CALICUT (propr. Kolikodu; A. T., 93-94)
Porto della costa del Malabar (India Inglese) situato a 11° 15′ N. e 75° 47′ F., a 652 km. di ferrovia da Madras.
Aveva 82.334 ab. nel 1921, compreso il Cantonment, dei quali circa 45 mila indù, 34 mila maomettani, e il resto quasi tutti cristiani. L'aspetto della città è pittoresco, con larghe strade ombreggiate da vegetazione tropicale nella quale predominano le palme. Il clima può dirsi salubre. La tradizione attribuisce la fondazione di Calicut al sec. IX. Gli scrittori arabi del sec. XIII descrivono la città coi suoi magnifici edifici, attribuendole uno dei primi posti fra i porti di quella costa; la sua importanza commerciale crebbe sino a tutto il sec. XV.
Le colture del distretto alimentano una discreta esportazione di caffè, noci di cocco, cotone e legname.
Storia. - Calicut fu il primo punto d'approdo delle spedizioni portoghesi in India. Era però già conosciuta in Occidente, come ci attesta Nicolò dei Conti, il notissimo viaggiatore veneziano che di lì passò: anche il russo Nikitin, dopo aver traversato l'India, a Calicut s'imbarcò alla volta del Golfo Persico. Il primo a toccare Calicut, venendo dall'Occidente, fu Pietro da Covilham, che il re del Portogallo Giovanni II aveva mandato, con Alfonso da Payva, in Etiopia e in India, nel 1487. Pochissimo tempo dopo vi approdarono i due genovesi Girolamo da Santo Stefano e Girolamo Adorno; nel 1489, infine, Vasco da Gama, il quale cercò di entrare in relazione col sovrano (che era chiamato sāmūtiri dal sanscr. sāmundri "re del mare"; gli scrittori europei trasformarono questo nome in zamorin). Le prime trattative, condotte dal capitano Nicola Coelho, portarono a un permesso di sbarco e all'inizio di traffici, a base di scambî, che furono interrotti per lo scoppio di movimenti popolari, dovuti in parte a ragioni religiose, in parte a suggestioni di Arabi, timorosi che il lucroso loro commercio di spezie venisse a mancare. Liberatosi da una specie di prigionia larvata, Vasco da Gama pose alla vela ritirandosi a Cananor, dove ebbe migliori accoglienze. In seguito, i Portoghesi ebbero a Calicut una fattoria, che però fu distrutta: nuovamente fondata dal Cabral nel suo primo viaggio, nuovamente fu distrutta a furore di popolo.
Una vivace descrizione di Calicut, del suo re, della corte di lui, dei costumi popolari in quegli anni ci ha lasciato Lodovico di Varthema, che colà dimorò fra il 1505 e il 1506, fingendosi musulmano e santone. Da lui sappiamo che due mercanti milanesi avevano insegnato agl'Indiani a costruire artiglierie e a maneggiarle, fornendo così al sovrano una potente arma per resistere ai Portoghesi. Il Varthema, fuggito a Cananor, avvertì i Portoghesi dei grandi preparativi del sovrano di Calicut, e prese poi parte alla battaglia navale tra le forze di lui e l'Almeida, combattutasi presso Cananor. Dopo il 1580, declinata la dominazione portoghese in India, pare che gli Olandesi non ponessero piede a Calicut, già abbandonata dai Portoghesi, concentratisi a Diu.
Nel 1615 il capitano inglese Keeling stipulò una convenzione in base alla quale, solo nel 1664, venne aperta dalla Compagnia delle Indie una semplice fattoria. Più tardi si ha notizia di una fattoria fondata dalla Francia. Ambedue sembra coesistessero finché il sultano del Mysore, Ḥaidar‛Alī, cacciò Francesi e Inglesi durante la guerra da lui sollevata (1765). Anche il governo danese vi stabiliva una fattoria nel 1752, distrutta poi nel 1784. Gl'Inglesi riebbero la loro fattoria dopo la pace di Versailles (1783); non così i Francesi. Il successore di Ḥaidar‛Alī, Tippoo-Sāḥib, insorto contro la Compagnia, le ritolse Calicut; gl'Inglesi la riconquistarono solo nel 1792, e da allora la loro dominazione non fu più seriamente turbata. Nel 1869 la città fu costituita in municipalità.
Bibl.: Itinerario di L. da Varthema, Milano 1928, p. 291 segg.; The Oxford Survey of the British Empire, Oxford 1923, II, passim.