BONIOLI, Camillo
Nato a Lonigo (Vicenza) il 17 genn. 1729 da Antonio, proprietario terriero, dal 1748 frequentò all'università di Padova le lezioni del Morgagni, laureandosi nel 1750 in chirurgia. Fece quindi pratica per sei anni nell'ospedale fiorentino di S. Maria Nuova che, organizzato intorno alla metà del Seicento con larghezza di mezzi da Leopoldo de' Medici, era centro di una fiorente scuola chirurgica. Il B. vi coltivò soprattutto gli studi anatomici, avendo come maestri, tra gli altri, A. Cocchi e, soprattutto, A. Benevoli, che ne intuì le doti e se lo associò nel lavoro. Visitò poi i principali ospedali italiani, soffermandosi in particolare a Bologna, alla scuola del Molinelli; ritornò poi al paese natale, ove esercitò la professione. Creatasi una solida fama, il B. si trasferi a Vicenza, ove dette il suo contributo all'organizzazione dell'ospedale cittadino, trasferito in una nuova sede. Qui fu coadiutore del primario Stella, a cui poi successe.
Frattanto erano sorte animate discussioni sulle teorie e sulla sistemazione della fisiologia approntata da Albrecht Haller: molto discussa era la sua trattazione della irritabilità. Il concetto di irritabilità, introdotto già da Glisson nel Seicento, veniva da Haller ristretto a designare una particolare proprietà dei muscoli isolati dal sistema nervoso, e veniva pertanto distinto dalla contrattilità e dalla sensibilità, che implicano invece la componente nervosa. La teoria di Haller, dimostratasi in seguito erronea, era stata ripresa da molti, tra i quali Tissot, Zimmermann, Zinn.
Il B. si interessò all'argomento, e compì su di esso delle ricerche, unitamente a Orazio Pagani di Arzignano, suo compagno negli anni fiorentini e a Vicenza. I risultati furono esposti nel Discorso teorico-pratico diO. M. Pagani,medico filosofo,e di C. B. chirurgo di Lonigo sulle parti sensibili ed irritabili, comparso nella prima parte del Supplemento agli opuscoli sulla insensitività, raccolti da G. B. Fabri (Bologna 1759). Nel 1767, il B. pubblicò un altro breve scritto, la Dissertazione medico-chirurgica... intorno alla malattia di un braccio,e di una mano disseccati naturalmente in guisa di mummia (Venezia).
Rimasta vacante per la morte del Vandelli la cattedra di chirurgia dell'università di Padova, il magistrato dei Riformatori allo Studio designò nell'aprile 1776 come suo successore il B., conferendogli l'incarico di insegnare istituzioni mediche, anatomia e chirurgia. Egli si applicò assiduamente all'insegnamento dalla cattedra.
Il B. insegnò anche chirurgia forense negli anni 1779, 1785, 1787 e 1791: i vari aspetti medico-legali di frequente riscontro nella pratica chirurgica venivano così considerati come parte integrante dell'insegnamento della chirurgia. Dal 1781 al 1784 il B. inserì nel suo corso la trattazione delle malattie degli occhi: le sue lezioni sull'argomento, raccolte dai suoi allievi G. B. Dovico e G. B. Celotti in un manoscritto recante il titolo di Trattato delle malattie dell'occhio e la data 1785, sono conservate presso la Civica Biblioteca Bertoliana di Vicenza, al n. 1798. Dall'esame di tali lezioni si può facilmente osservare, tra l'altro, come il B. fosse in grado di distinguere, sulla scorta soltanto delle sue cognizioni di semeiotica fisica, l'oftalmite gonorroica da quella luetica: due forme simili per complicazioni uveali, ma ben diverse per insorgenza e decorso. Nella pratica e nell'insegnamento, il B. si occupò anche di ostetricia.
Ma le sue doti si fecero valere particolarmente nella costante applicazione dei suoi rigorosi principi diagnostici, che prevedevano la limitazione degli interventi chirurgici ai casi di necessità. Gli stessi scritti citati, e l'altro che pubblicò negli anni padovani, il saggio Sopra le cancrene e sfaceli dipendenti da eccesso vigore delle forze vitali,o da languore ed affievolimento di queste forze, in Saggi scientifici e letterari dell'Accademia di Padova, I (1789), non sono che brevi parentesi della sua attività.
Il B., tuttavia, non era sostenitore di un empirismo spicciolo, non basato su solidi fondamenti anatomo-fisiologici; ma "aveva in odio la mania della stampa, ed inveiva acremente contro questo lusso del secolo" (Fanzago), perché, a suo avviso, il moltiplicarsi delle pubblicazioni danneggiava, più che non aiutasse, il progresso della scienza, oscurando il merito e la diffusione dei pochi buoni libri con la massa di quelli mediocri. In questo atteggiamento mentale e culturale possiamo scorgere simpatie passatiste così come propensioni avveniristiche, nell'adesione, da un lato, alla tradizionale empiria terapeutica delle scuole mediche e, dall'altro, alle esigenze critiche legate ai progressi della fisiologia.
La fama del B., che era specialmente versato in oculistica e in ostetricia, andò crescendo sempre più, tanto che ricorrevano alle sue cure pazienti da tutto il Veneto e perfino dall'estero. Costituitasi a Padova l'Accademia di scienze, lettere ed arti, il B. ne fu tra i primi membri, iscritto nella classe di "filosofia sperimentale": annualmente leggeva all'Accademia memorie su argomenti di chirurgia pratica. Dal 1789 la sua salute cominciò a declinare; morì a Padova il 13 dic. 1791.
Bibl.:F. Fanzago, Elogiodel Signor C. B., Padova 1792; M. Cesarotti-M. Franzoja, Accademici defunti, in Saggi scientifici e letterari dell'Accademia di Padova, III (1792), pp. 16 ss.; B. Gamba, Galleria dei letterati e artisti più illustri delle provincie veneziane, I, Venezia 1822, p. 53; II, ibid. 1824, p. 306; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, IV, Venezia 1837, p. 414; C. Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaisertums Oesterreich, II, Wien 1857, p. 53; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secc. decimottavo e decimonono, I, Venezia 1905, p. 208; B. Bertolaso, C. B. (1729-1791) maestro di chirurgia nell'Ateneo padovano, in Castalia, XVIII (1962), pp. 73-77; Id., Il contributo dell'oftalmologia padovana alle manifestazioni oculari delle veneropatie, in Acta medicae historiae patavina, XI (1964-65), pp. 17-22.