VOLTA, Camillo
VOLTA (Dalla Volta, Della Volta), Camillo. – Nacque a Bologna dal conte Astorre, di famiglia con «grado senatorio» (Dolfi, 1670, p. 713). Non si conosce il nome della madre. Circa la data di nascita va precisato che quella indicata da Dolfi (1552, recepita da Testa, 2010, p. 4, e da Cassiani, 2017, p. 31; Cassiani, 2018, p. 146), è contraddetta da quanto scrive il medesimo Volta, il 5 settembre 1585, a Ludovico Gonzaga, duca di Nevers e pari di Francia: «Io sono vicino alli 60 anni, et ho praticato il mondo al manco 45» (Parigi, Bibliothéque nationale, Mss. fr., 4698, cc. 49v). Dunque, egli nacque allo scorcio del 1525 o poco oltre e l’anno segnalato da Dolfi sembra essere dovuto all’inversione accidentale delle ultime due cifre. Astorre fu senatore; lo zio Achille gran maestro dei Cavalieri gaudenti e penultimo commendatore di S. Maria di Casaralta (l’ultimo sarebbe stato proprio Camillo, anch’egli cavaliere gaudente).
Nulla si sa del cursus studiorum che lo preparò alla professione di informatore politico e di agente (svolta per decenni al favore di Nevers), di intermediario d’affari (anche di Giacomo Boncompagni), di imprenditore e di ingegnere. Nelle vesti di impresario nel settore della macinazione del grano, Volta ricorre nella narrazione autobiografica del concittadino Vincenzo Badalocchio, conservata manoscritta presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma (ms. P. 56: Itinerarium Vincentii Badalocchii, cc. 102r-106v), mentre Domenico Maria Federici (1787, p. 13) lo indica come l’ideatore «delle ombrelle per ripararsi dal sole cocente, e dalla pioggia nell’aperto, invenzione, che da Bologna passò nelle altre città».
Non è noto se abbia mai avuto moglie. Di certo ebbe almeno un figlio naturale, Mario, il quale, nel 1589, adolescente, abitava con lui, a Roma, in un alloggio in affitto, riccamente arredato e munito di personale di servizio.
Nell’atto testamentario (13 ottobre 1589), si legge che il procurator negotiorum di Nevers, come lo definisce il cardinale Scipione Gonzaga, possedeva a Bologna un’unità fondiaria, tre edifici in borgo di S. Pietro e un altro, con annesso appezzamento agricolo, appena fuori porta Galliera. A Roma, invece, disponeva di una vigna nei pressi di porta Pia. Volta godeva di circa 50.000 scudi di rendita annua. Gli erogavano censi diversi esponenti di nobili lignaggi bolognesi (Lambertini, Garzoni, Pellegrini, Grassi), oltre a Sulpizia Pepoli Volta, la vedova di suo zio Achille (morto nel 1556). Volta elesse Nevers proprio erede universale e a lui affidò Mario. Quali esecutori delle sue ultime volontà volle i cardinali Gonzaga e Gabriele Paleotti, quest’ultimo suo parente da parte di madre (Gentile Volta).
Il 9 agosto 1590, il figlio Mario definisce il duca di Nevers «prencipe e padrone di casa mia già sono 30 anni» (Parigi, Bibliothéque nationale, Ms. fr. 3979, c. 76r). Se ne deduce che suo padre aveva preso servizio a favore di Ludovico Gonzaga intorno al 1560, a circa trentacinque anni. L’epistolario fra i due si intensificò nella primavera del 1589, a valle del monitorio di Sisto V a Enrico III di Valois (24 maggio), seguito agli accordi militari stipulati tra il monarca francese, reo dell’assassinio dei Guisa (23-24 dicembre 1588), e l’ugonotto Enrico di Navarra. Nevers giudicava molto pericoloso quel provvedimento che, sotto pena di scomunica, ingiungeva al re di rimettere in libertà, entro dieci giorni, il cardinale Carlo di Borbone e l’arcivescovo di Lione Pierre d’Épinac ed entro sessanta di comparire a Roma, personalmente o per procura, al fine di ottenere l’assoluzione. Gli eventi gli dettero ragione. Il 1° agosto 1589, il «Rex Christianissimus», di fatto scomunicato, fu ucciso dal frate domenicano Jacques Clément e la sua morte senza eredi sortì l’effetto paradossale di favorire la successione al trono dell’eretico relapsus Enrico IV che lo stesso Sisto V aveva bandito dalla Chiesa, il 9 settembre 1585. Nelle settimane successive, la sistematica confutazione degli avvisi di Francia circolanti in Roma e l’aperta contestazione della condiscendenza di Sisto V verso i diplomatici iberici e ligueurs resero Volta un personaggio sospetto nella corte pontificia. Il 7 settembre 1589, il papa ordinò la perquisizione della dimora dell’agente e una sua minuta non cifrata ne cagionò l’arresto. Il 14 ottobre, al termine di un rapido processo del quale sembrano perduti gli atti, l’inquisito, malgrado gli uffici resi in suo favore dai cardinali Gonzaga e Paleotti e da suo fratello prelato (Giovanni Battista), fu riconosciuto colpevole di lesa maestà e condannato a morte, mediante decapitazione.
La sentenza fu eseguita nottetempo, nel cortile della prigione del governatore di Roma.
Nel «mandato della sua morte – scrisse il menante del signore di Urbino, il 18 ottobre 1589 – «dicono essere espressi tre capi, cioè per sospetto di fede, per maledicenza de’ principi, e per istigatore di potentati contra cattolici» (Biblioteca apostolica Vaticana, Urb. lat. 1057, c. 644v). Volta – tanto riuscirono a sapere il gazzettiere di Francesco Maria II Della Rovere e l’ambasciatore veneto Alberto Badoer – andò al patibolo in quanto fautore dell’eretico Navarra; per avere riferito al suo padrone che il papa aveva esultato all’annuncio dell’omicidio di Enrico III e per aver invocato l’invasione dello Stato della Chiesa da parte dell’esercito francese.
Tutti i beni del giustiziato vennero requisiti. Frattanto, suo figlio Mario, occultate diverse compromettenti missive trasmesse da Ludovico Gonzaga al genitore, riuscì a sottrarsi alle autorità pontificie e riparò a Venezia. Di lì, si portò a Mantova, presso la corte di Vincenzo I; infine, varcò la frontiera francese e raggiunse il castello di Nevers.
Provato da mesi di vana contestazione della condiscendenza di Sisto V verso gli emissari della Spagna e della «Ligue», Volta pagò con la vita la condotta spericolata con la quale, in una fase oltremodo delicata delle relazioni diplomatiche fra la Francia e la S. Sede, pretese ascolto; confutò gli avvisi altrui; parve dispensare lezioni di acume politico. Decretando il suo destino, Sisto V volle rompere in via definitiva con Nevers, il quale, a mezzo del suo delegato, premeva perché il papa assumesse un atteggiamento super partes rispetto alla crisi francese ed esercitasse un ruolo arbitrale in favore della pacificazione del regno. Ferito dall’ostilità del pontefice e addolorato dalla tragica fine del proprio agente, il duca attese ben oltre la morte di papa Peretti (27 agosto 1590) prima di dotarsi di un nuovo procuratore romano. Lo fece solo nel marzo dell’anno seguente, allorché, superati gli scrupoli di coscienza, era già da mesi schierato in armi al fianco di Enrico IV, sperandone il ritorno alla fede cattolica e, un giorno, la riammissione in gremio Ecclesiae.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Archivio di S. Giovanni Decollato, Libri e giornali del provveditore, reg. 7, cc. 158v-160v (testamento di Volta, 13 ottobre 1589); Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci ambasciatori, Roma, filza 24, c. 24r (A. Badoer al Senato, 9 settembre 1589); Londra, The National Archives, Her Majesty’s State Paper Office, 78/20, cc. 218r-219r (W. Lyly a F. Walsingham, 15 dicembre 1589); Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Urb. lat., 1057, cc. 644v (avviso del 13 ottobre 1589); 654v (avviso del 18 ottobre 1589); Parigi, Bibliothèque nationale de France, Mss. fr., 3416, cc. 66r-v (Volta a L. Gonzaga, 31 ottobre 1589); 3421, cc. 81r-v (Volta a L. Gonzaga, 28 ottobre 1589); 3979, cc. 76r-v: 76r (Volta a L. Gonzaga, 9 agosto 1590); 4698, cc. 48r-51r (Volta a L. Gonzaga, 5 settembre 1585); 3977, 4687, 4689, 4690, 4692, 4702; Roma, Biblioteca Vallicelliana, Mss., P.56: Itinerarium Vincentii Badalocchii, c. 106v.
P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 713-718; C.L. Tempesti, Storia della vita e geste di Sisto quinto, II, Roma 1754, pp. 59 s.; D.M. Federici, Istoria de’ cavalieri Gaudenti, II, Vinegia 1787, pp. 11-13, 170, 195, 201; S. Gonzaga, Commentariorum rerum suarum libri tres, Romae 1791, pp. 159 s., 208, 429; J.A. von Hübner, The life and times of Sixtus V, II, London 1872, pp. 230, 241-243; P. Prodi, Il cardinale Gabriele Paleotti, II, Roma 1967, p. 446; F. Riccardi, I Boncompagni e Roccasecca (1583-1796), Roccasecca 2000, passim; A. Boltanski, Les ducs de Nevers et l’État royal. Genèse d’un compromis (ca 1550 - ca 1600), Genève 2006, pp. 105, 199 nota; S. Testa, Death of a political informer - C. V. the roman agent of the duc de Nevers. Notes on work in progress, in Diplomats, agents, adventurers and spies: information exchange in the early modern period, a cura di R. Adams, Lives and letters, II, 2010, 1, pp. 1-8; G. Cassiani, Il caso V. La rottura tra Sisto V e il duca di Nevers nell’estate del 1589, in Quaderni eretici, V (2017), 2, pp. 31-74; Id., On a mission for the Duke of Nevers. Ludovico Gonzaga’s Roman agents and Henri IV’s papal absolution (1589-95), in The journal of baroque studies, II (2018), pp. 137-156.