ALBAN, Bonaiuto d'
Poco si conosce di sicuro intorno a questo viaggiatore, a cominciare dal nome, la cui forma è tutt'altro che certa. Certo è invece che dovette nascere a Venezia, probabilmente un po' più tardi della metà del Quattrocento. Forse era anch'egli un mercante, e appunto per questo si può pensare si trasferisse, come tanti altri suoi contemporanei, al Cairo, all'incirca intorno al 1480, quando era console veneto ad Alessandria messer Francesco Marcello. Dal Cairo l'A. passò in India, e vi rimase oltre una ventina d'anni. Alfonso d'Albuquerque, partendo dal Malabar dopo la sua prima spedizione in sul finire del gennaio 1504, condusse seco l'A. a Lisbona, dove il re Emanuele lo conobbe, e ne fece così buon giudizio, che lo assegnò come interprete, con lauta provvigione, all'armata di Francesco d'Almeida, primo viceré portoghese dell'India, partito da Lisbona nel marzo dell'anno seguente. Uno storico lusitano di quel tempo, il Barros, dice che l'A. era "uomo pratico e sapeva le lingue e ancora i negozî di quelle bande"; e S. Ruge non esita ad affermare che da lui l'Albuquerque ebbe importanti notizie sui lontani paesi degli aromi, e specialmente su Malacca: notizie che ebbero non poca influenza sulle spedizioni portoghesi posteriori.
Dal tempo del ritorno dell'Alban in India, si perdono definitivamente le sue tracce. Il Barros ci dice del resto che l'A. aveva sposato un'indigena, "una Giava", da cui ebbe figli. È probabile non abbia fatto ritorno in Europa, e ciò potrebbe spiegare il silenzio che su di lui serbano gli storici veneziani.