CAMBIAMENTI CLIMATICI.
– Perturbazioni del sistema climatico. Il riscaldamento globale dell’ultimo secolo. Le principali evidenze scientifiche del riscaldamento globale e i principali impatti. Scenari futuri. La duplice sfida dei cambiamenti climatici: mitigazione e adattamento. Bibliografia
I c. c. hanno assunto tra le emergenze globali una priorità tale da acquisire progressiva rilevanza nelle agende politiche dei vari Paesi.
Perturbazioni del sistema climatico. – Il bilancio energetico terrestre, ovvero il sistema climatico, può risultare perturbato da diversi fattori: a) mediante cambiamenti della radiazione solare incidente (per es., variazioni nella quantità di energia emessa dal Sole, variazioni dell’orbita della Terra attorno al Sole ed eruzioni vulcaniche che schermano parte della radiazione solare incidente); b) mediante variazioni dell’albedo (la frazione di radiazione solare che viene riflessa in varie parti della Terra, dalla copertura nevosa, dal ghiaccio, dalla vegetazione, dai deserti, dalle particelle aerosol in atmosfera ecc.), provocate, per es., da cambiamenti di uso del suolo (la conversione di foreste in terreni agricoli determina ulteriori effetti, quali riduzione dello stoccaggio di carbonio nella vegetazione, emissione di anidride carbonica, CO2, nell’atmosfera, modifiche all’evapotraspirazione e variazioni nelle emissioni di radiazione terrestre; Foley, De-Fries, Asner et al. 2005); c) mediante variazioni delle concentrazioni atmosferiche del vapore acqueo e di altri gas-serra, emessi dalle attività umane, come la CO2, il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e i gas fluorurati a effetto serra, che assorbono e riemettono verso la superficie terrestre la radiazione emessa dalla Terra stessa (un aumento delle concentrazioni atmosferiche di tali gas-serra provoca un rafforzamento dell’effetto serra globale, ovvero il cosiddetto riscaldamento globale del pianeta).
Tra i gas-serra il più importante e abbondante in atmosfera è il vapore acqueo, parte del ciclo idrologico (un sistema chiuso a scala globale di circolazione dell’acqua), che dagli oceani e dai continenti raggiunge l’atmosfera in un ciclo continuo di evaporazione, traspirazione, condensazione e precipitazione. Il vapore acqueo non è un gas ben mescolato nell’atmosfera, ovvero non può essere rappresentato da una concentrazione atmosferica globale, contrariamente agli altri gas-serra, CO2, CH4, N2O e gas fluorurati a effetto serra, dei quali possono essere specificate le rispettive concentrazioni atmosferiche globali. Questi ultimi, sono presenti in quantità minore in atmosfera rispetto al vapore acqueo, sebbene la quantità di CO2 risulti circa mille volte superiore a quelle di CH4 e N2O.
Inoltre, il sistema climatico terrestre è anche influenzato da vari meccanismi di feedback o retroazione. I vari feedback giocano un ruolo importante nella variabilità del sistema climatico. Per es., se l’atmosfera si riscalda, la concentrazione atmosferica di vapore acqueo in generale aumenta, portando a un’intensificazione ulteriore dell’effetto serra, che causa ancora più riscaldamento globale e così via (feedback del vapore acqueo).
Le nuvole giocano un importante duplice ruolo: in generale, esse assorbono la radiazione terrestre, contribuendo al riscaldamento globale, ma, allo stesso tempo, riflettono verso l’alto anche la radiazione solare incidente sulla Terra, contribuendo quindi al raffreddamento del sistema climatico. In sintesi, le nuvole, a seconda delle loro caratteristiche (tipologia, contenuto d’acqua, altitudine, dimensione delle particelle, forma e tempo di permanenza) possono contribuire al raffreddamento o al riscaldamento della Terra. Anche gli aerosol giocano un analogo duplice ruolo: alcuni, aumentando la riflettività atmosferica, raffreddano il sistema climatico, mentre altri (per es., il black carbon), assorbendo la radiazione solare, lo riscaldano.
Le attività umane possono contribuire ai c. c. tramite le emissioni antropogeniche di gas-serra (CO2, CH4, N2Oe i gas fluorurati a effetto serra), detti anche gas clima-alteranti, e di aerosol e tramite i cambiamenti di uso del suolo (per es., la deforestazione, che causa rilascio di CO2 e variazioni nell’albedo).
L’anidride carbonica è prodotta principalmente mediante l’uso di combustibili fossili per la produzione di energia, le attività industriali, i trasporti, la produzione di cemento, la combustione di biomassa e la deforestazione. Il metano è emesso da attività umane come la produzione dei combustibili fossili, le discariche dei rifiuti, l’agricoltura e l’allevamento. Quando è rilasciato nell’atmosfera, il metano intrappola il calore con un’efficienza superiore a 23 volte circa quella dell’anidride carbonica, sebbene il suo ciclo in atmosfera, oscillando tra i 10 e i 15 anni, risulti più breve rispetto a quello della CO2 (100 anni circa). Il protossido di azoto è prodotto principalmente mediante l’uso di fertilizzanti a base di nitrati nelle attività agricole e la produzione di prodotti chimico-industriali con utilizzazione di azoto, per es. nel trattamento dei liquami; questo gas ha una capacità di assorbimento del calore superiore a 310 volte circa quella della CO2. I gas fluorurati a effetto serra sono gli unici gas-serra che non esistono in natura, ma sono stati prodotti a fini industriali; essi sono i più potenti gas clima-alteranti, in quanto hanno una capacità di assorbimento del calore superiore a 22.000 volte circa quella della CO2, restando nell’atmosfera per migliaia di anni. Tali gas sono utilizzati a fini di raffreddamento e refrigerazione, inclusa l’aria condizionata, come gli idrofluorocarburi (HFC), nell’industria elettronica come l’esafloruro di zolfo (SF6) e sono emessi durante la manifattura dell’alluminio e utilizzati anch’essi nell’industria elettronica come i perfluorocarburi (PFC). Anche i clorofluorocarburi, peraltro responsabili della distruzione dello strato atmosferico di ozono, appartengono a questa categoria, ma sono in fase di progressivo smaltimento ed eliminazione grazie al Protocollo di Montreal. Infine, altri gas prodotti dalle attività umane possono influenzare il sistema climatico indirettamente, come il monossido di carbonio (CO), i composti organici volatili (VOC, Volatile organic compounds) e gli ossidi di azoto (NOx). Questi gas, mediante reazioni chimiche, alterano la concentrazione atmosferica di alcuni gas-serra, come il metano e l’ozono, e di alcuni aerosol.
Il riscaldamento globale dell’ultimo secolo. – Il clima della Terra ha subito soventi mutamenti, sebbene prevalentemente su scale temporali piuttosto ampie, che vanno dalle centinaia alle migliaia di anni. Tuttavia, negli ultimi cento anni circa si è assistito a c. c. estremamente rapidi, di cui non si hanno precedenti. Tali c. c. hanno provocato un riscaldamento globale della Terra, testimoniato dal riscaldamento della troposfera e degli oceani, dalla riduzione delle calotte glaciali e dei ghiacciai montani e dall’innalzamento del livello medio marino. In questi ultimi anni la comunità scientifica mondiale ha raggiunto maggiore coscienza dell’influenza delle attività umane sul sistema climatico (IPCC 2013): infatti sono state stimate con maggiore precisione le forzanti radiative dei processi naturali e antropici che alterano il bilancio energetico della Terra e che costituiscono i drivers dei cambiamenti climatici. La forzante radiativa misura la variazione dei flussi di energia (in unità di W/m2), causata dai cambiamenti di ogni driver rispetto a un anno di riferimento, ed è calcolata nella tropopausa o negli strati più alti dell’atmosfera. Le forzanti radiative positive provocano un riscaldamento della superficie terrestre, mentre quelle negative determinano, invece, il suo raffreddamento. Le forzanti radiative sono stimate mediante osservazioni in situ e da satellite, mediante la conoscenza delle proprietà specifiche dei gas-serra e degli aerosol e mediante modelli numerici in grado di rappresentare i processi osservati.
Nell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (IPCC 2013), la forzante radiativa totale calcolata per il 2011 rispetto al 1750 è positiva e ha provocato un assorbimento di energia da parte del sistema climatico, cui ha contribuito maggiormente l’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera a partire dal 1750. In particolare, dal 1750 al 2011 le attività umane hanno determinato una forzante radiativa positiva nell’intervallo di 1,13-3,33 W/m2 con 2,29 W/m2 come valore più probabile, che è aumentata più rapidamente dal 1970 (al 2011) rispetto ai decenni precedenti. Le sole emissioni di CO2 hanno provocato una forzante radiativa nell’intervallo 1,33-2,03 W/m2 con 1,68 W/m2 come valore più probabile, mentre la forzante radiativa prodotta dall’effetto totale di tutti gli aerosol in atmosfera (quindi includendo anche il black carbon) è pari a −0,9 [da −1,9 a −0,1] W/m2. Confrontando la forzante radiativa dovuta alle attività antropogeniche con quella causata dalle variazioni dell’irradianza solare (0-0,10 W/m2 con 0,05 W/m2 come valore più probabile), si è potuto valutare che l’effetto antropogenico di riscaldamen to risulta maggiore dell’effetto solare di riscaldamento. Tale dato è significativo, in quanto si deve rilevare che i fattori naturali che possono aver causato i c. c. dal 1750 a oggi sono: variabilità solare, meteoriti, eruzioni vulcaniche e meccanismi interni di variabilità climatica (da escludersi i parametri orbitali della Terra che hanno periodicità di molte migliaia di anni). Nel corso degli ultimi due secoli circa non si è assistito a impatti provocati da grandi meteoriti e le eruzioni vulcaniche hanno causato un impatto sul clima a corto termine ovvero della durata di pochi anni. Misurazioni molto accurate, cominciate alla fine degli anni Settanta, hanno mostrato che la variabilità dell’irradianza solare in questi ultimi decenni è incentrata su un ciclo di 11 anni (variazioni di circa 0,1%) e non presenta una tendenza di crescita tale da giustificare la rapida accelerazione nell’aumento della temperatura media globale. Valutando gli innumerevoli studi concernenti la stima delle forzanti radiative si è ritenuto estremamente probabile che l’influenza umana (aumento delle emissioni di gas-serra e cambio di uso del territorio) possa essere la causa dominante del riscaldamento osservato sin dalla metà del 20° sec. (IPCC 2013).
Le principali evidenze scientifiche del riscaldamento globale e i principali impatti. – È innegabile il riscaldamento del sistema climatico, confermato da cambiamenti osservati senza precedenti a partire dagli anni Cinquanta: aumento delle temperature medie globali dell’atmosfera e degli oceani, fusione dei ghiacciai montani e dei ghiacci artici e innalzamento del livello medio globale marino (IPCC 2013; IPCC,Climate change 2014: Impacts, adaptation, and vulnerability). La temperatura media globale superficiale è aumentata nel periodo 1880-2012 di 0.85 °C e, in particolare, nell’emisfero settentrionale il periodo 1983-2012 è stato il trentennio più caldo degli ultimi 1400 anni. Il tasso di riscaldamento della temperatura atmosferica superficiale terrestre è compatibile con quello della temperatura atmosferica nella media (circa 5 km) e alta troposfera (10 km), mentre l’aumento della temperatura media sull’Artico è due volte maggiore dell’aumento medio globale. I dati osservativi di precipitazione non mostrano, invece, una chiara tendenza sia in aumento sia in diminuzione, sebbene la precipitazione media nell’emisfero settentrionale alle medie latitudini abbia subito un aumento dagli inizi del 20° secolo. Per quanto concerne gli eventi estremi meteoclimatici, si devono segnalare le evidenze seguenti (IPCC 2014a): a livello globale dal 1950 il numero delle giornate e delle notti fredde è diminuito, mentre quello delle giornate e notti calde è aumentato; la frequenza delle ondate di calore è aumentata in Europa, Asia e Australia; la frequenza o l’intensità degli eventi di forte precipitazione è aumentata nel Nord America e in Europa; a livello globale non vi sono sufficienti dati, invece, che provino una tendenza di aumento o diminuzione nel numero annua le di cicloni tropicali (i dati satellitari hanno evidenziato soltanto nell’Oceano Atlantico dal 1970 una correlazione tra aumento delle temperature superficiali marine tropicali e aumento del numero di cicloni tropicali di maggiore intensità). I dati osservativi marini hanno evidenziato un riscaldamento oceanico, dagli strati superficiali fino ai 2000 metri di profondità, con un riscaldamento superficiale di 0,11°C per decennio nel periodo 1971-2010. Negli ultimi vent’anni, le calotte glaciali di Groenlandia e Antartide hanno perso massa e i ghiacciai montani si stanno progressivamente ritirando in quasi tutto il pianeta, mentre l’estensione del ghiaccio marino artico e la copertura nevosa primaverile nell’emisfero settentrionale continuano a diminuire in estensione. Nel periodo 1901-2010 il livello globale medio marino è cresciuto di 0,19 m con un tasso medio di innalzamento di 1,7 mm/anno, ma con tassi medi più alti negli ultimi decenni (3,2 mm/anno nel periodo 1993-2010). Le concentrazioni atmosferiche dei principali gas-serra hanno subito tutte un significativo aumento a partire dall’inizio dell’era industriale (40% per la CO2, 150% per il CH4 e 20% per il N20), dovuto alle attività umane, raggiungendo i valori più elevati degli ultimi 800.000 anni. In particolare, la concentrazione di CO2 è cresciuta da circa 280 ppm (parti per milione, numero di molecole di CO2 in un milione di molecole di aria) nell’era preindustriale a 396 ppm nel 2013. L’oceano ha assorbito circa il 30% dell’anidride carbonica di origine antropogenica emessa, subendo il fenomeno dell’acidificazione marina: il pH delle acque dell’oceano superficiale è diminuito di 0,1 unità dall’inizio dell’era industriale, che è pari a una crescita del 26% della concentrazione degli ioni idrogeno.
Le emissioni antropogeniche totali di gas-serra sono aumentate in maniera significativa dal 1970, nonostante l’attuazione delle politiche climatiche in vari Paesi e la crisi economica globale del 2007-08, che ha solo temporaneamente ridotto le emissioni. Per es., dal 2000 al 2010 le emissioni annuali di gas-serra sono cresciute in media di 1 miliardo di tonnellate di anidride carbonica equivalente (1 GtCO2eq) all’anno. Tale dato costituisce un tasso di crescita annuale molto più elevato di quello relativo al periodo 1970-2000 che è stato pari a 0,4 GtCO2eq all’anno. Questo aumento delle emissioni antropogeniche è dovuto soprattutto alla produzione di energia e alle attività del settore industriale, mentre il contributo, pur sempre consistente, delle attività legate all’uso del suolo (agricoltura e foreste) è rimasto stabile. La situazione estremamente critica delle emissioni antropogeniche è chiaramente evidenziata dalle emissioni accumulate (cumulative emissions). Circa la metà delle emissioni accumulate dal periodo preindustriale (prendendo il 1750 come anno di riferimento) al 2010 sono state prodotte negli ultimi 40 anni. Nel 2010 sono stati emessi 49 GtCO2eq, di cui la maggior parte (32 GtCO2eq) riconducile all’uso di combustibili fossili, con un contributo del 78% circa all’aumento totale di gas-serra dal 1970 al 2010 (IPCC, 2014b).
Scenari futuri. – Le proiezioni climatiche basate sugli scenari di emissioni globali, analizzate nell’ultimo rapporto IPCC (2013), prevedono che la temperatura media globale superficiale atmosferica potrebbe aumentare tra 1,0 e 3,7 °C alla fine del 21° sec., a seconda degli scenari applicati e dei modelli usati; esse, inoltre, evidenziano un possibile aumento di precipitazione media annuale alle alte latitudini e una sua probabile diminuzione nelle aree subtropicali e alle medie latitudini. Le ondate di calore potranno verificarsi con una frequenza e una durata maggiore in molte aree del pianeta, mentre gli eventi di intensa precipitazione potranno aumentare e intensificarsi alle medie latitudini e nelle regioni umide tropicali. Le proiezioni relative all’innalzamento del livello medio globale marino per la fine di questo secolo prevedono un possibile aumento tra 0,40 e 0,63 m, in rapporto sempre agli scenari applicati e ai modelli usati. Il ghiaccio marino potrebbe ridursi maggiormente nell’Artico nel corso di questo secolo e anche l’estensione del permafrost superficiale alle alte latitudini settentrionali potrebbe diminuire fino a perdere una percentuale pari all’80% nello scenario peggiore. Infine, le proiezioni climatiche, vincolate agli attuali tassi di crescita, mostrano come le emissioni di gas-serra possano causare un riscaldamento globale nel corso di questo secolo di circa 3-4 °C rispetto ai valori odierni.
La duplice sfida dei cambiamenti climatici: mitigazione eadattamento. – I c. c. presentano una duplice problematica. In primo luogo, si deve evidenziare che per prevenirne le gravi conseguenze occorre agire prontamente e drasticamente per ridurre le emissioni antropogeniche di gas-serra e intervenire sul mutamento di uso del territorio (mitigazione dei cambiamenti climatici), al fine di pervenire a una economia mondiale decarbonizzata (IPCC, 2014a). Queste misure di mitigazione devono essere attuate con decisione dai Paesi maggiormente produttori di emissioni di gas-serra e, preferibilmente, sulla base di un trattato o protocollo globale internazionale che stabilisca chiari impegni di riduzione per tutti i Paesi come è oggetto di discussione nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (v. protocollo di kyoto, politiche internazionali e scenari emissivi). In secondo luogo, anche prevedendo una significativa riduzione delle emissioni antropogeniche di gas-serra e di aerosol e della deforestazione nei prossimi decenni a seguito dell’attuazione di politiche di mitigazione su scala nazionale e globale, gli impatti dei cambiamenti climatici, entro certi limiti, saran no inevitabili in molte aree del nostro pianeta nel corso di questo secolo e anche oltre, per cui si renderà necessaria un’azione di adattamento alle nuove condizioni climatiche (IPCC, 2014b). Adattamento significa riduzione del rischio e dei danni derivanti dagli impatti attuali e futuri dei c. c. in maniera efficace sotto il profilo economico e mediante, se possibile, lo sfruttamento dei relativi potenziali benefici. L’adattamento non deve apparire come un’alternativa alla riduzione delle emissioni di gas-serra: le misure di mitigazione dovranno essere accompagnate da misure di adattamento, al fine di raggiungere l’obiettivo di costruire una società più resiliente ai c. c. e più sostenibile.
Tuttavia, l’effetto benefico delle riduzioni delle emissioni di gas-serra non sarà percepito dal sistema climatico a breve termine. Per esempio, il periodo di vita della CO2 in atmosfera è pari a circa 100 anni prima che la stessa venga in buona parte riassorbita dalle piante e dagli oceani. Pur mantenendo costante il livello delle emissioni nei prossimi anni, la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera continuerà ad aumentare, determinando inevitabili impatti sul sistema climatico. È necessario, invece, agire per ridurre drasticamente e in tempi brevi le emissioni di gas-serra, al fine di stabilizzare la concentrazione di anidride carbonica al di sotto di un determinato livello, stimato dalla comunità scientifica ricorrendo a una soglia di temperatura media superficiale a livello globale: tale temperatura non deve superare i 2 °C rispetto al livello preindustriale, in quanto, se ciò avvenisse, i conseguenti effetti sarebbero troppo gravi per essere sostenuti dall’attuale sistema socioeconomico. Al fine di raggiungere questo obiettivo la comunità scientifica stima che la concentrazione atmosferica globale, presi complessivamente in considerazione tutti i gas-serra, deve mantenere un livello pari a circa 450 ppm CO2eq. Questo implica il raggiungimento del picco delle emissioni di gas-serra entro i prossimi decenni, a cui dovrà seguire una drastica riduzione delle emissioni (dell’ordine del 40-70% rispetto al 2010 entro il 2050 e poi del 100% entro la fine del 21° sec., IPCC, 2014b). L’attuazione delle suddette riduzioni impone sfide di tipo tecnologico, economico, sociale, istituzionale, ma un eventuale ritardo del processo di mitigazione non farà altro che accrescere tali sfide nel prossimo futuro. Sono pertanto d’obbligo obiettivi quali l’aumento dell’efficienza energetica e la produzione di energia con tecnologie a basso o zero contenuto di carbonio (già esistenti e disponibili), in particolare le tecnologie per l’uso delle energie rinnovabili (v. rinnovabili, energie). Al fine di raggiungere la stabilizzazione a 450 ppm CO2eq, il contributo dell’energia a basso e zero contenuto di carbonio deve aumentare dall’attuale 30% all’80% entro il 2050 e al 90% entro il 2100, e i sussidi per le attività legate ai gas-serra nei vari settori devono essere ridotti in rapporto al contesto socioeconomico (IPCC, 2014b).
Come già è stato chiarito precedentemente, a fianco del processo di mitigazione, devono essere attuate misure di adattamento ai vari impatti dei c. c., che si verificano o possono verificarsi in molte aree del pianeta: per es., modificazione del regime delle precipitazioni, riduzione delle risorse idriche, aumento della frequenza degli eventi estremi meteoclimatici (ondate di calore, eventi di intensa precipitazione tali da provocare alluvioni) e aumento delle siccità. I settori economici, che dipendono dalle condizioni climatiche, come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, il turismo balneare e montano, la sanità, il trasporto, il sistema energetico, i servizi finanziari e le assicurazioni, potranno risentire fortemente delle conseguenze di tali impatti. In Europa, per es., i costi relativi ai danni causati da eventi estremi meteoclimatici sono aumentati da 9 miliardi di euro negli anni Ottanta a 13 miliardi di euro negli anni Dieci del 21° sec. (EEA 2012). Diventa fondamentale agire in via preventiva attraverso l’attuazione di misure di adattamento a determinati impatti dei c. c., in quanto i costi di tali azioni preventive risulteranno meno onerosi, sotto il profilo socioeconomico, rispetto a quelli conseguenti ai danni dovuti agli stessi impatti (Stern 2007). Le misure di adattamento presentano una grande varietà a seconda dei settori e delle aree di attuazione: la costruzione di difese contro le inondazioni e l’innalzamento di argini artificiali per far fronte all’innalzamento del livello marino; l’adeguamento delle norme edilizie in vigore per far fronte alle future condizioni climatiche, in particolare, agli eventi estremi meteoclimatici che potranno verificarsi in futuro; l’uso più efficiente di risorse idriche scarse; lo sviluppo di colture resistenti alla siccità; la selezione di specie e di prassi silvicole meno sensibili alle precipitazioni intense e agli incendi; l’elaborazione di efficaci piani territoriali che tengano conto dell’eventuale mutamento delle condizioni climatiche. L’adattamento deve essere pianificato con adeguate strategie a livello locale, regionale e nazionale, che abbiano l’obiettivo di rendere le società più resilienti ai c. c., e che siano attuate mediante piani che presentino idonee allocazioni di risorse finanziare e sistemi di monitoraggio dell’efficacia delle misure attuate (IPCC, 2014a).
Bibliografia: J.A. Foley, R. DeFries, G.P. Asner et al., Global consequences of land use, «Science», 2005, 309, pp. 570-74; N. Stern, The economics of climate change: The Stern review, Londra 2007; European environment agency (EEA), Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012, Copenhagen 2012; IPCC, Climate change 2013. The physical science basis. Contribution of working group I to the fifth assessment report of the Intergovernmental panel on climate change, ed. T.F. Stocker, D. Qin, G.-K. Plattner et al., Cambridge-New York 2013; IPCC, Climate change 2014. Impacts, adaptation, and vulnerability. Part A: global and sectoral aspects. Contribution of working group II to the fifth assessment report of the Intergovernmental panel on climate change, ed. C.B. Field, V.R. Barros, D.J. Dokken, et. al., Cambridge-New York, 2014a; IPCC, Climate change 2014. Mitigation of climate change. Contribution of working group III to the fifth assessment report of the Intergovernmental panel on climate change, ed. O. Edenhofer, R. Pichs-Madruga, Y. Sokona et al., Cambridge-New York 2014b.