CASTELLO BRANCO, Camillo
Scrittore portoghese. Nato a Lisbona il 16 marzo 1826 e morto suicida il 6 giugno 1890. Rimasto assai presto orfano, trascorse l'adolescenza nel Tras-os-Montes, in casa di una sorella sua, che ne curò la prima educazione. Rivelatosi inquieto e spregiudicato, e avendo suscitato attorno a sé ostilità e odî per l'aggressività del suo spiritti satirico, fu costretto a trasferirsi a Oporto, dove continuò gli studî all'Accademia politecnica e nella Scuola medica. La giovinezza appassionata e romantica fu vissuta fra le più irregolari avventure: la politica, l'amore e la letteratura variamente provarono l'irrequietezza e l'impulsività del suo temperamento complicato in varî scandali, fu perfino in prigione, in seguito a un amore poco fortunato. In quell'anno di segregazione scrisse una tra le sue migliori storie sentimentali (Amor de perdiåao). Nella maturità, ormai celebre per l'eccellenza artistica e per la vigorosa partecipazione alle più vive polemiche del suo paese, non poté trovare la quiete spirituale della vecchiaia: perduta la vista, si uccise. La passionalità con cui visse contrassegna la varia attività del poeta, del critico, del giornalista, del polemista, e soprattutto del narratore abbondante. Nella sua prosa romanzesca, ricca di elementi sentimentali e di diversi orientamenti letterarî, preferì l'azione esaltata e avventurosa, i caratteri complicati e accesi dalla veemenza dell'amore e dell'odio. Una volta è Eugenio Sue che ne tenta lo spirito, come nei Mysterios de Lisboa (1857). Alquanto macchinoso, non trovava nella giovinezza quella varietà di figure e di situazioni a cui tendeva la sua febbrile ansia fantastica. Le sue creature ci appaiono un po' idealizzate (letterati tra scettici e ingenui, figure di donne fatali), le tonalità accese e tipizzate (atmosiera avventurosa, patina autobiografica e romantica, sorprese e imprevisti negl'intrecci e negli sviluppi psicologici), con una sensibilità esaltata e scomposta. Più obiettiva si fa l'arte nella Filha do Arcediago (1855), Onde esta a felicidade? (1856), e le Memorias de Guilherme do Amaral (1863). Tentò la satira in Queda dum anjo (1866); la nota paesana e cronachistica nelle Novellas do Minho; e nelle pagine di Eusebio Macario, Corja, e Vulcões de Lama, in cui faceva la caricatura della scuola realistica, disegnò con vigore rappresentativo scene e tipi di grande verità umana.
Opere: Oltre alle citate, Anathema (1854); Livro Negro do Padre Diniz (1855); Um homem de brios; Amor de Salvaåão; Brasileira de Prazins, ecc.; cfr. Obras de C. C. B., Lisbona 1902.
Bibl.: M. Pinheiro Chagas, C. C. B., in Ensaios críticos, 1866, pp. 7-48; A. Pimentel, O Romance do Romancista Vida de C. C. B., Lisbona 1890; T. Braga, in As modernas ideias, I (1892), pp. 240-285; M. J. da Silva Pinto, Cartas de C. C. B., 1895; P. Osorio, Camillo, A sua vida, o seu genio, a sua obra, Porto 1908; J. de Faria, Criminosos e Degenerados em C., Coimbra 1908; O. Cesar, C. C. B., sua vida e sua obra, Lisbona 1914: A. do Prado Coelho, Camillo, Lisbona 1919. Cfr. Revista bibliográphica Camiliana, Lisbona 1916.