WEIERSTRASS, Carl
Matematico, fra i più eminenti della seconda metà del sec. XIX. Nato a Osterfeld, presso Münster in Vestfalia, il 31 ottobre 1815, si iscrisse nel 1834 nella facoltà di legge della università dì Bonn, dove rimase fino al 1838. Ma sul finire di questo periodo si destò in lui una singolare inclinazione per la matematica. Recatosi a Münster sulla fine del 1838, si incontrò con C. Gudermann, ivi insegnante di matematica, che in due anni pose il W. al corrente delle parti allora più importanti della sua scienza. Nel 1841 il W. ottenne per concorso l'abilitazione all'insegnamento medio. A quest'epoca va ascritto il suo primo lavoro importante, pubblicato dapprima parzialmente in un programma scolastico, poi integralmente nel Giornale di Crelle soltanto nel 1855, lavoro in cui viene presentata in modo perspicuo e originale la teoria delle facoltà analitiche. Dopo un anno di prova nel ginnasio di Münster, ottenne un posto stabile di insegnante a Deutsch-Krone (Prussia orientale). Nel 1848 passò, con l'insegnamento della sola matematica, al ginnasio di Braunsberg e, liberato da cure estranee, poté attendere ai suoi studî preferiti: sono di quell'epoca quelli fondamentali sulle funzioni abeliane. Questi lavori gli valsero nel 1850 la cattedra di matematica nell'Istituto professionale di Berlino, cattedra tradizionalmente occupata da insigni matematici; nel 1857 veniva eletto socio dell'Accademia di Berlino, e poco dopo si creava per lui un posto di professore ordinario in quella università. Morì a Berlino il 19 febbraio 1897.
Nel suo discorso di ricevimento all'Accademia di Berlino il W. rivela come, dopo essere stato iniziato dal suo maestro Gudermann alla teoria delle funzioni ellittiche e dopo i suoi studî sulle funzioni abeliane, egli avesse concepito l'idea di un'organica ricostruzione dell'analisi; ma soggiungeva più tardi che "una simile impresa non è opera di principiante, per quanto dotato; è necessario signoreggiare l'intero materiale dell'analisi ed avere chiara visione dei rapporti, anche i più complessi, che vi si incontrano; e una simile impresa non può essere che il coronamento della vita di un matematico". L'edificio organico così vagheggiato veniva da lui costruito mediante la sua aritmetizzazione dell'analisi. Per lui, solo postulato è la successione dei numeri naturali; muovendo da questa, egli costruisce la sua magistrale teoria delle funzioni analitiche, in cui, a differenza di Cauchy e di Riemann, bandisce ogni considerazione di natura geometrica. Per lui, la funzione analitica è un ente organico, interamente dato con tutte le sue proprietà quando ne sia dato un elemento, cioè un suo sviluppo in serie di potenze, dal quale, col mirabile processo della continuazione analitica, l'emte si deduce in tutto il campo della sua esistenza. In questa teoria, uno dei più bei capitoli è quello dedicato alle funzioni trascendenti intere, alla costruzione di una tale funzione con assegnate radici, ai fattori primarî: capitolo dal quale il suo discepolo Mittag-Leffler ha dedotto il suo celebre teorema; capitolo che estende a una notevole classe di trascendenti classiche proprietà dell'algebra delle funzioni razionali e di cui distinti matematici, sempre ispirandosi alle idee del W., hanno date ampie generalizzazioni.
Nel 1872, egli dava il primo esempio di una funzione continua priva di derivata: il fatto così accertato, contrario alle idee allora universalmente ammesse, destò nel mondo matematico una clamorosa sorpresa.
Alla teoria delle funzioni ellittiche egli seppe dare una forma mirabilmente semplice ed organica, sostituendo alle funzioni sn x, cn x, e dn x e alle ϑ di Jacobi la funzione ormai classica p (u), definita da:
e la serie σ (u). Nella teoria delle funzioni abeliane, di cui egli si è ripetutamente interessato, ha cercato l'estensione della forma da lui data alla teoria delle funzioni ellittiche, mentre più tardi ha collegato agl'integrali abeliani la teoria delle curve algebriche, in riguardo alle singolarità di queste non alterate per trasformazioni birazionali. A lui sono dovute ancora la rappresentazione delle funzioni continue mediante serie di polinomî; la dimostrazione del fatto che, fra i numeri complessi, solo quelli elementari di Gauss-Argand ubbidiscono a tutte le leggi ordinarie dell'aritmetica; appartengono al W. una delle proposizioni fondamentali del calcolo delle variazioni, un'importante e bella proprietà delle equazioni delle superficie d'area minima, la magistrale deduzione delle funzioni implicite nel campo analitico, una dimostrazione della trascendenza di π e di ogni arco di cerchio la cui corda è funzione algebrica del raggio, ecc.
Più che per la stampa, verso la quale il W. manifestò sempre una speciale ritrosia, fu per mezzo del suo insegnamento orale, singolarmente efficace, che si è esplicata la sua dottrina. Molti dei risultati a lui dovuti vennero divulgati dagli scritti di suoi discepoli, alcuni dei quali, fra altri K. H. A. Schwarz (v.), saliti in alta fama; altri e non pochi risultati a lui posteriori sono dovuti all'applicazione dei suoi concetti. Del resto ciò che egli ha direttamente pubblicato basterebbe per collocare il W. in prima linea fra i matematici del suo tempo. Le sue Mathematische Werke, pubblicate a Berlino dal 1894 al 1927, comprendono sette volumi.
Bibl.: G. Mittag-Leffler, W., in Acta math., XXI (1897), pp. 79-82; H. Poincaré, L'oeuvre mathématique de W., ibid., XXII (1899), pp. 1-18.