cadere
. Il verbo è frequente in tutte le opere di D.; ricorre più volte anche nel Fiore, mai invece nel Detto.
Per la morfologia, da notare le forme: caggion(o), che compare due volte nella Commedia (If VII 14 e Pg II 6) e due volte nel Convivio (II XV 5 e III XIII 11), mentre non è mai attestata la forma cadono; il cong. caggia, come III persona, presente quattro volte nella Commedia (If VI 67, Pg IV 37, VI 100, Pd VII 78), sempre in rima, così come in rima si trova una volta nelle Rime dubbie (I 13), e una nel Fiore (CXCI 13), nell'interno del verso, mentre cada si trova usato una volta sola, nella Commedia (Pg XX 127), in fin di verso; e il ger. caggendo, presente una sola volta (XIV 49), accanto a cadendo, anch'esso una sola volta (XXVII 3). L'alternanza cad-/cagg- è normale nei secoli XIII e XIV: tra i predecessori e i contemporanei di D. si trovano per es. documentati caggiono in B. Giamboni, caggia nei Fioretti e in Bartolomeo da San Concordio. Le forme con -gg- saranno da spiegare risalendo al latino volgare *cadēre per caděre; donde *cadeo, *cadeat > *cadjo, *cadjat > caggio, caggia, analogamente a video, videat > veggio, veggia, a sedeo, sedeat > seggio, seggia, ecc. Per il futuro e il condizionale, accanto alle forme sincopate cadrò, cadrai, cadran(no), cadrebbe, si trovano usate caderà, una volta, e caderebbe, due volte, sempre nel Convivio (I VIII 13, III V 10). Negli altri modi e tempi, la coniugazione è uguale a quella dell'uso odierno (pass. rem. caddi, cadde, caddero).
Nell'opera dantesca, come già nella lingua del Duecento, il verbo ha pressoché tutta la ricchezza di significati e di usi che gli sono propri oggi, e che del resto erano già nel latino classico cadere; ma non sono pochi i casi in cui la fantasia del poeta gli acquisisce valori nuovi, soprattutto in usi traslati. Accezioni fondamentali:
1. " Precipitare ", " scendere velocemente ", riferito sia a corpi materiali sia a corpi animati: Cv III V 9 è da sapere, che se una pietra potesse cadere da questo nostro polo, ella cadrebbe là oltre nel mare Oceano (ma in Pg
XV 20 e tanto si diparte / dal cader de la pietra, l'espressione ‛ c. de la pietra ' indica la linea perfettamente verticale, la linea a piombo); Vn XXIII 5 e pareami che li uccelli volando per l'aria cadessero morti; e con riferimento a fenomeni celesti: Pd I 133 sì come veder si può cadere / foco di nube. Da notare la locuzione ‛ c. di mano ', da D. usata in senso figurato (" non essere più in potere di "), in Pg II 6 la notte... / uscia di Gange fuor con le Bilance, / che le caggion di man quando soverchia. Altri esempi in If XIII 45, Pd XXIV 5, Cv I I 10, Vn XXIII 24 52.
Riferito ad acque scorrenti, " precipitare ", " gettarsi giù da un dislivello ", " formare cascata ": If
XVI 2 Già era in loco onde s'udia 'l rimbombo / de l'acqua che cadea ne l'altro giro (altri esempi in XVI 101 e Pg XXII 137); oppure, " gettarsi in altro corso d'acqua ": If XX 78 non più Benaco, ma Mencio si chiama / fino a Governol, dove cade in Po. Con il senso di " precipitare " è detto anche della pioggia, della neve, ecc.: Pg V 119 la pioggia cadde, ed a' fossati venne; XXI 47 non pioggia, non grando, non neve, / non rugiada, non brina più sù cade / che la scaletta di tre gradi breve; e nel bel passo della Vn XVIII 5 e sì come... vedemo cadere l'acqua mischiata di bella neve, così mi parea udire le loro parole uscire mischiate di sospiri. Altri esempi in Rime C 20 e in Fiore CXXI 3. Per analogia, riferito alla pioggia di fuoco, in If XIV 28 (con uso sostantivato: Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento, / piovean di foco dilatate falde) e XIV 33; mentre in Rime CIV 23, riferito alla pioggia di lacrime, ha piuttosto valore di " scendere ": il nudo braccio, di dolor colonna, / sente l'oraggio [" la pioggia "] che cade dal volto. Possono essere considerate usi figurati delle precedenti accezioni le tre immagini tipicamente dantesche di Pg XXIII 62 De l'etterno consiglio / cade vertù ne l'acqua e ne la pianta / rimasa dietro, ond'io sì m'assottiglio (scende cioè nei frutti della pianta e nell'acqua che vi scorre sopra il potere di far dimagrire i golosi al punto che in loro da l'ossa la pelle s'informava, v. 24); di Pd VIII 104 quantunque quest'arco saetta, / disposto cade a proveduto fine, allusivo all'influenza dei cieli, che trasmettono sulla terra quanto è disposto dalla provvidenza divina; di Pg VI 100 giusto giudicio da le stelle caggia / sovra 'l tuo sangue.
Se riferito a persona, è per lo più unito all'avverbio ‛ giù ', ‛ giuso ', come in If XXV 15 e XXVI 45, e in Pg XXV 117, è esplicitamente indicato il luogo da cui si precipita, come in Pg XIII 80 (da quella banda / de la cornice onde cader si puote); il valore fondamentale del verbo rimane anche quando è adoperato a significare la cacciata di Lucifero dal Paradiso dopo la sua ribellione (If XXXIV 121, Pd XXVII 27 e XIX 48; in quest'ultimo passo, peraltro, vi è accostamento all'immagine del frutto che cade dall'albero: E ciò fa certo che 'l primo superbo, / che fu la somma d'ogne creatura, per non aspettar lume, cadde acerbo), oppure la discesa o la destinazione dell'anima all'Inferno o al Purgatorio, come in If XXVII 26, XIII 97, XXXIII 125, Pg XXV 85. Seguito da ‛ su ' o ‛ sopra ', o con l'indicazione del luogo dove la cosa caduta si posa: If XXXII 29 se Tambernicchi / vi fosse sù caduto, o Pietrapana; Fiore CCV 6 Sopra te cadran le sorte; e con riferimento a persona, in Rime XCV 4 que' che vide nel fiume lombardo / cader suo figlio, in If XXII 141 ambedue cadder nel mezzo del bogliente stagno, e Pd XVII 63 la compagnia malvagia e scempia / con la qual tu' cadrai in questa valle (dove la valle indica, per traslato, la miseria dell'esilio che Cacciaguida predice al poeta). Riferito al seme, si hanno tre esempi, tutti e tre del Convivio: IV XX 5, XXI 4, XXII 12. Della locuzione ‛ c. tra le mani ' (con il senso di " venire a trovarsi improvvisamente "), Si ha un esempio in Fiore II 6 tu mi se' intra le man caduto / per le saette di ch'i' t'ho feruto. Altrove, riferito a persona, non esprime di necessità che vi sia un salto in basso, e si avvicina perciò all'accezione seguente; così in Cv I XI 4 Però è scritto che " 'l cieco al cieco farà guida, e così cadranno ambedue ne la fossa "; e Pg XVI 129 la Chiesa di Roma, / per confondere in sé due reggimenti, / cade nel fango, dove è da rilevare il significato traslato dell'espressione ‛ c. nel fango '. Altri usi figurati del verbo in Cv I XI 5 e Fiore CXLIV 11.
2. " Abbattersi ", " atterrarsi ", " afflosciarsi ", detto di cose materiali, di animali, di persone, o in senso figurato: Pg XX 127 quand'io senti', come cosa che cada, / tremar lo monte; If VII 14 e 15 Quali dal vento le gonfiate vele / caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, / tal cadde a terra la fiera crudele; XXI 85 Allor li fu l'orgoglio sì caduto; mentre in Pg XII 96 (o gente umana, per volar sù nata, / perché a poco vento così cadi?) l'espressione ‛ c. a poco vento ' va intesa " lasciarsi abbattere da difficoltà non gravi ", " non saper resistere a tentazioni lievi " (con allusione al racconto evangelico di Matt. 14, 29 ss.). Più esplicitamente, nelle locuzioni c. ‛ a terra ' o ‛ in terra ' (If VII 15, Rime LXVII 64), ‛ c. giuso ' (If XXV 87 e 121); ma frequenti anche gli usi assoluti, o con varie determinazioni e comparazioni, in versi di forte efficacia rappresentativa: lf VI 93 cadde con essa a par de li altri ciechi, detto di Ciacco; III 136 e caddi come l'uom cui sonno piglia; If V 142 E caddi come corpo morto cade; Pg XXXI 89 Tanta riconoscenza il cor mi morse, / ch'io caddi vinto; Rime LXVIII 22 E allor non trarrà sì poco vento / che non mi meni, sì ch'io cadrò freddo; inoltre, If XXIV 112, Fiore LVI 14, mentre in lf X 110 (Or direte dunque a quel caduto, cioè a Cavalcante, ricaduto disteso dentro il suo avello) si ha un esempio di participio passato sostantivato. Con uso assoluto, indica l'improvviso troncarsi della vita, soprattutto in combattimento (come in Pg V 102, dove il poeta fa parlare Bonconte: e quivi caddi, e rimase la mia carne sola) o senza aver potuto condurre a termine l'impresa (Stazio la gente ancor di là mi noma: / cantai di Tebe, e poi del grande Achille; / ma caddi in via con la seconda soma, Pg XXI 93); altri esempi in Pg V 83 e Rime CIV 80; inoltre, riferito ad animale abbattuto, in Pd XVI 70 cieco toro più avaccio cade che cieco agnello.
3. " Scendere ", cioè " essere in pendio ": Pg XII 106 così s'allenta la ripa che cade / quivi ben ratto da l'altro girone; o " stendersi in giù ", detto dei capelli (I 36) de' quai cadeva al petto doppia lista; o " scorrere verso il basso ", di acque, come in Pg XIV 49, dove Vassi caggendo, riferito alla riviera, cioè all'Arno, significa " procede scendendo sempre più a valle "; per estensione, " dirigersi e posarsi in basso ", riferito allo sguardo: Pg XXX 76 Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte. Riferito al sole o alle stelle, " tramontare ": If VII 98 e Pg XVIII 81.
In usi figurati, " scadere ", " decadere " da una condizione in altra peggiore, o " scendere " moralmente in basso: Pd VII 78 e s'una [creatura] manca, / di sua nobilità convien che caggia; If VI 67 Poi appresso convien che questa [la parte selvaggia, cioè la fazione dei Bianchi] caggia f infra tre soli, e che l'altra sormonti; Pg XXX 136 Tanto giù cadde, che tutti argomenti / a la salute sua eran già corti. Altri esempi in Pd XXIX 55, dove si accenna alla caduta e decadenza degli angeli in seguito al peccato di superbia di Lucifero; in Pd XIII 142, Rime CVI 25, Fiore CXCI 13.
4. " Capitare ", " incorrere ", con complemento di luogo figurato: c. in errore (Cv III XV 9), in colpa (I II 11), in peccato (If XXVII 109), in laide cose (Cv IV XXV 7), in malattia (Fiore LXVII 1), in più affanno (Pd IV 111), in uno smarrimento (Cv II X 3), in fatica di sospiri (III XIII 11), in inreverenza (IV vili 15), e c. in sentenza, a mie sentenze (Fiore XXXIX 8 e CXXVI 14); di c. in vertute di qualcuno, cioè in suo potere, si ha un esempio in Rime dubbie 113 (ma la lezione del verso, così come di tutta la chiusa del sonetto, è molto incerta).
5. " Spegnersi ", " svanire ", o " dissolversi ", " dileguarsi ": Pg XVII 43 così l'imaginar mio cadde giuso; Cv II XIII 10 Molti vocabuli rinasceranno che già caddero (frase che traduce l'oraziano " Multa renascentur quae iam cecidere... / vocabula ", Ars poet. 70-71); Cv II XV 5 dubitarioni, le quali... caggiono, quasi come nebulette matutine a la faccia del sole; I VIII 13 Onde suole dire Martino: " Non caderà de la mia mente lo dono che mi fece Giovanni ". " Terminare ", " avere esito ": Cv IV II 12 tutto quel parlare che 'n numeri e tempo regolato in rimate consonanze cade. Per tutte queste ultime accezioni, si confrontino anche i passi latini: et cadet invidia quam nunc habet ipse Pachynus (Eg IV 59); et sic cadit ratio instantiae principalis (Quaestio 42); pulcerrimae tamen se habent ultimorum carminum desinentiae, si cum rithimo in silentium cadant (VE II XIII 7).
I passi controversi si possono ridurre a tre soli, due nella Commedia (e riguardano l'interpretazione del verbo), e uno nel Convivio, che riguarda invece piuttosto la lezione.
Per Pg IV 37 Nessun tuo passo caggia, parole di raccomandazione rivolte a D. da Virgilio (che così seguita: pur su al monte dietro a me acquista, / fin che n'appaia alcuna scorta saggia), i commentatori sia antichi sia moderni oscillano tra le interpretazioni " scenda in basso ", " Si rivolga indietro ", " devii a destra o a sinistra ", volgendone il senso a un'interpretazione morale (" non ti allontanare dalla via della virtù intrapresa "); lo Scartazzini-Vandelli e il Parodi ( in " Bull. " XXIII [1916] 41), pur divergendo in qualche particolare, concordano nell'intendere genericamente la frase come " non fare nessun passo che non sia in salita ", avvicinandosi così all'interpretazione che si ritiene oggi più probabile, cioè " nessun tuo passo vada perduto ", " cada invano " (Casini-Barbi, Del Lungo, ecc.). Di un uso del verbo c. riferito a passo i vocabolari non danno altri esempi.
Per Pg XXVII 3 cadendo Ibero sotto l'alta Libra, già gli antichi (Iacopo della Lana, Ottimo, Pietro Alighieri, Benvenuto, Anonimo e vari altri) mostrano di intendere c. come " essere ", " trovarsi "; e così anche alcuni dei moderni, quali il Tommaseo (nel commento: " Cadere qui vale trovarsi, corrispondere di posizione; senso usitatissimo della voce "; ma nel Dizionario il verso si trova citato sotto la definizione " Isboccare, metter foce, detto di fiume "), la 5a Crusca (" Cadere sotto una cosa, vale Rimanere, Esser posto sotto a quella "; e dopo la citazione del passo dantesco seguita: " Qui propriamente significa: mentre l'Ebro, o sia la Spagna, trovasi precisamente sotto il segno della Libra "), e alcuni dei commentatori più recenti. Ma altri, antichi e moderni, hanno creduto di dover piuttosto attribuire al verbo il senso di " scorrere in giù ", " correre al mare ", " scendere a valle "; così il Vellutello: " Cadendo Hibero, perché i fiumi cadono verso quella parte che correno "; così Bernardo Daniello: " per ciò si dice... che Ibero, fiume occidentale, veniva a cadere..., cioè discendere al mare "; e così ancora Venturi, Lombardi, Andreoli, Torraca, Casini-Barbi, Scartazzini-Vandelli. In due note pubblicate in " Lingua nostra " (XII fasc. 4; XLII fasc. 2), il Maggini e il Porena difendono l'interpretazione più antica: " trovarsi, essere situato " (Maggini), o " venire a capitare " (Porena); sarà quindi senz'altro da intendere: quando l'Ebro, o la Spagna in genere, viene a trovarsi sotto il segno della Libra; che era appunto l'interpretazione proposta dalla Crusca.
Nel Convivio, il passo dubbio è in IV XI 9 E dico che più volte a li malvagi che a li buoni pervegnono li retaggi, legati e caduti. Nei vocabolari, è questo l'unico esempio citato per caduto riferito a eredità, e la parola è spiegata " ricaduto, scaduto " (Tommaseo Bellini), " ricaduto, passato d'uno in altro " (Crusca), " conferito per successione naturale senza testamento " (Battaglia). Il commento di Busnelli fa proprie le interpretazioni di Cavazzoni-Pederzini (" legati per volontà; e caduti, per ordine di naturale successione ") e del Rossi, che meglio determinava caduti " con successione ab intestato ". Ma nel diritto romano la distinzione era fra eredità testamentaria ed eredità caduca; " caduca haereditas eadem ratione dicitur qua caducum legatum, quod ad fiscum defertur vel ad substitutum... Caducum ex lege Papia legatum erat relictum sub conditione, qua deficiente, vel vivo vel mortuo testatore, cadebat et redibat vel ad testatorem vivum, vel ad substitutum eo mortuo " (così Calvinus nel Lexicum iuridicum, Colonia 1622, 130, citato dal Busnelli). Per questo motivo, propone il Busnelli di sostituire a caduti la lezione caduchi o piuttosto caduci (perché facile a esser letto caduti); e per la lezione caduci propendono anche il Nardi (Grande Antologia filosofica, Milano 1954, 1219, n. 1) e il Quaglio (in appendice alla 2a ediz. del Convivio, Firenze 1964, II 519).