CRESPOLANI, Camillo
Nacque a Modena il 25 dic. 1798 da Luigi e Pietra Bortonieri. Seguiti i corsi di pittura, scenografia e scultura della locale Accademia Atestina, allora diretta dall'architetto G. M. Soli, il C. poté perfezionare la propria formazione frequentando, a partire dal 1825, grazie a una pensione governativa, l'atelier milanese del celebre scenografo Alessandro Sanquirico il Vecchio. Esordì nella città natale curando l'allestimento di Ginevra di Scozia di S. Mayr e dell'Eduardo e Cristina, su musiche di G. Rossini, opera rappresentata il 29 ott. 1827 nel teatro di corte. Fu quello l'avvio per una fiorentissima attività di scenografo, esplicata in primo luogo nell'ambito del ducato estense, nonché, episodicamente, a Firenze e Livorno, le cui tappe salienti si ravvisano nella nomina, in data 29 marzo 1835, a "pittore addetto al Teatro Comunale" di Modena e nella progettazione delle scene per l'Adelaide di Borgogna al Castello di Canossa, su libretto di C. Malmusi e musiche di A. Gandini, per l'inaugurazione, avvenuta il 3 ott. 1841, del teatro Comunale Nuovo.
Dal copiosissimo catalogo delle scenografie allestite in Modena dal C. varrà menzionare quelle per il Barbiere di Siviglia di G. Rossini (1829), Anna Bolena di G. Donizetti (1836-37), Beatrice di Tenda di V. Bellini (1837-38 e 1840-41), presso il vecchio teatro Comunale di via Emilia Don Pasquale di G. Donizetti (1843) per il teatro di corte Attila di G. Verdi (primavera 1850, carnevale 1854-55), Allan Cameron di G. Pacini (estate 1851) e Aroldo di G. Verdi (maggio 1859) per il nuovo teatro Comunale.
Fu attivo in Reggio segnatamente nel periodo dal 1830 al 1837 per rappresentazioni nell'ambito della annuale fiera cittadina: nella sola stagione del 1830 realizzò le scene per la Caritea regina di Spagna, di F. S. Mercadante, e, in collaborazione con il reggiano V. Carnevali, quelle per il ballo Giulietta e Romeo e per Bianca e Faliero di G. Rossini.
Alle creazioni teatrali del C., che non di rado superficialmente attingono ai più alti esempi del reggiano Fontanesi, come si coglie dai bozzetti conservati presso la Fondazione G. Cini di Venezia (già della raccolta Certani di Bologna), si appuntarono le critiche dei contemporanei in merito a insufficienze nella caratterizzazione ambientale e cronologica e, ancor più, a una certa tenuità della cromia, da cui la scarsa efficacia nella resa della profondità prospettica la motivazione di tali rilievi va probabilmente rinvenuta nelle connotazioni accademiche, ad oltranza classicistiche, che convergono nel linguaggio estetico dell'artista sia dagli immoti ambienti della cultura modenese dell'epoca sia dallo stesso tirocinio presso lo studio del Sanquirico, ove appunto anacronistiche reminiscenze di matrice settecentesca stemperavano e affievolivano le pur notevoli istanze protoromantiche.
Alla produzione scenografica il C. affiancò quella degli apparati per pubbliche festività come, per es., per il ritorno di Francesco IV a Modena dopo i moti del 1831 nella circostanza, il C. si distinse per l'esecuzione, accanto al pittore L. Manzini, dei "trasparenti" che ricoprivano l'anfiteatro eretto per l'occasione, l'Accademia militare e il palazzo dei conti Boschetti.
Nominato nel 1833 professore onorario presso l'Accademia di belle arti di Modena e confermato, nel 1837, "professore attivo" per l'ornato e la prospettiva, il C. annoverò tra i suoi allievi il pittore Ferdinando Manzini, futuro scenografo del teatro Comunale di Modena.
Decoratore al servizio di una locale committenza aristocratica ed ecclesiastica, realizzò, ancora in collaborazione con Luigi Manzini, gli ornati, desunti dal ricchissimo repertorio barocco e rococò, nelle volte della chiesa di S. Giorgio (1831) e nella scomparsa S. Rocco (1836), la ridipintura degli affreschi seicenteschi in S. Barnaba e l'abbellimento di quella sagrestia (1838), la decorazione parietale delle cappelle di Cittanova (1843) e della Madonnina (1845), i chiaroscuri nel tempio delle domenicane (1847 c.) e nella distrutta parrocchiale dei SS. Faustino e Giovita. Dipinse inoltre, sul prospetto dell'antico monastero delle salesiane, un affresco fingente un porticato in stile "spagnolo". Sempre con il Manzini, che in genere attendeva alle parti figurate, partecipò all'ornamentazione di vari ambienti al pianterreno della distrutta villa Estense delle Pentetorri, ove si adeguò all'invalso gusto pompeiano, e quindi alla complessa impresa decorativa del teatro Comunale Nuovo, edificato da F. Vandelli (1841), condotta secondo un lessico formale di chiara derivazione neoclassica.
I meriti precipui del C. consistono nell'aver educato e raffinato il gusto di generazioni di operatori nei vari campi delle arti applicate, e nell'aver restituito a livelli qualitativamente dignitosi, almeno per padronanza tecnica e scrupolosa professionalità, una scuola d'ornato che già da tempo era scaduta nella mera ripetizione di collaudati stilemi.
Le rare testimonianze più propriamente pittoriche confermano come la prosa stilistica del C. sia per tanti aspetti debitrice al clima neoclassico perdurante in Modena, nei circoli dell'arte ufficiale, fino all'Ottocento inoltrato: così i due Autoritratti compiuti in età avanzata (Modena, Museo civico e Istituto artistico "A. Venturi"), diversificati da minime varianti, sui quali grava una certa rigidezza inanimata, il terso Paesaggio (Modena, Museo civico) che riecheggia i modi lombardi del primo Ottocento, del bergamasco Marco Gozzi in particolare, l'acquarello con il Cortile del palazzo Cybo di Massa (attrib. Modena, Museo civico), risolto nei termini di una accademica esercitazione di prospettiva, e il fine disegno di Paesaggio con castello - prima idea per una scenografia - presso raccolta privata modenese. Risulta inoltre che il C. si cimentasse, pare con scarso successo, in alcuni interventi di restauro su dipinti della Galleria Estense di Modena.
Colpito da paralisi nel 1860, il C. morì a Modena il 22 marzo 1861.
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