BERTOLDO di Kunigsberg
Proveniente dal castello reale di Hohkönigsburg in Alsazia, dal quale assunse il nome, B. nacque nella prima metà del sec. XII. è rimasta finora controversa la questione se apparteneva allo stato libero o ministeriale, ma il fatto che due suoi fratelli, Anselm e Burchard, risultano sicuramente ministeriali depone in favore di quest'ultima ipotesi. Il suo impiego nell'amministrazione: dell'impero dovette elevare considerevolmente la sua posizione sociale. B. a partire dal 1184 appare investito dell'importante ufficio di legato imperiale in Italia, carica che ricoprì con brevi interruzioni fino alla morte, avvenuta nel 1193. Come, lasciano supporre le fonti, gli fu affidata in particolare l'amministrazione dell'Italia centrale, della Romagna e della Toscana.
La prima azione di un certo rilievo che si ricorda di B. è la sua spedizione contro Roma per incarico di Federico I Barbarossa, determinata dall'espulsione di papa Lucio III e dalla distruzione di Tuscolo, fedele al papa, ad opera dei Romani. Sollecitato da Lucio III, che si era rifugiato alla corte imperiale, Federico I nell'autunno del 1184 mandò nella campagna romana B., che tuttavia dopo un infruttuoso assedio di Rocca di Papa dovette ritirarsi, verso la fine dell'anno.
Nella primavera del 1185 i contrasti interni di Faenza offrirono a B. un'altra occasione di intervenire in Italia. Nel 1184 i contadini e valvassori della nobiltà e del clero faentini si erano rivoltati contro i loro signori perché erano state loro imposte certe tasse troppo pesanti. Il vescovo riuscì a raggiungere un accomodamento con il popolo, ma i nobili invocarono l'aiuto dell'impero, rivolgendosi a B. che durante il suo ritorno da Roma passò per la Romagna.
Lasciata la corte imperiale, il legato mise insieme con l'aiuto delle città favorevoli all'imperatore - fra cui Ravenna, Forfi, Cesena e Rimini - un forte esercito con il quale, nel giugno del 1185, si presentò davanti alle mura di Faenza.
Le trattative che i Faentini spaventati iniziarono subito con B. per indurlo alla ritirata non portarono ad alcun risultato, perché egli chiese ostaggi e l'uscita della città dalla lega lombarda, senza però fare alcuna promessa per la sistemazione dei contrasti interni. Così B. il 20 giugno passò all'attacco della città. Respinto però dalla cavalleria faentina, si vide costretto a riallacciare trattative, sul cui svolgimento ed esito siamo informati male. Certo è solo che al Comune di Faenza fu confermato il permesso di aderire alla lega lombarda, mentre la nobiltà, a quel che pare, fu sottoposta direttamente alla giurisdizione dell'impero.
Con maggiore successo B. difese gli interessi dell'impero a Imola: il 15 ott. 1185 conferì al vescovo Enrico di Imola la giurisdizione sul contado imolese, ma nonostante ciò intervenne continuamente nelle sue competenze. Alle lagnanze del vescovo, Federico I dette incarico all'arcivescovo di Ravenna di comporre la controversia. Questi il 25 ott. 1186 decise che il vescovo aveva diritto di esercitare la giurisdizione solo nei possedimenti ecclesiastici, riconoscendo così tacitamente le rivendicazioni di Bertoldo.
Fra i principali collaboratori e consiglieri di re Enrico VI, che nel 1186 accompagnò durante la campagna per l'occupazione dello Stato pontificio, B. riuscì negli anni tra il 1185 e il 1187 a far valere la giurisdizione imperiale fino a sud della Marca d'Ancona. Esercitò in Toscana e in Romagna un regime duro e severo, cosicché anche Urbano III si lamentò presso l'imperatore degli atti di violenza da lui commessi contro il clero toscano.
Nella primavera del 1187 B. tornò in Germania (era presente l'11 giugno 1187 nel palazzo imperiale a Hagenau), affidando al fratello Anselm l'amministrazione della Toscana, che forse, come si potrebbe supporre dal fatto che un cronista qualifica B. come "comes Tusciae", era stata sottoposta più direttamente alla sua amministrazione.
Quando Federico I nella primavera del 1189 iniziò la sua crociata - la terza dalla quale non doveva più tornare in patria, B., ricordato da una cronaca come uno dei "primiores et celebriores… de Alsatia", si unì all'armata dei crociati. Nell'inverno del 1189-90 si recò per incarico di Federico I, insieme con Markward von Anweiler e con Markward von Neuenburg, a Costantinopoli per trattare con l'imperatore greco Isacco Angelo il libero passaggio dell'armata attraverso il territorio bizantino, passaggio che finalmente fu concesso col trattato di Adrianopoli, il 14 febbr. 1190.
Tornato in Germania dopo la morte improvvisa di Federico Barbarossa, B. fu mandato, nel marzo del 1192, presso Enrico VI, un'altra volta in Italia per preparare una nuova campagna per la conquista del Regno, dopo il primo infelice tentativo effettuato dall'imperaore di impadronirsi dell'eredità della moglie Costanza. Rivestito delle funzioni di legato imperiale in Italia e nel Regno di Sicilia (in un documento del maggio del 1193 per il vescovo di Ascoli B. stesso si qualifica come "imperialis aule in Italia et Apulia legatus"), nell'estate del 1192 raccolse truppe in Toscana, con le quali nell'autunno invase il Regno.
Dopo aver conquistato vari castelli abruzzesi, tenuti da partigiani di Tancredi di Lecce, incoronato re di Sicilia su sollecitazione di una parte della nobiltà indigena, B. nel tardo autunno del 1192 si spinse nella contea del Molise e s'impadronì, il 12 novembre, di Venafro che abbandonò al saccheggio delle sue truppe. In questo periodo, e al più tardi all'inizio del 1193, sposò la vedova del conte Roberto di Caserta.
Nella primavera del 1193 Tancredi di Lecce finalmente oppose a B. il suo esercito. Nella zona di Benevento i due avversari si incontrarono, ma B. non rischiò una battaglia: egli si ritirò nella contea del Molise e mise l'assedio al castello di Monterodani. Durante questo assedio, con tutta probabilità nell'estate del 1193, morì colpito da una pietra scagliata dalle macchine dei suoi avversari.
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