BRANCHIOPODI
(dal gr. βράγχια "branchie", e πούς "piede").- I Branchiopodi, detti anche Fillopodi, costituiscono un ordine dei Crostacei Entomostraci. Essi, diffusi in tutto il mondo, popolano le acque dolci: alcune specie sono però esclusive delle acque marine; e alcune poche sono persino adattate a vivere nelle acque a elevata concentrazione salina. Notevole è la loro grande differenza di forma e di grandezza; interessante ne è poi la biologia.
Il nome di Fillopodi è anche assai appropriato (da ϕιλλον "foglia" e πούς "piede"), perché in realtà tutte le singole parti delle estremità bifide assumono un aspetto foliaceo; e in modo speciale tale aspetto viene assunto dall'epipodite, un'espansione ovulare, che è il vero e proprio organo della respirazione. La funzione delle estremità è quindi duplice e contemporanea: nuoto e respirazione.
L'ordine si divide in due sottordini: Eufillopodi e Cladoceri. Gli Eufillopodi si suddividono in Anostraci (es. Artemia, Tanymastix, Branchipus), Notostraci (es. Thriops, volg. Apus) e Concostraci (es. Limnadia). In tutti gli Eufillopodi il corpo è molto segmentato e numerose sono quindi le estremità. Nei Cladoceri invece (es. Daphne, Bosmina, Chydorus, Bythotrephes, Leptodora) il corpo è scarsamente segmentato, poche sono le estremità; assai esigue le dimensioni. Si comprende quindi che nell'ordine siano insieme riunite forme di aspetto assai differente. Tondeggianti e tozze sono per esempio le Dafnie e le Bosmine, allungati e snelli i Branchipus, le Artemie, ecc. I giganti poi dell'ordine, gli Apus (Thriops), ricoperti come sono di uno scudo dorsale e con un numero di estremità molto notevole, si distaccano da tutte le altre specie per un aspetto oltremodo caratteristico. Strani sono poi anche i minuscoli Bythotrephes con il loro caratteristico prolungamento a foggia di spina. E ancora, le eleganti Leptodorae somigliano di più, a primo aspetto, a certe larve acquatiche di Ditteri, che non ad un crostaceo. In tutto l'ordine domina insomma una tale differenza nella segmentazione e quindi nella forma del corpo, e una tale varietà di organi e di appendici, adattate alle più diverse funzioni (di galleggiante, di remo, di timone), che, a primo aspetto, vi sarebbe da dubitare sull'omogeneità del gruppo: soltanto lo studio dello sviluppo dimostra che essi sono anatomicamente uniformi in tutti i principali sistemi organici.
Dall'uovo fecondato si sviluppa di solito la larva caratteristica dei Crostacei detta nauplius. Essa è liberamente natante, di forma ovale, apparentemente non segmentata e con tre paia di estremità, delle quali il secondo paio è adattato alla funzione di nuoto. Una macchia frontale impari costituisce un occhio assai primitivo, che in generale regredisce molto durante lo sviluvpo, sino anche a scomparire del tutto. L'accrescimento del nauplius è poi dato dall'iniziarsi e dal progredire dall'avanti all'indietro della segmentazione del corpo; successivamente dall'abbozzarsi e poi dallo svilupparsi, ai lati di ciascun segmento, delle tipiche estremità. Notevole è la comparsa di un nuovo organo della vista: si sviluppano infatti gli occhi laterali composti, portati all'estremità di un peduncolo in molte specie; sessili invece e singolarmente avvicinati alla linea mediana del corpo negli Apus; fusi insieme in un unico grande occhio, pure sessile, nei Cladoceri.
Biologia. - La riproduzione avviene per mezzo di due sorta di uova: le une, a involucro sottile, vengono dette subitanee, perché si sviluppano rapidamente e direttamente senza passare per lo stadio di nauplius nella stessa camera incubatrice della femmina; le altre, a involucro molto più spesso, vengono invece deposte e sono dette durature perchè possono resistere anche lunghissimo tempo alle vicissitudini dell'ambiente, persino al quasi completo disseccamento. Anzi negli Apus, che, a quanto pare, producono e depongono solamente uova durature, il disseccamento e un lungo periodo di latenza sembrano indispensabili affinché possano svilupparsi.
La maggior parte delle specie è anfigonica, e in quasi tutti gli Eufillopodi si osserva un assai spiccato dimorfismo sessuale. In questi casi, il 2° paio di antenne del maschio assume un singolare sviluppo, trasformandosi in un organo di prensione. Per mezzo di tale organo, talvolta anche elegantemente ramificato, il maschio rimane ancorato alla femmina, e in tale posizione le coppie nuotano insieme anche per parecchi giorni di seguito, senza mai distaccarsi. In talune specie (v. apus; artemia) e in determinate località, non si osservano mai maschi; la riproduzione è in tal modo affidata alle femmine indefinitamente partenogenetiche. Nei Cladoceri poi si osserva la partenogenesi ciclica; vale a dire che nel ciclo biologico della specie, dopo un certo numero di generazioni partenogenetiche viene intercalata una generazione anfigonica, dopo la quale la specie ritorna a svilupparsi partenogeneticamente.
Le uova partenogenetiche dei Cladoceri sono, salvo qualche eccezione, subitanee; sono invece sempre durature le uova fecondate. Queste vanno ad allogarsi in una camera speciale, costituita da una duplicatura della pelle e foggiata a sella (ephippium); da tali efippî le uova in seguito si distaccano per rimanere libere e sciolte sul fondo. Per mezzo di tali uova, anche se la totalità della popolazione avesse a estinguersi (ad esempio per l'evaporazione completa delle acque) la specie potrebbe sopravvivere, perché, non appena sopraggiungano le circostanze favorevoli, le uova si sviluppano. In generale nei Cladoceri dei grandi laghi europei la comparsa dei due sessi, la successiva fecondazione, e quindi la produzione di uova durature, avviene una volta all'anno, e precisamente col sopraggiungere dell'inverno (specie monocicliche). Talvolta, invece, possono durante l'anno essere intercalate anche parecchie generazioni anfigoniche (specie policicliche). Infine talvolta la sessualità è andata completamente perduta, e la specie si riproduce sempre ed esclusivamente per mezzo di femmine partenogenetiche (specie acicliche). Come facilmente si comprende, la specie ha molto maggiori probabilità di non estinguersi quando le generazioni sessuate sono parecchie nel corso dell'anno e, conseguentemente, risultano numerose le uova durature.
Perciò tra i Cladoceri delle acque soggette a forti evaporazioni sopravvivono solo le specie policicliche; le specie monocicliche non possono resistere a periodici annientamenti dell'intera popolazione, perché una volta sola nell'anno depongono uova durature.
Variabilità. - Alcuni Eufillopodi (v. artemia) variano sensibilmente in relazione con la variazione di un determinato fattore: cioè la salsedine delle acque. Quando l'ambiente è omogeneo, come praticamente avviene per le acque dolci, si osserva in complesso che le specie comprese nel sottordine degli Eufillopodi sono costanti nella forma. I Cladoceri invece variano quasi tutti notevolmente, e principalmente sulle specie dei generi Daphne e Bosmina si è meglio approfondito il problema della variabilità, vistosissima soprattutto nella forma e nello sviluppo del capo. In queste specie esiste anzitutto una variabilità che si ripete sempre nello stesso modo in uno stesso periodo dell'anno, e poiché le generazioni si susseguono regolarmente, appare logico inferire che ciascuna generazione abbia il proprio particolare modo di reagire all'ambiente, cioè che la variabilità debba essere ciclica (ciclomorfosi), come ciclico è il succedersi delle generazioni partenogenetiche, dopo che è stata intercalata la generazione sessuata. Finché studiamo la ciclomorfosi di una specie sempre nello stesso bacino acqueo, si ripete sempre la stessa variazione ciclica. Ma se si osserva invece la ciclomorfosi della stessa specie che popoli un bacino acqueo separato dal primo, si nota che essa non è più identica a quella prima osservata; ogni bacino acqueo, grande o piccolo che sia, può avere una popolazione di Cladoceri con una propria caratteristica ciclomorfosi; il che significa che ciascuna popolazione deve possedere una propria norma di reazione dovuta a cause costituzionali; vale a dire, ciascuna popolazione è un vero e proprio biotipo. In altre parole, molte delle cosiddette buone specie di Cladoceri descritte sino ad ora non sono nient'altro che singoli componenti di una grande specie collettiva; e, di conseguenza, nei casi suddetti la specie non potrà mai venire esattamente conosciuta e definita, se non quando si conosca perfettamente il campo di variabilità dei suoi singoli componenti, vale a dire dei suoi singoli biotipi.
Utilità economica. - I Cladoceri hanno, insieme con altri organismi planctonici, notevole importanza per la piscicoltura di acqua dolce. Le Bosmine e le Dafnie, mercé un complicato apparato di filtrazione, trattengono per la propria alimentazione, e sfruttano quindi una enorme quantità di minutissimi organismi animali e specialmente vegetali. Orbene, per i giovani pesci, e anche per gli adulti (per quanto riguarda le specie di Coregoni), l'alimento preponderante è costituito dagli organismi planctonici, di cui i Cladoceri sono gran parte. Si comprende quindi, senz'altro, che le cause che favoriscono lo sviluppo di questi agiscon indirettamente anche sull'aumento numerico di quei pesci che si alimentano di fauna planctonica. Infatti la presenza e l'abbondanza per esempio dei Coregoni (di cui la pesca, anche nei laghi italiani, ma specialmente sul lago di Costanza, dà incremento a un' industria fiorentissima) è in istretta dipendenza con la presenza e l'abbondanza della suddetta fauna planctonica: cosicché tutte le cause che si oppongono, o che sono favorevoli all'aumento di essa, si riflettono successivamente sul rendimento delle pescate.
Bibl.: K. Lampert, Das Leben der Binnengewässer, Lipsia 1910, pp. 272-304; P. Schulze, Biologie der Tiere Deutschalnds, fasc. 14, Euphyllopoda fasc. 15, Cladocera, Berlino 1925; W. Kükenthal, Handbuch der Zoologie, III, Berlino e Lipsia 1927, p. 305-398.