 22 gennaio 1906. All'età di 7 anni prese parte ad un giro di concerti producendosi col fratello Guglielmo (v. sotto) e con un altro bambino, tale Ferraresi; tutti allievi del padre, Evangelista. Ammesso al conservatorio di Milano dopo il fratello Guglielmo, fu inscritto alle scuole dell'Angeleri e del Boniforti. Fu esecutore di rara versatilità (sebbene - asseriscono alcuni - di carattere alquanto meccanico) potendo eseguire ugualmente bene musiche di epoche e stili diversissimi, da Händel a Liszt. Fu il primo a far conoscere a Milano, oltre che la produzione dei pianisti-compositori dell'800, la musica di Bach, dapprima eseguendola in pubblico, poi facendola studiare al conservatorio. Anzi, per far conoscere le più importanti fughe per organo di Bach, s'improvvisò organista, superando difficoltà quasi insormontabili nella lotta con un organo ad una sola tastiera e con la pedaliera di soli 18 tasti.
La sua attività di pianista non gli aveva impedito di occuparsi di composizione e di collaborare con l'Angeleri alla compilazione del suo Metodo. Nel '71 però, su proposta dello stesso Angeleri, egli veniva nominato professore al conservatorio di Milano, e cessava quasi completamente ogni attività in quel ramo, per riprenderla soltanto negli ultimi tempi della sua carriera artistica.
Dalla sua scuola uscirono: Ugo Bassani, Francesco Giarda, Alfredo Catalani, Giuseppe Frugatta, Giuseppe Mascardi, Vico Ridolfi, Alfredo Cairati, Alfredo de Luca.
Nel 1877 riuscì ad organizzare quei concerti popolari ch'ebbero vita fino all'87 e a cui consacrò ogni attività e ogni cura, coadiuvato amorevolmente dal suo giovane fratello Guglielmo iunior. Furono 92 concerti, 50 da camera e 42 di musica sinfonica, durante i quali furono offerte al pubblico milanese musiche d'ogni carattere. Questo, che oggi può sembrare un numero esiguo di concerti, per quei tempi è da ritenersi enorme, soprattutto se si rifletta che tutto era pensato, voluto, organizzato ed eseguito da una sola persona, animata da un infinito amore per l'arte, e che sacrificò all'impresa i suoi mezzi migliori, morali, intellettuali e finanziarî. Il risultato, purtroppo, non fu felice. Ingiuste critiche, competizioni sleali, avversioni disoneste, fecero declinare l'impresa, ed egli, divenuto quasi misantropo, si chiuse nella sua scuola al conservatorio, dove passava quasi per intero le sue giornate. Scrisse allora Le stagioni e le Danze. Poi venne la malattia, la tenebra. Dal '91 visse in una casa di salute a Reggio Emilia, e, nella stanza da lui abitata, il pianoforte, che era stato la sua vita, non fu che un mobile abbandonato. Si spense dopo 17 anni di degenza.
Opere: quattro Notturni, op. 4-10-12-19, tre valzer, op. 5-15-18; Impromptu, op. 11; Scherzo, op. 13; Romanze senza parole, op. 16-17; Marcia militare, op. 20; Serenata, op. 21; cinque pezzi caratteristici, op. 23; Tarantella e Valzer, op. 24; Rêverie e Polonese, op. 25; 6 Romanze senza parole (premio società del Quartetto di Milano); Studio elegiaco (per l'album in memoria di Vincenzo Bellini); Tema con variazioni (1877); Studio melodico (1884); Morceaux de salon (1885); Le stagioni (1888); quattro Danze (1888); Meditazione, oltre un Duetto capriccioso, op. 22, per pianoforte e violoncello, ed alcune trascrizioni d'opera.
Se nelle prime di queste composizioni si nota una certa tendenza ad effetti allora in voga, le altre furono scritte sotto l'influenza dei romantici, però senza sacrificio della personalità, e si distinguono per linguaggio melodico chiaro e veste armonica non ricercata, ma eletta.
Nel maggio del 1910 veniva inaugurato al conservatorio un busto dell'Andreoli, eretto su proposta fatta dal maestro Giovanni Anfossi al congresso musicale di Milano nel 1908, e per il quale A. Boito dettò l'epigrafe.
Ebbe fratelli e sorelle: Rosa, Evangelista iunior, Maria, Guglielmo iunior, tutti musicisti, allievi, almeno in origine, del padre, anch'egli musicista. Su di loro eccelle però Guglielmo senior, pianista e compositore, nato a Mirandola il 22 aprile 1835, morto a Nizza il 13 marzo 1860, anch'esso temperamento essenzialmente volitivo, come può dimostrare il fatto che, avendo dovuto subire l'amputazione delle gambe, ideò un congegno che gli permettesse di usare i pedali dell'organo; si mise inoltre a studiare metodi su metodi per potersi dare coscenziosamente all'insegnamento del pianoforte. Si produsse in pubblico fin dall'età di 10 anni, tanto da essere citato anche nell'opera del Berlan, I fanciulli celebri d'Italia. Fu accolto nel conservatorio di Milano, ove studiò con l'Angeleri. Dal '50 in poi diede un gran numero di concerti in quasi tutte le città dell'Italia settentrionale, in Austria, in Germania, in Belgio, con crescente fortuna. A Londra, a 21 anno, fu paragonato a Thalberg e a Mendelssohn ed ebbe successi memorabili. Nella sua carriera diede più volte concerti con Sivori e fu in rapporto coi più grandi musicisti del suo tempo. Nel 1858 rimpatriava, perché già minato nella salute. La vicinanza del padre, della famiglia, degli amici parve rinfrancarlo, e si recò ancora a Londra e a Parigi, ma ormai egli era condannato. Ritornò in Italia e poi a Nizza, ove invece dell'attesa guarigione lo raggiunse la morte.
Bibl.: G. Tebaldini, In mem. di C. A., in L'Arte pian., V, n. 10.