CALORE SOLARE
. Le prime misure di calore solare risalgono alla fine del sec. XVIII. I metodi seguiti sono due: statico e dinamico: nel primo si misura l'eccesso finale della temperatura di un corpo esposto al sole su quella dell'ambiente, nel secondo si misura l'aumento di temperatura che la radiazione solare provoca in un tempo determinato. Dai risultati di queste osservazioni si può risalire alle quantità di energia radiante che il sole manda su un'area data in un tempo determinato. Il calore che giunge ad ogni minuto primo su un cmq. esposto normalmente ai raggi solari, fuori dell'atmosfera terrestre, si chiama costante solare.
Uno dei primi sperimentatori che abbia tentato questo problema è il De Saussure che, fino dal 1774, impiegò il metodo statico. Egli teneva un termometro entro una scatola di legno chiusa dalla parte esposta al sole con un coperchio a triplice parete di vetro; il termometro interno giungeva anche a 110° mentre l'ambiente era a soli pochi gradi. Al De Saussure si devono pure le osservazioni simultanee di due termometri, uno all'ombra e l'altro col bulbo annerito al sole. Altro dei primi apparecchi è certo il lucimetro di Marsilio Landriani (18I8): esso consta di tre termometri, uno annerito, uno dorato e il terzo a bulbo scoperto. Arago e Davy tennero due termometri, uno annerito e l'altro ordinario, in due palloncini di vetro vuotati d'aria ed esposti al sole.
I primi risultati importanti si ebbero quando John Herschel, nel 1825, consigliò il metodo dinamico, che adottò egli stesso nelle esperienze che fece al Capo di Buona Speranza fino al 1838. Il suo primo apparecchio, che chiamò attinometro, è una specie di grosso termometro di vetro contenente una soluzione di solfato ammoniacale, posto dentro una cassetta di legno annerita internamente e chiusa dalla parte rivolta ai raggi solari mediante una lastra di vetro. Egli teneva l'apparecchio per un minuto al sole, per un minuto all'ombra, e osservava gli aumenti e le diminuzioni di temperatura. Conoscendo la capacità termica dell'apparecchio, deduceva il calore ricevuto in un minuto. Un secondo attinometro di Hersehel consisteva in un vero calorimetro, del quale egli seguiva l'andamento termico, tenendolo prima per quattro minuti all'ombra, dopo per 10 al sole e infine per 10 all'ombra. Egli esprimeva il calore solare in attini per minuto primo, avendo definito per attino la quantità necessaria a fondere 1 μ di spessore di ghiaccio a 0° nell'area colpita. Egli trovò cosi che a ogni minuto primo verrebbe fuso uno spessore di μ 191-222 di ghiaccio, ciò che corrisponde a 1,5 piccole calorie per minuto primo e per cmq. Da questi dati egli risalì al calore che giungerebbe se l'atmosfera terrestre non ne assorbisse alcuna parte. La costante solare risulterebbe 2,25. ll metodo-del Pouillet è un perfezionamento di questo. L'apparecchio, che egli chiamò pireliometro, è certo il più noto fra tutti; il Crova lo modificò sostituendo l'acqua con il mercurio. Il Pouillet, per dedurre l'assorbimento dell'atmosfera terrestre, faceva le misure a varie ore del giorno. Per costante solare dedusse il valore 1,763.
Il metodo statico è stato seguito nelle determinazioni di Waterston, del Secchi, di Violle, di Crova, ecc. Gli apparecchi dei primi tre sono quasi eguali: un termometro ha il bulbo annerito sull'asse di un cilindro o nel centro di una sfera a doppie pareti, tenute a temperatura press'a poco costante e nota. I raggi solari penetrano nell'apparecchio attraverso apposita apertura e scaldano il termometro fino a un massimo. Il Waterston nell'India trovava un eccesso che giungeva a 27°,8; il Secchi a Roma un eccesso di 14°, indipendente dalla temperatura dell'ambiente; Soret sul M. Bianco, a 4800 m., 21°13. Al metodo dinamico hanno ancora fatto ricorso, Rizzo, Abbot coi loro pireliometri a sfera o a disco d'argento, ma, mentre ì pireliometri di Herschell e di Pouillet dànno direttamente il valore della radiazione che ricevono, questi richiedono il paragone con uno dei precedenti, perciò sono chiamati secondarî, mentre gli altri sono detti primarî.
Più recentemente si sono usati i pireliometri elettrici di Ångström, Chwolson, Amerio, coi quali si è ritornati al metodo statico, guadagnando molto in speditezza e precisione. Nel pireliometro di Ångström due la minette eguali e annerite di manganina vengono alternatamente, esposte ai raggi solari, mentre in quella non esposta si manda una corrente elettrica, regolabile in modo da portarla alla stessa temperatura alla quale il sole porta l'altra. Due eguali pinzette termoelettriche fissate ai centri delle due laminette sono chiuse in opposizione su un galvanometro sensibile e dànno l'indicazione se la temperatura delle due laminette sia la stessa. Sia i la corrente; indicando con C una costante strumentalc facilmente deducibile, si ha che la radiazione solare per cmq. c per minuto è data da Ci2 Lo Chwolson ha modificato quest'apparecchio, però il suo pireliometro è secondario. Quello di Amerio è primario, ha una sola laminetta di manganina, al centro della quale è saldata la pila t.e. Esposta la laminetta normalmente ai raggi solari, si legge la deviazione che si ottiene in un buon galvanometro e si deduce il valore della radiazione avendo già tarato l'apparecchio. Inoltre esso è un pireliometro integrale, perché la lamìnetta fa parte di un corpo nero a pareti speculari.
Per avere un'idea del progresso che si è fatto in queste misure, basta dire che per eseguirne una col metodo di Herschel occorrevano 4 minuti di osservazione all'ombra, 10 al sole, altri 10 all'ombra, totale 24 minuti; con quello di Pouillet, rispettivamente 5, 5 e 5, totale 15; , con quello di Amerio se ne fanno 12 in 5 minuti.
Sono ora in uso anche apparecchi registratori. Un metodo radicalmente diverso si deve al Langley, il quale misurò le quantità di calore che vengono dal sole con le singole lunghezze d'onda dello spettro, per mezzo di uno spettrometro a prisma di sale e del suo bolometro lineare. Egli applicò questo metodo al Monte Whitney in California e l'Amerio al Monte Rosa. Per dedurre l'effetto dovuto all'atmosfera terrestre, Langley introdusse l'uso delle osservazioni simultanee a quote diverse.
Calcolo della costante solare. - Dedotti dalle misure i valori della radiazione solare locale, si deve risalire al valore che essa dovrebbe avere fuori dall'atmosfera terrestre. I metodi sono varî, ma tutti malsicuri. Seguendo il Pouillet, si ricorre al paragone di misure fatte in differenti ore di uno stesso giorno. Si stabiliscono così due equazioni che permetterebbero di ricavare la costante e l'assorbimento dell'atmosfera terrestre, se non si dovesse obiettare che: 1. durante il giorno la costituzione dell'atmosfera varia; 2. la radiazione solare non è omogenea, ma consta di infinite radiazioni differenti per lunghezza d'onda e per poteri assorbenti. Questi, alla loro volta, sono di due specie: selettivo e diffusivo; il primo si verifica in massima nei bassi strati della troposfera, il secondo si verifica ovunque ed è tanto maggiore quanto minore è la lunghezza d'onda. Ne viene che gli strati superiori assorbono energicamente le onde píù corte, determinando un certo valore medio per il coefficiente di assorbimento, ma gli strati immediatamente sottostanti esercitano il loro assorbimento sulle radiazioni rimanenti, per le quali i poteri assorbenti sono minori, e per conseguenza agiscono come se in media il valore del potere assorbente fosse diminuito. Per queste due ragioni le due equazioni costituiscono un sistema indeterminato, che rimarrebbe tale anche ricorrendo a tre o quattro, ecc., talchè non resta che dedurre diversi valori della costante A per varie combinazioni degli spessori e poi determinare per extrapolazione il valore limite di A, ciò che cagiona incertezza e dà origine a tanti risultati per la costante solare quanti sono i metodi impiegati.
Migliore è il metodo di Langley delle stazioni simultanee ad altezze diverse; si elimina così in parte la prima obiezione e tanto meglio quanto, a parità di dislivelli, sono più prossime le stazioni; il calcolo si fa applicando varie relazioni, ma l'incertezza permane egualmente, perché il coefficiente di assorbimento degli strati superiori alla stazione piìi elevata non è quello degli strati compresi fra le due stazioni. Sarebbe scevro da entrambe le obiezioni il metodo fondato sullo studio fatto contemporaneamente in stazioni situate a quote diverse, per tutte le radiazioni omogenee dello spettro, ma questo studio è stato fatto solo parzialmente e bisognerebbe poterlo applicare ad altezze tali, che non fossero più da temere eventuali sensibili variazioni nella costituzione degli strati sovrastanti, durante una serie di misure, che è laboriosa e lunga.
Risultati. - Le incertezze che s'incontrano nel determinare il valore dell'assorbimento dell'atmosfera terrestre, rendono mal sicure le determinazioni della costante solare, per la quale, in conseguenza, si trovano valori molto diversi da un autore all'altro. Mentre infatti i valori delle radiazioni che si misurano nelle varie località, pure dipendendo dalla stagione e dal tempo, soprattutto a causa dei diversi spessori atmosferici attraversati, e dalla loro varia costituzione, sono abbastanza concordi e raramente giungono a 1,6 o 1,7 cal circa, i valori della costante solare vanno dal minimo del Pouillet 1,763 a 2,2 di Herschel, 2 del Belli, 3 circa del Bartoli, quasi 4 di Crova, per ritornare a 2,5 con Langley e Rizzo, 2,1 con Amerio e anche meno, fra 1,9 e 2 con Abbot e altri. Si direbbe che c'è stata una tendenza ad attribuire sempre maggiore importanza al valore dell'assorbimento dovuto all'atmosfera terrestre, fino ad un massimo, per ritornare poi a stime molto più moderate. Il problema si può dire sia tuttora in esame, sebbene non si abbiano dubbî che il valore della costante non possa differire notevolmente, in più o in meno, di 2 cal. È stata anche studiata la costante relativa alle varie regioni del disco solare, e l'autore ha trovato che essa è compresa tra 2.51 al centro, e, 1,18 al bordo.
Piccole e rapide variazioni della costante, che possono giungere al 4 o 5%, sono state trovate frequentemente e pare anche se ne riscontrino di più lente, di un ammontare press'a poco eguale. Le prime forse dovute al fatto che l'atmosfera solare non è omogenea e che perciò il sole non irradia uniformemente nelle varie direzioni; le altre dovute forse ad una variazione lenta dell'assorbimento dell'atmosfera solare e anche a una variazione periodica della temperatura della fotosfera solare.
Calore totale. - Ammesso per la costante il valore 2, si può calcolare facilmente la quantità totale di calore irradiata dal sole perché non c'è ragione che il sole irradî in misura notevolmente diversa nelle varie direzioni. Si trovano 5,65.1027 piccole calorie, pari a quanto ne darebbero 7.1017 tonnellate di carbone bruciando completamente con ossigeno, di modo che, ammesso che in tutto il mondo si consumino ogni anno mille milioni di tonnellate di carbone, un solo minuto di radiazione solare darebbe tanto calore da bastare al consumo mondiale per oltre 700.000.000 di anni, mentre in un secondo darebbe tanto calore da sopperire all'attuale bisogno di carbone dell'Italia per oltre 1 miliardo di anni. Questa quantità farebbe fondere una massa di ghiaccio eguale alla massa terrestre in 83 minuti, e se incontrasse normalmente alla base un cilindro di ghiaccio avente per sezione la sezione della terra lo farebbe fondere così rapidamente che la superficie solida arretrerebbe di 9 chilometii al secondo, e in un solo secondo ne fonderebbe una crosta spessa oltre 2 km., che avviluppasse la terra. E infine attribuendo alla terra il calore specifico 1, ad ogni minuto questo calore la scalderebbe di un 1° e in due giorni la farebbe fondere tutta. È difficile quindi farci un'idea di una quantità così grande e, poiché il sole è la fonte della vita terrestre, la ricerca della causa di tanta energia è del massimo interesse.
Dall'entità del calore irradiato dal sole, ammesso che la fotosfera sia un radiatore perfetto si deduce che la temperatura della sua superficie è di circa 7000° in scala assoluta centigrada. L'interno è certamente molto più caldo e, secondo il See, potrebbe giungere a parecchi milioni di gradi. I moti convettivi che avvengono tra la fotosfera e gli strati sottostanti più caldi, servono a mantenere la superficie a temperatura costante, apportandole quel calore che essa irradia. Oltre a irradiare luce e calore, la superficie solare proietta in tutto lo spazio, e con velocita grandissima, delle particelle tenuissime (circa 1 μ di diametro) per via della pressione che la sua radiazione esercita; e anche per fare questo lavoro occorre una rilevante quantità di energia. Ci sono dunque due cause di raffreddamento del sole, e di queste la prima è di gran lunga prevalente.
Se si ammette per calore specifico della massa solare l'unità, poiché la massa è 2.1033, il raffreddamento di un grado corrisponde all'emissione di 2.1033 calorie e basterebbe per 360.000 minuti, cioè duecentocinquanta giorni circa, ciò che darebbe quasi 4000° dalla fondazione di Roma ad oggi. Anche ammesso come ovvio che l'abbassamento non sia uniformemente distribuito per tutta la massa solare, e che gli strati inferiori, molto più caldi, compensino parzialmente questa diminuzione di temperatura, basterebbe che il raffreddamento della fotosfera fosse anche solo un decimo di quello calcolato, perché la radiazione totale del sole si fosse ridotta di un quinto, con evidente effetto sul clima.
Pure tramontata appena nata è la teoria chimica (riesumata da Arrhenius), secondo la quale il calore solare proverrebbe dalle reazioni esotermiche, perché, anche ammesso che la massa solare consista per 1/9 d'idrogeno e per e 8/9 di ossigeno, la reazione completa, che darebbe acqua (della quale non si scopre traccia sul sole), produrrebbe 7,5.1036 calorie, le quali basterebbero a mantenere costante la temperatura solo per 2500 anni.
Lord Kelvin pensò alla materia cosmica che in parte ruota intorno al sole e che finisce col cadere su di esso. Enorme è la quantità di calore che ne può venire. Un grammo che cada sul sole, partendo da distanza praticamente infinita, genererebbe 46 milioni di piccole calorie, si che per far fronte all'enorme irraggiamento basterebbe che ogni anno cadesse su di esso una massa eguale a 1/94 della terra. Se questa massa provenisse tutta da distanza superiore a quella della terra, aumenterebbe l'attrazione terra-sole, diminuirebbe la loro distanza e si accorcerebbe l'anno sensibilmente. Ma in parte questa massa potrebbe già trovarsi fra i pianeti e il sole, e allora la variazione potrebbe non essere avvertibile; tuttavia non è probabile l'esistenza di masse sufficienti per assicurare uno sviluppo costante del calore solare nel volgere di molti secoli.
Pertanto maggior credito ebbe la teoria di Helmholtz che fa derivare il calore dalle trasformazioni di energia potenziale della massa solare. La densità di questa è infatti relativamente piccola: 1,4 circa, e perciò il processo di contrazione che, dall'enorme rarefazione della nebulosa solare originaria, ha portato il sistema allo stato attuale, può continuare. Basterebbe una contrazione tale che il diametro solare diminuisse ogni anno di 70 m. per compensare la perdita di calore. Ora, tale contrazione equivale a 1 su 10.000 in 2000 anni, e poiché le misure del raggio solare non si possono fare con grande esattezza, essa sfuggirebbe all'osservazione per molto tempo ancora. Se poi si osserva che certamente sul sole deve cadere una massa notevole di materia cosmica, parte della quale già compresa entro l'orbita di Mercurio, se si tien conto che, mentre da un lato questa massa genera del calore, quindi diminuisce il fabbisogno fornito dalla contrazione, e in conseguenza diminuisce anche la contrazione medesima, dall'altro in parte la deve mascherare, si comprende che la teoria di Helmholtz sia molto suggestiva.
Nello stato attuale della fisica non è possibile esaminare a fondo altre teorie, però è ovvio che dal momento che si conoscono altre sorgenti di energia, in queste possa ricercarsi l'origine di una posizione grande o piccola del calore solare. Accenniamo per ciò ai fenomeni radioattivi e alle trasformazioni di materia in energia.
Un grammo di radio emette ad ogni minuto due cal; per sopperire al calore solare bisognerebbe che sul sole vi fossero grammi 2,8.1027 di radio, cioè poco più di un milionesimo della massa solare; ma poiché esso si trasforma nei suoi derivati, dovremmo pensare che si rigenerasse dall'uranio col quale dovrebbe quindi trovarsi in equilibrio radioattivo. Date le rispettive costanti di trasformazione, si deduce che la quantità di uranio necessaria per essere in equilibrio con la massa calcolata di radio, dovrebbe essere 7,5.1033, cioè quasi il quadruplo della massa solare stessa. Però non è da escludere la partecipazione dei fenomeni radioattivi al calore solare, anzi, dato che l'elio esiste nel sole, l'esistenza dei fenomeni radioattivi è molto probabile. Anch'essi, come la caduta di eventuali aeroliti sul sole, mentre contribuiscono al calore solare, ne mascherano in parte la contrazione. Resta ad accennare alla possibilità di trasformazioni atomiche. Certo negli atomi si hanno delle quantità enormi di energia, e nelle trasformazioni da una specie ad un'altra le variazioni eventuali delle masse potrebbero produrre le enormi quantità di energia che il sole irradia. Basta pensare che se un grammo di idrogeno si trasformasse in elio, si dovrebbe avere la perdita di gr. 0,0077 nella massa, alla quale corrisponderebbe una produzione di 0,0077.9.1020 erg, pari a 1,65.1011 cal, di modo che, per sopperire all'irradiazione del sole, basterebbe che in un anno si trasformasse in elio la massa di gr. 1,8.10222, il che vuol dire che se una massa di idrogeno eguale alla terra si trasformasse in elio, si produrrebbe il calore necessario per oltre 300.000 anni. Ma noi non sappiamo come questa trasformazione potrebbe in realtà avvenire, e nemmeno sappiamo nulla delle reali condizioni nelle quali si trova il sole, immediatamente al di sotto della fotosfera; perciò allo stato attuale delle nostre cognizioni dobbiamo ritenere la considerazione precedente come una pura ipotesi, e dobbiamo convenire che la causa prima del calore solare che noi possiamo accettare come più soddisfacente, risieda nella trasformazione dell'energia potenziale in termica, mediante la contrazione immaginata da Helmholtz, coadiuvata, secondo ogni probabilità, da varie fonti ausiliarie, quali potrebbero essere la caduta di materia cosmica sul sole, le trasformazioni radioattive e forse anche le trasformazioni di atomi da una specie ad un'altra.