BINDINO da Travale
Nacque in Travale nei primi anni della seconda metà del sec. XIV, in quanto, nel 1414, narra di aver passato da poco il sessantesimo anno; suo padre, Ciallo, era un boscaiolo ed egli da giovane fu guardiano di capre e di porci. Non è attendibile l'ipotesi della discendenza dai Pannocchieschi, conti di Elci, nel cui feudo era il castello di Travale, annotata da Celso Cittadini nella prima carta della Cronaca, seguita dal genealogista Andrea Lodovico Pannocchieschi e dal letterato Girolamo Gigli. B. si deve essere trasferito in Siena abbastanza giovane, dato che narra di essere stato presente, in S. Domenico, alle estasi di s. Caterina. Abitò nel popolo di S. Donato in Camporegio e fu immatricolato all'Arte dei pittori, per quanto la sua attività sembra si limitasse alla vendita e macinazione dei colori, come faceva nel 1414 per Taddeo di Bartolo. Sarebbe andata dispersa una tavola da lui dipinta e firmata che si trovava in Siena, nella chiesa di S. Marta, demolita nel 1812 (Lisini, p. 300). Sposò nel 1385 Niccola di Maffeo Ghini, da cui ebbe due figli: Mariano, morto dopo il 1429, e Giovanni, che risultano iscritti nel Breve dell'Arte dei pittori cominciato nel 1389 (Milanesi).
Giovanni (morto a Siena il 5nov. 1417) tra il 1412 e il 1413 decorò insieme con Benedetto di Bindo, Adamo di Colino e altri, la reliquiera, armadio delle reliquie, della sacrestia del duomo; fece anche parte del gruppo di pittori che affrescò la sacrestia (Lusini).
B. morì il 2 nov. 1418 e fu sepolto in S. Domenico; la moglie morì nel 1429 e lasciò erede il convento di S. Domenico.
B. è autore di una cronaca, composta di 900 capitoli, che narra gli avvenimenti dal 1315al 1416; è scritta in forma bizzarra dall'autore, che si definisce, a ogni momento "ignorante, bizzarro, stolto"; la maggior parte di essa è stesa, sotto dettatura di B., dal figlio di lui Giovanni, spesso aiutato dal fratello Mariano. A Giovanni si devono anche le iniziali a penna, i motti istoriati, gli stemmi, le figure e i ritratti di B. e di Stanislao di Durazzo. Gli avvenimenti anteriori al 1410sono scritti direttamente da B., che narra, per sentito dire, in soli nove capitoli, quelli intercorrenti tra il 1315e il 1380; dal 1381la descrizione è minuziosissima e la narrazione molto attendibile; nel campo dei rapporti tra Siena e Gregorio XII si può addirittura parlare di nuovi contributi apportati da questa cronaca. Notevole è anche la descrizione dello scisma del 1379, da cui si rilevano il turbamento che il fatto aveva causato nell'animo dei credenti e l'avversione popolare alle dottrine di Huss, non disgiunta tuttavia da un senso di pietà nei confronti del riformatore e dal desiderio di una riforma della Chiesa. Tutta la cronaca, del resto, è pervasa da vivo sentimento religioso, in cui si nota l'influenza domenicana e che fa supporre la appartenenza di B. e dei suoi figli alla Fraternita della Vergine di S. Domenico. La cronaca si interrompe, lasciando a mezzo la descrizione del concilio di Costanza, in quanto B., infermo, non poté continuarla dopo la morte dei figli. Il testo costituisce un bel documento di volgare senese tra il XIV e il XV sec. ed il suo ritmo tiene il mezzo tra la prosa curiale solenne e la poesia delle sacre rappresentazioni popolari, con le quali ha in comune le citazioni della Sacra Scrittura e quelle del Cavalca. Bellissime sono le orazioni che B. attribuisce ai grandi personaggi: alcune sono da lui inventate ed altre sono composte invece con materiale derivantegli dalle Dicerie volgari di ser Matteo Libri e dai racconti di Andrea da Barberino, opere che egli conosceva insieme con molte altre costituenti il fondo della cultura popolare del sec. XIV, specie nel campo dell'astrologia. Di notevole interesse sono poi le descrizioni delle opere e degli oggetti d'arte, e quelle assai minuziose delle trattative svoltesi per la lega tra Siena e Firenze nel 1416. Appaiono frutto di controllate ricerche le notizie provenienti da altri paesi: forse B. fu in contatto con viaggiatori, mercanti e pubblici ufficiali della Repubblica o attinse le notizie nell'ambiente domenicano. Mentre la dizione è limpida e schietta e la prosa, specie nelle narrazioni, è forte e vigorosa, la sintassi si presenta intricata e contorta nei concetti; la grafia segue la pronunzia popolare senese del Quattrocento; le introduzioni e le chiuse sono spesso in versi, quasi sempre in ottava rima. Il codice, che era appartenuto a un Giulio d'Angelo matematico, passò quindi a tal Serafino Scafucci, che lo donò alla famiglia del cancelliere ed umanista senese Agostino Dati; da essa, in seguito, passò a Celso Cittadini, che ne fece dono ai Pannocchieschi da Elci, e da tal famiglia lo ereditarono i conti Piccolomini-Cinughi, nella cui biblioteca è stato sino a data recentissima e da cui è passato all'Archivio di Stato di Siena.
Bibl.: G. Gigli,Diario senese, I, Siena 1854, p. 391; G. Milanesi,Doc. per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 46, 68; La Cronaca di Bindino da Travale (1315-1416), a cura di V. Lusini, Siena 1900 (e recensioni di L. Zdekauer, in Bull. senese di storia patria, VII [1900], pp. 473-478); V. Lusini,Di alcuni affreschi che ritornano in luce, in Rass. dell'arte senese, II(1906), pp. 94, 97 (per Giovanni); Id.,Il duomo di Siena, Siena 1911, I, pp. 290 s., 343 s., nn. 203, 206 (per Giovanni); A. Lisini,Elenco dei pittori senesi vissuti nei secoli XIII e XIV, in La Diana, II (1927), pp. 300, 302; P. Misciattelli,Disegni inediti di una cronaca senese del sec. XV, in La Diana, V(1930), pp. 55-62; M. H. Laurent,I necrologi di S. Domenico in Camporegio, in Fontes sanctae Catharinae Senensis historici, XX, Firenze-Siena 1937, nn. 3392, 3807, 3834; P. Bacci,Fonti e commenti per la storia dell'arte senese…, Siena 1944, pp. 217-219 (per Giovanni); A. Potthast,Repertorium fontium hist. medii aevi, II, Romae 1967, p. 531; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, XIV, pp. 110 s.,sub voce Giovanni di Bindino.