Divinità romana venerata nelle calende di maggio nel suo tempio sull’Aventino, e nella notte tra il 3 e il 4 dicembre nella casa del magistrato in carica, dove riceveva un sacrificio e una libagione dalla moglie del magistrato, dalle matrone e dalle Vestali. Dalla cerimonia erano banditi gli uomini.
Secondo il mito la dea, che per tradizione è Fauna, moglie, figlia o sorella di Fauno, avrebbe bevuto vino puro, contro il divieto cui dovevano obbedire le donne romane, e perciò sarebbe stata frustata a morte dal marito con un ramo di mirto. Secondo un’altra versione, Fauna è figlia di Fauno e avrebbe resistito al vino e alle frustate con cui il padre voleva piegarla a unirsi con lui. Quale dea feminarum regolava l’uso del vino da parte delle donne e, almeno in epoca arcaica, presiedeva all’ingresso delle ragazze nella società degli adulti; alcuni elementi infatti lasciano scorgere nel complesso cultuale di B. un’antica istituzione iniziatica.
Le fonti la dicono rappresentata a Roma con scettro in mano come Giunone; un tralcio di vite si curvava sulla sua testa e al suo lato era un serpente.