Blow-up
(GB 1966, colore, 111m); regia: Michelangelo Antonioni; produzione: Carlo Ponti per MGM; soggetto: dal racconto Las babas del diablo di Julio Cortázar; sceneggiatura: Michelangelo Antonioni; fotografia: Carlo Di Palma; montaggio: Frank Clarke; scenografia: Assheton Gorton; costumi: Jocelyn Rickards; musica: Herbie Hancock.
A Londra Thomas, un giovane fotografo, ha intenzione di realizzare un libro di immagini su un ospizio per senzatetto. Possiede una vettura sportiva, sulla quale scorrazza per la città. Durante uno dei suoi viaggi, incontra un gruppo di mimi. Tornato nel suo studio, si mette al lavoro con le modelle che deve fotografare. Più tardi, acquista un'elica presso un negozio di antiquariato, quindi girovaga in un parco, dove scatta alcune foto a una coppietta in amore. La donna, preoccupata, insegue il protagonista per farsi restituire il rullino. Nel suo studio, gli si offre pur di recuperare le immagini. Thomas le consegna allora un rullino diverso da quello richiesto e sviluppa le foto della pellicola vera. Grazie a ingrandimenti sempre maggiori delle immagini, fa alcune scoperte sorprendenti: si vede spuntare da un cespuglio una mano che impugna una pistola. A meglio guardare, si scorge anche un cadavere a terra, forse l'uomo che aveva visto insieme alla donna del rullino. Thomas, a questo punto, si mette a indagare. Tornato nel parco, trova effettivamente il cadavere, ma scopre poco dopo che tutte le fotografie gli sono state rubate e che quella più importante ha subito un ingrandimento tale da mostrare una brutta macchia bianca al posto del corpo steso a terra. Senza più prove, Thomas non sa che fare e cerca di parlare dell'accaduto con alcuni amici. Ma sia la moglie dell'amico pittore sia lo scrittore che deve comporre le didascalie del futuro libro fotografico non gli danno soddisfazione. Dopo un party finito molto tardi, Thomas attraversa di nuovo il parco. Qui incontra i mimi dell'inizio, che stanno giocando una fantasiosa partita a tennis, priva di pallina e racchette. Invitato a unirsi a loro, Thomas decide di partecipare allo sport 'inventato', finendo per dissolversi nel verde del grande giardino.
Tratto da un racconto di Julio Cortázar, si tratta di uno dei film più conosciuti di Michelangelo Antonioni, e di quello più apprezzato all'estero. Vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes del 1967, Blow-up appare come la quintessenza del cinema di questo regista. I temi fondamentali della sua opera, infatti, vengono puntualmente esaltati e sviluppati attraverso elementi narrativi o poetici di grande profondità. Il film, girato interamente a Londra, offre un'interpretazione figurativa delle novità provenienti dalla capitale britannica: la swinging London, le mode giovanili, la musica e la contestazione servono ad Antonioni ‒ più che a costruire una testimonianza dei tempi ‒ per ambientare con precisione e perizia una 'avventura dello sguardo' all'interno della civiltà contemporanea. Sembra, cioè, che al regista interessi sperimentare la tenuta dei temi a lui cari ‒ a cominciare da quello dell'impossibilità per l'uomo e l'artista (fotografi, registi, reporter) di comprendere il mondo ‒ dentro nuovi scenari della modernizzazione. In questo senso, il film sembra possedere una prima parte molto descrittiva, quasi erratica, dove il figurativismo di Antonioni si lascia guidare ritmicamente e formalmente da questo universo innovativo, con lo stesso stupore critico che sarà in Zabriskie Point (1970); mentre successivamente, quando viene impostato il 'giallo' della fotografia, la riflessione filosofica e teorica si fa evidente. In Thomas, il protagonista, Antonioni indica la fallacia dello sguardo dell'uomo di fronte a una realtà inconoscibile. E il fatto che Thomas sia un artista aggrava la sensazione di impotenza dell'occhio e della razionalità. La fotografia che man mano viene ingrandita ‒ attraverso progressivi blow-ups, appunto ‒ svela nuovi particolari, inquietanti, dolorosi. Eppure, nulla ottiene una vera spiegazione, l'investigazione di Thomas si arena nel vuoto, e ‒ in uno dei finali più famosi del cinema d'autore ‒ egli finisce col mimare una partita a tennis senza racchette o palline. Segno dell'avvenuta sostituzione della realtà da parte della rappresentazione, in un mondo in cui l'oggettività fotografica scopre la nostra debolezza, senza al contempo garantire la comprensione della vita che ci circonda.
L'importanza del film, al di là dei riconoscimenti di pubblico e di critica (comunque numerosi), viene confermata dalla storia delle sue interpretazioni. In fondo, Blow-up è uno dei film sul cui significato i critici si sono più esercitati: metafora dell'incipiente contestazione del Sessantotto, saggio filosofico sull'immagine e la sua riproduzione, autoanalisi d'artista, poesia sul cinema e sulle sue potenzialità, film d'autore travestito da opera hitchcockiana sono soltanto alcune delle letture interpretative sorte intorno alla pellicola. Ancora più importante è stata l'influenza esercitata dal film sul cinema successivo: quella figurativa su A Clockwork Orange di Stanley Kubrick, quella teorica su Blow out (1981) di Brian De Palma, quella narrativa su Profondo rosso di Dario Argento (che utilizza David Hemmings in forma di 'citazione vivente').
Interpreti e personaggi: David Hemmings (Thomas), Vanessa Redgrave (Jane), Sarah Miles (Patricia), Verushka (sé stessa), Peter Bowles (Ron), Jill Kennington, Peggy Moffit, Rosaleen Murray, Ann Norman, Melanine Hampshire (modelle), Jane Birkin, Gillian Hills (aspiranti modelle), Harry Hutchinson (antiquario), John Castle (pittore), Jeff Beck (sé stesso), Julian Chagrin, Claude Chagrin (mimi).
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Sceneggiatura: Blow-up, Torino 1967.