BELVIS, Blasco Fernández de
Appartenente a una famiglia della piccola nobiltà di Cuenca in Castiglia, il B. nacque probabilmente prima del 1320. Parente - quasi certamente cugino - di Egidio Albornoz, con tutta probabilità prese parte alle campagne contro i musulmani condotte prima del 1350 dal futuro cardinale; fu tra i parenti che accompagnarono l'Albornoz quando nel 1353 venne inviato in Italia come legato pontificio col compito di restaurare l'autorità della Sede apostolica nei territori di dominio pontificio.
Il primo incarico affidato al B. nel quadro dell'impresa dell'Albornoz fu quello di dirigere le operazioni militari per la riconquista della Marca d'Ancona, dominata allora da numerosi signori e signorotti. Nel gennaio del 1355 l'esercito pontificio, sotto il comando del B., entrò nelle Marche, e già nello stesso mese di gennaio coglieva i suoi primi successi: la città di Recanati si ribellò ai Malatesta e si consegnò al Belvisi All'inizio del giugno seguente, dopo che anche i Malatesta erano venuti a patti con il cardinale, il B. si diresse con le sue truppe contro Fermo, il cui signore, Gentile da Mogliano, dopo essersi in un primo momento sottomesso, si era ribellato di nuovo al legato pontificio: grazie a una sommossa popolare, tuttavia, il B. poteva entrare in questa Città il 12 giugno; ma solo il 24 Gentile da Mogliano, che si era trincerato nella rocca, gli si arrese. Con la sottomissione di Fermo, la maggior parte delle Marche era tornata sotto il dominio della Chiesa e il B. stesso, nell'estate del 1355 (se non prima), veniva creato rettore della Marca d'Ancona. Tale carica egli mantenne per quasi cinque anni, fino all'inizio del 1360, quando il cardinale Albornoz lo nominò vicario generale di Bologna. È poco probabile che il B., come invece riferisce il Sansi (p. 231), sia stato nello stesso 1355 rettore del ducato di Spoleto.
La risonanza che ebbe la fortunata campagna militare del B. nelle Marche si può cogliere anche in una illustrazione del Regestum recogniti. onum et iuramentorum fidelitatis civitatum sub Innocentio VI, conservato nell'Archivio Vaticano (Arm. XXXV, cod. XX), illustrazione che raffigura il B., nelle vesti di cavaliere in sella, col bastone del comando in mano, che presenzia alla cerimonia, nel corso della quale le città della Marca presentano l'omaggio al cardinale Albornoz.
Nella primavera del 1356 una nuova azione militare portò il B. al confine meridionale del suo rettorato. Tale azione aveva due scopi: impedire alle bande mercenarie della Grande Compagnia, di ritomo dal Regno di Napoli (dove si erano segnalate per i soliti saccheggi e le solite devastazioni), l'ingresso nelle Marche e ricondurre la città di Ascoli sotto il dominio pontificio cui si era ribellata. Davanti al grave pericolo costituito dall'avvicinarsi della Grande Compagnia, Ascoli, nel giugno del 1356, aprì le sue porte al Belvis. I patti di resa, concordati con il Comune, lasciavano alla città un vasto margine di autonomia, ma furono pienamente approvati dal cardinale Albomoz. Malgrado questo primo successo il B., pur disponendo di forti contingenti militari, non poté impedire che nel luglio del 1356 la Grande Compagnia varcasse i confini della Marca. Le trattative, iniziate subito dopo, raggiunsero il solo risultato di impegnare i capi della Compagnia a lasciare la Marca entro dodici giorni.
Il B. fu probabilmente presente al parlamento provinciale tenutosi a Fano dal 29 aprile al 1° maggio 1357, parlamento nel corso del quale l'Albomoz promulgò le sue famose Costituzioni. Sulla normale attività amministrativa del B. ci sono rimaste varie testimonianze; la sua residenza abituale sembra sia stata Ancona.
Nel marzo del 1360 il B. fu trasferito con le funzioni di vicario generale del papa dalla Marca d'Ancona a Bologna per sostituirvi, nel governo della città, Giovanni d'Oleggio, il quale aveva ceduto Bologna all'Albomoz come contropartita per il rettorato della Marca anconitana e il dominio di Fermo. Il 15 marzo le truppe pontificie entrarono in città: due giorni dopo vi faceva il suo ingresso anche il B., accolto dalla folla con il grido di "viva la Chiesa". Il passaggio di Bologna sotto il dominio pontificio provocò tumulti contro il deposto signore, Giovanni d'Oleggio, il quale si tratteneva ancora in città: il B. represse i tumulti e, convocato il 24 marzo il consiglio dei Quattrocento, riuscì a scongiurare ogni tentativo di colpire l'Oleggio e, in particolare, il pericolo di farlo sottoporre a processo, tanto che il 1° apr. 130o Giovanni d'Oleggio poteva lasciare indisturbato Bologna.
Nel corso del breve periodo in cui governò Bologna il B. si acquistò grandi meriti, difendendo la città contro Bernabò Visconti che ne reclamava il possesso; a tal fine richiamò subito dopo il suo insediamento a Bologna quei fuorusciti che avrebbero potuto passare dalla parte viscontea e non esitò ad ammassare a proprie spese grossi quantitativi di viveri e vettovaglie necessari alla città nei momenti di carestia. Gli Anziani, per ricompensarlo delle spese sostenute, il 2 apr. 1360 gli fecero un donativo di 500 fiorini d'oro. Tra le misure di carattere economico prese dal B. sono da ricordare anche alcuni provvedimenti relativi alla macinazione del grano e al prezzo del sale.
Il B. rimase in carica di fatto solo fino all'agosto del 1360, quando, insieme con i rappresentanti del Comune di Bologna, si recò ad Ancona presso l'Albornoz per sollecitare l'invio di ulteriori aiuti militari, necessari a sostenere la guerra contro il Visconti: dopo tale ambasceria, comunque, non pare che egli ritomasse più a Bologna, dove aveva lasciato, come suo rappresentante, Bonifacio da Civitavecchia. Il 15 apr. 1361 l'Albornoz nominò vicario generale il nipote Gómez Albornoz.
Un certo numero di studiosi (tra i quali il Masini e più recentemente il Mollat) hanno sostenuto che il B. incontrasse la morte nella battaglia di San Ruffillo del 20 giugno 1361: tale tesi errata, dovuta al fraintendimento delle notizie offerte dai cronisti bolognesi, è già presente del resto nella biografia dell'Albornoz composta dal noto umanista Juan Ginés de Sepúlveda. Lo spagnolo "Fernando", podestà di Bologna, che, stando alle fonti in nostro possesso, venne ucciso in quella battaglia e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco a Bologna, sembra essere stato originario di Burgos, e non deve identificarsi col Belvis.
Al B. invece fu concessa, a quel che pare nella primavera del 1362, la carica di vicario di Gubbio e di rettore del ducato di Spoleto: certo è che egli nel giugno di quell'anno tenne un parlamento a Spoleto. Impegnato nella repressione delle ultime resistenze al dominio pontificio, nel novembre dell'anno 1362 costrinse alla resa Andrea di Cerreto, signore dell'omonimo castello. Sembra che egli abbia esercitato il suo ufficio con saggezza ed abilità (proibì, per esempio, di esportare biade dal ducato, regolò l'esercizio dei beccai, ecc.). Il suo nome ricorre ancora nel gennaio del 1365, quando, insieme con Gómez Albornoz, concluse un accordo con la Compagnia Bianca per assicurarsene l'aiuto contro la compagnia di Anichino Baumgarthen, che minacciava di impadronirsi di Roma. Nel maggio dell'anno seguente radunò un esercito, a Spoleto, per opporsi al Baurngarthen, che riuscì a imprigionare.
Il B. ebbe la sua residenza ordinaria in Spoleto, l'antica capitale del ducato, finché il cardinale Albornoz non gli ordinò, il 17 luglio 1367, di trasferirla ad Assisi, con lo scopo di assicurarsi meglio la fedeltà del Comune. García Belvis, figlio del B., fece il suo ingresso ad Assisi all'inizio dell'agosto di quello stesso anno, onorevolmente ricevuto dai cittadini. In questo stesso periodo il B. fu nominato da Urbano V, al quale i Romani avevano riconosciuto l'autorità sulla loro città, senatore di Roma, ed egli ricoprì tale magistratura pur conservando la carica di rettore del ducato di Spoleto. La data di nomina non è nota, ma pare che il B. sia entrato in carica il 1° sett. 1367, o poco prima, e vi sia rimasto fino al 10 marzo 1368, quando al suo posto fu nominato Galeotto Malatesta.
Dopo questa data non si hanno più notizie circa l'attività svolta dal B. nel suo rettorato: sappiamo solo che egli e suo figlio García vennero uccisi a Piediluco presso Terni in un'imboscata tesa, a quel che pare, da fuorusciti spoletini. La data esatta della morte è ignota: il Sansi propende a fissarla tra il 2 ottobre e l'11 dic. 1368; altri storici sono favorevoli a porla, genericamente, nel 1368. Sia il corpo del B. sia quello del suo figliolo vennero sepolti nella chiesa di S. Francesco in Assisi, dove la vedova Sancha fece erigere una tomba sontuosa con un'epigrafe in versi che loda il B. come "belli maximus auctor".
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