cardiopatia
Le cardiopatie congenite
La cardiopatia congenita è un’anomalia della struttura o della funzione cardiaca presente alla nascita. Tali cardiopatie sono tra le malformazioni congenite più frequenti: negli Stati Uniti l’incidenza è intorno a otto casi per mille nati vivi. La maggior parte dei neonati con difetti cardiaci ha anomalie che non presentano una minaccia per la vita, circa un terzo di questi (2,6‰) presenta una cardiopatia severa, così grave da rendere necessario un cateterismo cardiaco o un intervento cardiochirurgico o da determinare la morte entro il primo anno di vita. Il difetto interventricolare è la cardiopatia congenita più frequente (circa il 28%). Le malformazioni cardiovascolari congenite sono in genere dovute a un alterato sviluppo embrionale di una struttura normale o all’arresto dello sviluppo in uno stadio precoce embrionale o fetale e possono essere associate a malattie genetiche (per es., trisomia 21, sindrome di DiGeorge, ecc.) o direttamente correlate all’effetto di fattori teratogeni (per es., alcolismo, raggi X, talidomide, rosolia materna) o derivare da un insieme di fattori genetici ed ambientali. Tali cardiopatie possono essere classificate sulla base di criteri di tipo emodinamico e funzionale, anche se talune, isolate, non rientrano in alcuna classificazione.
Sono caratterizzate da un passaggio di sangue (shunt) dal cuore sinistro (atrio sinistro, o ventricolo sinistro, o aorta) al cuore destro (atrio destro, o ventricolo destro, o arteria polmonare) con conseguente iperafflusso polmonare. Dopo un tempo variabile da mesi ad anni, l’aumento del flusso di sangue nei polmoni determina un aumento dello spessore dei capillari polmonari (reazioni proliferative) con incremento irreversibile della pressione nell’arteria polmonare e diminuzione della capacità, da parte della membrana alveolo-capillare, di scambiare ossigeno (vasculopatia ipertensiva polmonare o sindrome di Eisenmenger). La riduzione o l’eliminazione dello shunt si rende necessaria proprio per prevenire questa grave complicanza.
Sono caratterizzate dalla presenza di un ostacolo, più o meno grave, a diversi livelli del cuore destro (ventricolo, valvola polmonare o rami polmonari), con conseguente difficoltà da parte del sangue di perfondere il circolo polmonare. Il grado di ostruzione è il principale determinante della gravità clinica. La maggior parte di queste cardiopatie è asintomatica e sono spesso ben tollerate ma, con il tempo, l’ipertrofia ventricolare destra e l’ipoafflusso polmonare cronico possono determinare sintomi anche gravi.
In queste cardiopatie il sangue trova un ostacolo a defluire verso la circolazione sistemica per la presenza di stenosi a livello del ventricolo sinistro o dell’arco aortico. La presenza, nel neonato, di quadri anatomici particolarmente gravi può dare origine alla dotto-dipendenza sistemica, situazione in cui il dotto arterioso è l’unica fonte di flusso per la circolazione sistemica. Con la costrizione progressiva del dotto si ha una rapida insufficienza circolatoria a livello cerebrale, renale e mesenterico, con quadro clinico di scompenso da bassa portata rapidamente irreversibile e fatale. Le forme cliniche più tipiche sono rappresentate dalla stenosi valvolare aortica, dalla coartazione aortica e dall’interruzione dell’arco aortico.
Si caratterizza per l’anomala connessione dell’aorta al ventricolo destro e della polmonare al ventricolo sinistro. Le due circolazioni (sistemica e polmonare) si trovano quindi in parallelo, con il sangue venoso, non ossigenato, proveniente dalle vene cave che viene direttamente espulso in aorta, e quello ossigenato, proveniente dalle vene polmonari, che si dirige inutilmente di nuovo ai polmoni. In mancanza di punti di contatto fra i due circoli, che realizzino un punto di transito per il sangue ossigenato verso la periferia e per il sangue desaturato verso il polmone, tale condizione è incompatibile con la vita. La trasposizione è una tipica urgenza neonatale in cui il trattamento tempestivo (terapia medica e successiva correzione chirurgica) è l’unica possibilità di sopravvivenza del neonato.
In questa cardiopatia le vene polmonari, che normalmente confluiscono sulla sommità dell’atrio sinistro, drenano (tutte o in parte) in diverse possibili strutture del cuore destro (come la vena cava superiore, l’atrio destro o la vena cava inferiore) o, più raramente, attraverso il seno coronarico. Il ritorno venoso anomalo parziale è spesso associato alla presenza di pervietà interatriale e clinicamente può decorrere inosservato fino all’insorgenza di segni di sovraccarico ventricolare destro. Nel caso del ritorno venoso polmonare anomalo totale la sintomatologia è in genere assai rilevante già dalla vita neonatale e può rappresentare una urgenza particolarmente grave.
Rappresentano quadri polimalformativi caratterizzati da anomalie viscerali e cardiache, cuori univentricolari, l’atresia della tricuspide e altre la cui fisiopatologia dipende molto dall’anatomia specifica del difetto.
La diagnosi di una cardiopatia congenita viene fatta sulla base dell’esame clinico e degli esami strumentali (ECG, ecocardiogramma, cardio-RM, cateterismo cardiaco). Fondamentali sono la diagnosi prenatale dei difetti cromosomici (amniocentesi, villocentesi, ecc.) e l’ecocardiografia fetale. Per quel che riguarda il trattamento delle cardiopatie congenite, quelle particolarmente severe richiedono un trattamento medico o chirurgico fin dalle prime ore di vita del neonato. Tuttavia spesso si tratta di difetti del cuore semplici e isolati, che si manifestano tardivamente e che possono essere trattati mediante l’inserzione di appositi devices, da parte del cardiologo tramite cateterismo cardiaco.