FANTUZZI, Bonifacio
Nacque a Bologna intorno al 1450, figlio di primo letto del mercante Fantuzzo di Tuzzolo. Grazie all'eredità dello zio omonimo, pure mercante, poté compiere gli studi giuridici presso lo Studio bolognese, dove si addottorò in diritto civile il 13 marzo 1482. Già nello stesso anno il F. teneva la Lectura institutionum, seguita, negli anni successivi, da quelle di Infortiatum e Digestum novum. Il 17 dic. 1485, compiuti i prescritti tre anni di lettura, il F. venne aggregato al Collegio di diritto civile. L'anno seguente sposò Polissena, figlia dell'illustre giureconsulto Alessandro Tartagni; rimasto vedovo, si risposò nel 1490 con Laura di Marco Sampieri, anch'essa proveniente da una famiglia di giuristi. Da questo matrimonio nacquero Fantuzzo, Giovanni Battista e Pantesilea.
L'insegnamento nello Studio costituì sempre l'attività principale del F., cui di tempo in tempo egli affiancò l'impegno nella vita pubblica, a cominciare dai due anzianati ricoperti nel 1495 e nel 1497. Più che a meriti di natura politica o intrinsechezza con i signori di Bologna si deve, dunque, al prestigio acquistato nello Studio una delle prime prove pubbliche del F.: nell'ottobre 1502, per incarico di Giovanni (II) Bentivoglio, minacciato di scomunica da Alessandro VI, il F. arringò i capifamiglia del quartiere di Porta Ravennate, invitandoli alla difesa della libertà dì Bologna ed al sostegno ai Bentivoglio, mentre Francesco Beroaldo, Virgilio Ghislieri e Floriano Dolfi tenevano discorsi analoghi negli altri tre quartieri della città. Nonostante questa pubblica espressione in favore dei Bentivoglio, imposta, per altro, da una particolare congiuntura, il F. non fece mai parte della schiera dei sostenitori e collaboratori dei signori di Bologna. In questo periodo si ricordano poche missioni diplomatiche da lui svolte: la più importante, guidata da Iacopo dal Gambero, portò il F. ad incontrare Giulio II in marcia contro Bologna nel settembre del 1506. L'esito della missione, che poteva dirsi disperata, venne ulteriormente compromesso dal contemporaneo omicidio compiuto a Bologna nella persona di Bernardino Gozzadini, padre del datario apostolico Giovanni.
I primi anni del potere pontificio a Bologna videro il F. più impegnato nell'attività accademica che in quella pubblica, alla quale venne richiamato nel 1508, allorché entrò in Senato in sostituzione di Francesco Fantuzzi, bandito per presunte congiure filobentivogliesche. Negli stessi anni il F. ebbe incarichi diplomatici a Roma ed in Romagna, nuovamente presso Giulio II; nel 1509 entrò per un bimestre negli Otto della guerra; nel 1510 fu deputato alla vendita dei beni dei ribelli.
Durante il breve ritorno dei Bentivoglio al potere (maggio 1511-giugno 1512) il F. non fu riconfermato fra i senatori - ora Sedici riformatori dello stato di libertà -, ma entrò nei gonfalonieri del Popolo.
Come ultimo, importante incarico pubblico, il F. guidò l'ambasceria inviata a Roma nel 1513 in occasione dell'elezione al soglio pontificio di Leone X.
Dato il recente ripristino dell'autorità pontificia su Bologna, più che un consuetudinario atto di ossequio al papa eletto ed un'altrettanto consuetudinaria richiesta di conferma delle condizioni che regolavano i rapporti fra Bologna e la Chiesa, la missione rappresentava l'occasione per trattare delicate questioni, quali l'organizzazione degli uffici, la costituzione di un magistrato cittadino da affiancare al legato pontificio, la qualità ed i modi di tassazione a beneficio della Camera apostolica. A ciò si aggiungeva il problema rappresentato dalle pressioni esercitate dai Bentivoglio sulla Curia pontificia per essere riammessi a Bologna, ipotesi contro la quale si pronunciò nettamente il F. in qualità di capo e portavoce dell'ambasceria.
Negli ultimi anni della sua vita il F. si dedicò interamente all'insegnamento presso lo Studio, in cui reggeva la prima cattedra di diritto civile e da cui non lo allontanò la richiesta giunta da Firenze che lo voleva nel Collegio dei giudici del locale tribunale di Ruota.
Morì a Bologna il 29 sett. 1518. Per lui i figli fecero eseguire nel 1529 dallo scultore Zaccaria da Volterra un sepolcro ornato di figure, forse collocato nella chiesa di S, Maria Maddalena.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Comune, Partitorum l., regg. 13-14; Ibid., Litterarum l., regg. 6-8; Ibid., Senato, Partiti, reg. 1, Lettere del Senato, Copiarii, a. 1513, Minute, a. 1513, Lettere degli ambasciatori aa. 1512-13, 1513-15, Lettere di Roma e di Firenze; Ibid., Archivio Fantuzzi Ceretoli, Memorie di scritture; b. II, Carte di contabilità, vacchetta di Fantuzzo di Bonifacio Fantuzzi; Le due spedizioni... di Giulio II... dal diario di Paride Grassi, a cura di L. Frati, in Doc. e studi... per la Dep. di storia patria per le provv. di Romagna, I (1886), pp. 55 ss.; I rotuli dei lettori legisti e artisti, a cura di U. Dallari, Bologna 1888-1889, I-II, ad Indicem; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, a cura A. Sorbelli, Bologna 1933, III, 1, pp. 316, 390; Il "Liber secretus iuris caesarei", a cura di C. Piana, Milano 1984, ad Indicem; P. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili bolognesi, Bologna 1670, p. 303; G. B. Guidicini, I Riformatori dello Stato di libertà, Bologna 1876, 1, p. 98; B. Farolfi, Strutture agrarie e crisi cittadina nel primo Cinquecento bolognese, Bologna 1977, pp. 22, 67.