ORSINI, Bertoldo
ORSINI, Bertoldo (detto il Rosso). – Nato intorno al secondo decennio del Duecento, era figlio di Gentile, fratello maggiore di Giangaetano, cardinale dal 1244 ed eletto pontefice nel 1277 (Nicola III).
Ebbe tre fratelli, Matteo Rosso (destinato alla carriera ecclesiastica e creato cardinale nel 1262), Orso e Romano, e tre sorelle, Angela, Perna e Giovanna.
Sposò Filippa, dalla quale ebbe tre figli: Gentile, Matteo e Giovanna, andata in moglie ad Azzo d’Este. Grande protagonista politico e militare della città di Roma nella seconda metà del Duecento, da lui discese il ramo familiare denominato Orsini di Nola e di Sovana.
Nei difficili anni che portarono alla definitiva sconfitta degli Svevi in Italia e alla presa del potere di Carlo d’Angiò, Bertoldo si schierò senza riserve con quest’ultimo. Con altri fuoriusciti romani partecipò all’azione militare condotta nella notte del 23 aprile 1267 dal maresciallo francese Enrico di Cousance, a capo di un forte gruppo di cavalieri mercenari, insieme al conte di Anguillara per riconquistare la città di Roma, tentativo che si risolse però in un netto insuccesso, per il contrasto offerto da Enrico di Castiglia e dai ghibellini romani.
Nell’incertezza dell’esito dello scontro finale tra Carlo d’Angiò e Corradino, Bertoldo per mettere al sicuro il suo immenso patrimonio – in pieno accordo con gli zii Napoleone, Rinaldo e Matteo – il 30 giugno 1267 lo cedette in blocco allo zio cardinale, fatta eccezione per l’avito e munitissimo complesso residenziale del Mons Iohannis Ronçonis (Monte Giordano), che di fatto rimase l’unico caposaldo antisvevo in città.
Strenuus miles lo definì Saba Malaspina (Die chronik des Saba Malaspina, 1999, p. 201), ricordando la sua presenza nelle schiere di Carlo d’Angiò in procinto di scontrarsi con l’esercito di Corradino il 23 agosto 1268. Dopo la vittoria riportata sugli Svevi nella battaglia dei Piani Palentini (cosidetta di Tagliacozzo), i guelfi romani, e tra essi Bertoldo, si affrettarono a tornare trionfanti a Roma, prima ancora che il 28 vi facesse il suo ingresso uno stanco Corradino insieme a pochi dei suoi. Uno dei protagonisti della conquista di vari capisaldi ghibellini in città fu proprio Bertoldo, che poi partì con Carlò d’Angiò alla volta di Napoli, dove sarebbe stato condotto, processato e giustiziato Corradino (29 ottobre), nel frattempo catturato, dopo aver lasciato Roma.
Grazie alla sua fedeltà alla causa angioina, Bertoldo ottenne da Carlo I d’Angiò favori e importanti elargizioni. Nel novembre 1269, per esempio, il sovrano, anche in qualità di senatore di Roma, gli concesse il diritto di rappresaglia contro i pisani, in guerra contro lo stesso re e colpevoli di un atto di pirateria nei confronti di imbarcazioni che trasportavano a Roma un carico di derrate alimentari di Bertoldo, provenienti da non meglio precisate sue terre.
Legati ai sovrani angioini, dei quali risultano consiglieri e familiares, nonché capitanei e iustitiarii nelle province del Regno, Bertoldo e i suoi figli, grazie anche al determinante appoggio del cardinale Matteo Rosso, poterono espandere il loro patrimonio e la loro influenza nell’Italia meridionale, stabilendo inoltre strette relazioni con la nobiltà locale. Il ruolo di protagonista di Bertoldo sulla scena politica romana e italiana è messo in evidenza anche dai molti incarichi di podestà che, per il prestigio della sua casata e suo personale, fu più volte chiamato a ricoprire in varie città dell’Italia centrale, alcune delle quali di primaria importanza: a Viterbo nel 1259-60, a Lucca nel 1262, ad Arezzo nel 1270, a Toscanella nel 1272, a Massa nel 1273, a Bologna nel 1277-78 e ancora nel 1280, a Rimini nel 1278, a Faenza nel 1279-80, a Ravenna nel 1280, a Orvieto nel 1287.
Con l’elezione al soglio pontificio dello zio Giangaetano nel 1277 il prestigio e il potere degli Orsini, e di Bertoldo in particolare, si accrebbero, ovviamente, a dismisura. Il papa, di cui Bertoldo e suo fratello Orso risultano tra i nipoti favoriti, affidò loro una serie di incarichi di grande rilievo. Bertoldo ebbe il comando delle truppe papali (la maggior parte delle quali costituita da contingenti angioini) nella campagna militare che portò alla conquista e alla sottomissione della Romagna, della quale egli fu poi nominato rettore per un biennio, con il titolo di comes, affiancato dal cardinale Latino Malabranca, in qualità di legato pontificio.
Nel disegno probabilmente vagheggiato da Nicola III di riordinare la carta politica europea sulla base dei rapporti di forza che si erano rimodellati in quegli ultimi anni, il pontefice avrebbe concepito la creazione di nuovi regni, dei quali uno in Toscana sarebbe forse dovuto spettare a Bertoldo. Ma a parte questi ambiziosissimi disegni destinati a non croncretizzarsi, Nicola III non trascurò progetti più concreti di affermazione territoriale del suo casato, in particolare nel Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, dove le condizioni politiche e i rapporti di forza certamente rendevano i suoi piani più facilmente realizzabili, e dove Bertoldo e Orso già nel 1276 erano riusciti, in apparenza senza troppi sforzi, a ottenere dal cenobio romano dei Ss. Andrea e Saba la concessione del castello-villaggio di Galeria.
Orso venne nominato dallo zio papa rettore provinciale del Patrimonio e capo militare delle truppe di tale provincia (24 luglio 1278) e nel 1279 ottenne la podestaria di Viterbo, aumentando ulteriormente la sua possibilità espansiva in tale area con la conquista di vari castelli. Dopo la morte di Nicola III (1280), Viterbo tentò di riprendersi una parte dei castelli usurpati da Orso, con un’azione militare che però fu contrastata con successo da un esercito capitanato da Bertoldo.
Tra il 1288 e il 1289 Bertoldo ricoprì l’ufficio di senatore di Roma in coppia con Pietro Annibaldi delle Milizie.
Bertoldo e Orso (forse proprio negli anni del pontificato dello zio) procedettero alla separazione dei loro domini, anche se in seguito continuarono a collaborare strettamente per ulteriori acquisti. La crescita dei possessi di Bertoldo non fu incentrata solamente nel Lazio, ma anche in maniera consistente nel Regno di Napoli e nel contado aldobrandesco. Nel Lazio Bertoldo e i suoi figli possedettero Nettuno, parte dei castra di Santa Pupa (odierna Manziana) e Cubita, Morlupo, Cornazzano, Monte della Guardia, San Savino (presso Tuscania), oltre probabilmente ad altri castelli, che tuttavia le testimonianze non permettono di precisare.
Grazie all’alleanza del casato con Bonifacio VIII, Bertoldo dal 1297 al 1299 ricoprì l’ufficio di rettore del Ducato di Spoleto. Ricevette in feudo dal papa i castelli di Ripozzo e Normanni, ma soprattutto ottenne insieme al figlio Gentile il contado aldobrandesco, dopo che lo stesso pontefice nell’ottobre 1300 aveva dichiarata decaduta Margherita degli Aldobrandeschi. Bertoldo e Gentile furono anche nominati dal papa capitani delle milizie del Patrimonio, che guidarono nella guerra mossa da Orvieto a Margherita la quale nel frattempo aveva sposato il cugino Guido di Santa Fiora.
Bertoldo morì anteriormente al 1318.
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