Bolivia
(VII, p. 304; App. I, p. 287; II, i, p. 419; III, i, p. 246; IV, i, p. 302; V, i, p. 402)
Geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Popolazione
La popolazione boliviana (7.957.000 ab. nel 1998, secondo una stima) continua ad accrescersi rapidamente, con un incremento medio annuo, nel corso degli anni Novanta, pari al 24‰. Oltre il 40% della popolazione è costituito da nativi, fra i quali predominano gli Aymará e i Quechua, che vivono per la maggioranza in insediamenti rurali, situati nella regione del lago Titicaca, nell'altopiano centrale e nelle alte valli della Cordigliera orientale. La restante popolazione, formata, se si esclude un'esigua minoranza di Indios amazzonici, da Meticci (30%) e bianchi (28%), risiede in gran parte nelle città, dove ormai si concentra il 62% del totale (1997). Il tasso di urbanizzazione è discretamente elevato e la rete urbana, formata da città di medie dimensioni, è nettamente dominata dalla capitale di fatto, La Paz (la capitale di diritto è Lucre), vero fulcro politico-amministrativo del paese e unico centro urbano con caratteristiche metropolitane. Crescente importanza ha assunto, fra le altre città, Santa Cruz de la Sierra (quasi 800.000 ab. nel 1993), centro principale della parte orientale della B., che ha vissuto negli ultimi anni uno sviluppo economico particolarmente intenso e dinamico.
Condizioni economiche
Dalla metà degli anni Ottanta è in atto un piano di austerità e di aggiustamento strutturale dell'economia, volto a far uscire la B. da una cronica situazione di sottosviluppo: si stima che circa il 40% della popolazione viva ancora al di sotto della soglia di povertà e che difficilmente possa avere accesso ai servizi sociosanitari di base (il 45% della popolazione non fruisce di acqua potabile, il tasso di analfabetismo è pari al 17% e solo un quarto della popolazione ha seguito studi di livello superiore). Nei primi anni Novanta il governo ha cercato di attuare un programma di ristrutturazione economica orientato al rigore, che ha ottenuto risultati contrastanti, con alti costi sociali.
Il tasso d'inflazione, molto elevato fino ai primi anni Novanta, è poi sceso intorno al 10%, il debito estero ha cominciato a calare e significativi incrementi produttivi hanno riguardato il settore agricolo ed edilizio; ma d'altro canto si è verificato un aumento del deficit della bilancia commerciale, il debito pubblico ammonta a quasi il 60% del PIL e l'economia boliviana dipende ancora fortemente dagli aiuti internazionali. Inoltre, una frazione difficilmente quantificabile, ma non certo irrilevante, del PIL deriva dall'esportazione di coca di cui si stima che la B. soddisfi tuttora il 30% della domanda mondiale, nonostante il programma di riduzione delle narcoculture sostenuto, anche se meno generosamente che in passato, dagli Stati Uniti.
Nel 1993 il piano di ristrutturazione economica comportò un ridimensionamento della manodopera, con massicci licenziamenti nel settore minerario, che, oltre a provocare movimenti di protesta sociale, ha avuto come conseguenza la riconversione di molti dei nuovi disoccupati in coltivatori di coca.
La fisionomia economica della B. è ancora sostanzialmente legata al settore agricolo, dove trova occupazione il 47% della popolazione; alla tradizionale agricoltura di sussistenza, praticata nelle aree montane, si affianca l'agricoltura di speculazione, meccanizzata e gestita razionalmente, orientata alla produzione di cotone, canna da zucchero e soia, coltivazioni che si concentrano nella regione di Santa Cruz; questa zona è stata negli ultimi anni teatro di una colonizzazione agricola che ha riguardato anche il comparto zootecnico, con la creazione di aziende tecnologicamente avanzate. Il settore industriale è ancora molto fragile, poco diversificato e largamente legato alle attività estrattive, che forniscono soprattutto zinco, gas naturale e petrolio. Un passaggio cruciale per lo sviluppo economico della B. è rappresentato dal miglioramento delle infrastrutture di comunicazione, che risultano assai inadeguate ai bisogni del paese, sebbene un notevole impulso sia stato dato al settore aeroportuale.
bibliografia
La Bolivie à l'heure de la réforme, in Problèmes d'Amérique latine, 1998, 28.
Storia
di Luisa Azzolini
La maggiore stabilità istituzionale e il susseguirsi di governi regolarmente eletti (in linea con le tendenze politiche dell'intera America Latina negli anni Novanta) segnarono passi importanti sulla via della democratizzazione della B., ma non offrirono ancora soluzione ai problemi più gravi, ovvero al ruolo predominante delle forze armate nella vita politica del paese e alla dipendenza dell'economia boliviana dalla produzione e dal commercio della droga.
Le elezioni presidenziali del 1989 erano state vinte da J. Paz Zamora, del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR), grazie a un accordo con l'ex dittatore, generale H. Bánzer Suárez, leader dell'Alianza Democrática Nacionalista (ADN). La nuova amministrazione, nella quale i dicasteri più importanti furono attribuiti a esponenti dell'ADN, proseguì, dietro pressione del Fondo monetario internazionale, la politica di austerità del governo precedente e cercò di stimolare gli investimenti esteri avviando un programma di privatizzazioni, avversato dai sindacati uniti nella potente Central Obrera Boliviana (COB). Le misure intraprese, del tutto analoghe a quelle degli altri paesi dell'America Latina negli stessi anni, conseguirono una rapida riduzione del tasso d'inflazione, ma contemporaneamente aumentarono la sperequazione delle ricchezze e crearono nuova disoccupazione, soprattutto nel settore minerario (già provato dalla crisi del mercato internazionale dello stagno della metà degli anni Ottanta). Paz Zamora, inoltre, riprese i programmi contro la coltivazione e commercializzazione della coca, varati nel 1986 con il sostegno degli Stati Uniti e portati avanti essenzialmente dall'Unidad Móvil de Patrullaje Rural (UMOPAR), un reparto speciale dell'esercito creato nel 1988 e dotato di cospicui finanziamenti.
Il problema della coltivazione della coca continuò a rappresentare il nodo politico di maggior rilievo per la classe dirigente e per la vita del paese. Fin dagli anni Settanta-Ottanta, infatti, si era sviluppata in B., così come in Perù e in Colombia, un'economia parallela legata al traffico internazionale della droga, difficilmente controllabile dagli apparati statali, e fonte di corruzione a tutti i livelli della pubblica amministrazione. Tuttavia, il fatto che una parte rilevante del prodotto interno lordo fosse connesso con il traffico di stupefacenti e il 50% delle importazioni venisse pagato in narcodollari pregiudicava le reali possibilità di azione del governo, tanto più che la coltivazione della coca rappresentava praticamente l'unica fonte di sostentamento di una parte dei contadini boliviani, in particolare nella regione del Chaparé. Inoltre, i piani concordati con il governo di Washington dalla fine degli anni Ottanta, che avevano comportato l'intervento di militari statunitensi, avevano provocato le proteste di una parte dell'opinione pubblica che in ciò vedeva una palese violazione della sovranità nazionale. Gli incentivi economici offerti da Paz Zamora ai contadini che avessero cambiato coltivazione e la non estradizione negli Stati Uniti, promessa ai narcotrafficanti che avessero deciso di collaborare con la giustizia, non sortirono grandi effetti; al contempo nel corso dei primi anni Novanta, emersero prove sempre più evidenti del coinvolgimento di esponenti di spicco dell'amministrazione nel narcotraffico.
Nelle elezioni generali del giugno 1993 si impose il moderato Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR); con il sostegno dei populisti dell'Unión Cívica Solidaridad (UCS) e il Movimiento Bolivia Libre (MBL) il MNR portò alla presidenza il suo segretario, G. Sánchez de Lozada, che riprese la politica di tagli alla spesa sociale e impresse un'accelerazione alle privatizzazioni. Come i suoi predecessori, Sánchez de Lozada si trovò a fronteggiare l'opposizione popolare alle misure di austerità, che si intersecò con la ripresa del programma dell'UMOPAR per lo sradicamento delle piantagioni di coca. La presenza dell'esercito nella valle di Cocharé sollevò proteste in tutto il paese da parte dei contadini, della COB e degli insegnanti, proteste che cessarono solo quando il governo decise, nel settembre 1994, di ritirare le forze armate dalla regione e di assecondare i programmi di conversione delle colture organizzati su base locale. In seguito a uno sciopero generale, indetto dalla COB nel marzo 1995 contro la privatizzazione del sistema scolastico e le restrizioni sindacali imposte al corpo docente, il governo proclamò lo stato d'assedio che si protrasse fino al mese di ottobre. Contemporaneamente, disattendendo gli accordi precedenti, riprese l'occupazione dei villaggi da parte dell'UMOPAR che provocò numerose vittime fra la popolazione contadina, mentre si scoprivano nuove collusioni di funzionari pubblici con il narcotraffico. L'opposizione alle misure governative continuò in tutti i settori, dalla sanità alla pubblica istruzione, ai trasporti, fino a dar luogo a marce di protesta dei contadini contro l'introduzione di una nuova legge agraria, nel settembre-ottobre 1996.
Sul piano internazionale, la tradizionale ricerca da parte della B. di uno sbocco sul Pacifico venne parzialmente soddisfatta da un accordo concluso nel 1993 con il Perú, che concesse alla B. facilitazioni nell'uso del porto di Ilo sino al 2091, mentre analoghe facilitazioni furono accordate nel 1995 dal Chile per il porto di Arica. Inoltre, nel gennaio 1997 entrò in vigore un accordo di libero scambio raggiunto nell'ottobre precedente con il Mercado Común del Sur (MERCOSUR).
La debolezza del governo a fronte di una sempre maggiore instabilità sociale provocò la sconfitta del partito di maggioranza nelle elezioni generali del giugno 1997, che videro l'affermazione dell'ADN. Bánzer Suárez, responsabile di una delle fasi più cruente della dittatura in B. fra il 1971 e il 1978, fu eletto dal Congresso presidente della Repubblica in agosto. Sostenuto da una coalizione tra ADN, MIR, UCS e la populista Conciencia de Patria (CODEPA), Bánzer si impegnò a portare avanti le riforme economiche e a sostenere la politica statunitense di lotta al narcotraffico. Tale impegno portò la sua amministrazione a confrontarsi duramente con la COB, che proclamò nel corso del 1998 diversi scioperi generali, sfociati spesso in scontri tra dimostranti e forze di polizia, e con i coltivatori di coca, contrari a un nuovo piano antidroga presentato dal governo nel gennaio 1998. Anche i primi mesi del 1999 furono contrassegnati da forti tensioni sociali: dimostrazioni e scioperi si susseguirono in tutto il paese contro la politica economica del governo.
bibliografia
C. M. Conaghan, J. M. Malloy, Unsettling statecraft. Democracy and neoliberalism in the Central Andes, Pittsburgh 1994; J. Painter, Bolivia and coca. A study in dependency, London-Boulder 1994; H. Grebe Lopez et al., Las reformas estructurales en Bolivia, La Paz 1998.