BESTEMMIA (dal gr. Βλασϕημία "detto dannoso")
Nell'Antico Testamento è bestemmia, in senso generico, qualunque espressione che rechi danno ad altri: è poi, in senso specifico, l'espressione ingiuriosa (ebr. ne'āṣāh) verso Dio. Per gli Ebrei era una profanazione anche solo pronunziare senza ragione il nome personale di Dio, l'"ineffabile" nome Yahweh (Deuteron., V, 11; Esodo, XX, 7), tanto che nel giudaismo posteriore si sostituì stabilmente questo nome con quello di "Signore" (v. adonai); così pure, in tempi posteriori, fu considerata vera bestemmia l'espressione ingiuriosa verso la Legge, il Tempio, ecc., e l'attribuire prerogative strettamente divine a uomini. La bestemmia era punita di morte per lo più per mezzo della lapidazione (Levit., XX, 15; cfr. Marco, XIV, 61-64; Matteo, XXVI, 65; Atti, VI, 11 segg.; VII, 56 segg.; Mishna, Sanhedr., VII, 5).
La bestemmia nella legislazione civile italiana. - A giudicare dalle poche sanzioni penali che si ritrovano nelle antiche legislazioni, si potrebbe dire che la bestemmia sia piuttosto una triste prerogativa di tempi recenti. Brevi disposizioni furono emanate contro di essa da Arcadio e Onorio; Giustiniano ne tratta nella nov. 77; tra le leggi barbariche la lex Visigotorum è più esplicita, nel periodo franco i Capitula Rencediî (sec. VIII-IX) hanno principalmente disposizioni canoniche. Nel sec. XIII le fonti aumentano: col sorgere a potenza dei Comuni, vengono risuscitate le disposizioni giustinianee di diritto romano, e dati gli stretti rapporti fra il potere civile e l'ecclesiastico, tutta la legislazione statutaria italiana pare ispirata allo scopo di aiutare l'opera della Chiesa nell'estirpare il vizio della bestemmia, che offendeva pubblicamente il sentimento religioso. Non più quindi la penitenza o una leggiera multa di denaro, ma il carcere, la galera, l'esilio e pene corporali varie, a seconda dell'entità della bestemmia contro Dio, la Vergine o i santi. Singolare è il castigo della corbellatura che si applicava nel 1228 a Verona e altrove: il bestemmiatore, messo in un corbello, veniva tuffato ripetute volte nel fiume, a punizione della sua pazza offesa verso Dio. Frequenti erano le condanne alla perforazione della lingua con un chiodo, o all'amputazione di essa. A Cividale, in Valtellina, a Vercelli, i bestemmiatori si esponevano sulla piazza legati per il collo con una catena: ovvero si facevano correre per la città a furia di sferzate, come a Verona e a Firenze: ovvero si mettevano alla berlina. Tali e simili pene vennero sempre crescendo anche nei secoli XVI e XVII durante il periodo della Controriforma. Vero è che non di rado queste sanzioni non venivano eseguite, donde i richiami all'osservanza delle leggi nelle decisioni del senato di Milano nel 1559.
La bestemmia venne punita fino alla fine del sec. XVIII, quando e per i nuovi principî diffusi dalla Rivoluzione francese, e per la scissione tra i due poteri, religioso e civile, Giuseppe II ad es. ordinò che il bestemmiatore fosse rinchiuso come pazzo. Anche il codice del regno d'Italia eliminò la bestemmia dal numero dei reati; ma il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato il 6 novembre 1926, n. 1848, e modificato con r. decreto-legge il 14 aprile 1927, n. 593, sancì all'art. 232 che fino all'andata in vigore del nuovo codice penale, la bestemmia sia punita con l'ammenda fino a L. 2000.
Bibl.: A. Pertile, Storia del diritto italiano dalla caduta dell'Impero Romano alla codificazione, Torino 1892, V, pp. 343, 434, seg.; J. Kohler, Studien aus dem Strafrecht, Mannheim 1897, V, pp. 606-17; L. Giampietro, Lotta contro la bestemmia e l'immoralità, Palermo 1929.
La bestemmia nella legislazione ecclesiastica. - Le gravi pene, con cui veniva punita la bestemmia nelle età passate, trovano la loro spiegazione sia nella malizia e gravità di questo peccato in sé stesso, sia nello scandalo che produce in un popolo di viva fede religiosa. La legislazione ecclesiastica, dal rigore del Medioevo e dei secoli delle grandi eresie, andò a mano a mano attenuando le sue pene. La presente, andata in vigore il 19 maggio 1918 con il codice del diritto canonico, non stabilisce più alcuna pena determinata contro i rei di bestemmia semplice; solamente nel can. 2323 rimette al prudente arbitrio dell'ordinario del luogo (capo della diocesi) di punire, con le pene che egli crede, un tale delitto, quando in esso concorrano tutte le condizioni volute dai principî del diritto penale canonico, e la tutela della disciplina ecclesiastica richieda una tale riparazione. Quando tuttavia la bestemmia non solo racchiude in sé un'ingiuria a Dio, ma sia nella sua espressione, sia nell'animo di chi la proferisce contiene un'eresia ("bestemmia ereticale"), allora va soggetta a tutte le pene dalla Chiesa cattolica sancite contro questo delitto, e viene ipso facto colpita dalla scomunica, la cui assoluzione nel foro sacramentale è riservata speciali modo alla Sede apostolica, e nel foro esterno è riservata al capo della diocesi (cfr. can. 2314).