BERNARDO
Nulla si può precisare di questo cardinale diacono della Chiesa romana, negli anni precedenti al pontificato di Gregorio VII; improbabili appaiono infatti tutte le identificazioni con altri personaggi dello stesso nome (per le quali cfr. Schumann, pp. 21 s.), ivi compresa quella con il suddiacono della Chiesa romana presente a Firenze con Niccolò II e Ildebrando, in una data incerta tra la fine del 1059 e l'inizio del 1060 (P. F. Kehr, Italia pontificia, III, Berolini 1908, p. 14, e Le carte della canonica della cattedrale di Firenze [723-1149], a cura di R. Piattoli, Roma 1938, n. 65, p. 173).
Senza fondamento si possono considerare le notizie che egli fosse di Pavia e che la sua diaconia fosse quella di S. Maria in Via Lata. Sembra gli si possa attribuire il titolo di cardinale diacono, anche se il Klewitz sostiene, proprio a proposito di B., citato nel Registro di Gregorio VII solo come "diaconus sancte Romane Ecclesie", che tale titolo venga in uso solo col pontificato di Urbano II, in quanto come "cardinalis" e "cardinalis romanus" viene ricordato dall'annalista continuatore di Bertoldo, che è di poco posteriore (p. 316).
Sicura si può ritenere invece l'identità di B. con l'omonimo legato inviato da Gregorio VII in Boemia nel 1073, insieme col diacono Gregorio, per risolvere il conflitto tra Iaromiro, vescovo di Praga, e Giovanni, vescovo di Olmütz.
La diocesi di Praga era stata divisa in due, perché troppo grande, dal pontefice Alessandro II, su suggerimento, a quanto sembra, del duca di Boemia Wratislao fratello di Iaromiro, che, spinto da interessi politici, aveva anche ottenuto che a capo della nuova diocesi di Olmütz fosse posta una persona di sua fiducia, Giovanni. Iaromiro si era ribellato alla decisione, era stato sospeso e addirittura bandito dalla diocesi.
Tutte le espressioni usate da Gregorio VII nella lettera dell'8 luglio 1073 (Reg., I, 17, pp. 27-88) inducono a ritenere inesatta l'ipotesi del Meyer von Knonau (II, p. 193, n. 9) che B. e Gregorio fossero già stati inviati da Alessandro II (Fliche, p. 142, n. 1; cfr. anche Schumann, pp. 18 ss.). Accolti benevolmente da Wratislao, i legati sospesero il vescovo di Praga, il quale si ribellò contro tale sentenza - che comportava la perdita dei beni -, sì da provocare un diretto intervento del papa, che, nella lettera dell'8 luglio, pregava il duca di intervenire presso il fratello, affinché obbedisse ai suoi legati, altrimenti egli stesso avrebbe confermato la sentenza, passando anche a più dure punizioni.
Iaromiro non cedette e non seguì neppure il successivo invito di B. e Gregorio a recarsi a Roma per risolvere personalmente col papa la questione, tanto che Gregorio VII, senza più fare ricorso ai legati, rientrati probabilmente a Roma., si decideva il 31 genn. 1074 a scrivere al vescovo di Praga ingiungendogli perentoriamente di presentarsi a Roma; insieme cedeva, però, alle preghiere del vescovo, revocando la sentenza dei suoi legati, in particolare quella circa il possesso dei beni (per il seguito del conflitto e il suo significato cfr. Fliche, pp. 143 ss., e G. Miccoli, Le ordinazioni simoniache nel pensiero di Gregorio VII. Un capitolo della dottrina del primato, in Chiesa Gregoriana, Firenze 1966, pp. 181 ss.).
Fino al 1077 mancano notizie sull'attività di B.; si sa solo che si trovava a Roma nell'aprile 1076, presente al giuramento di abdicazione al vescovato di Roberto di Chartres (Reg., III, 17a, p. 283). Ai primi di gennaio dell'anno successivo era forse a Mantova al seguito di Gregorio VII diretto in Germania all'assemblea di Augusta; quando questi si ritirò a Canossa alla notizia dell'arrivo di Enrico IV che era deciso a presentarsi all'assemblea per ottenere personalmente la revoca della scomunica, B. si trovava col papa; era infatti presente al giuramento pronunciato da Enrico a Canossa il 28 genn. 1077.
Il papa, sempre intenzionato a decidere di persona, quale arbitro supremo, la questione tedesca (per il suo atteggiamento in questa occasione, cfr. Miccoli, PietroIgneo,pp.64 ss.), aveva insistito con l'imperatore per avere le più ampie garanzie di sicurezza per il suo viaggio, ma per il momento la situazione non gli permise di approfittarne costringendolo a inviare due legati.
Questi furono B. e Bernardo, abate di S. Vittore a Marsiglia, che giunsero in Germania nel febbraio del 1077; il 13 marzo parteciparono alla dieta di Forcheim; qui i principi tedeschi, che l'assoluzione di Canossa aveva posto in una difficile posizione ridando prestigio al loro nemico (sul significato di tale assoluzione, cfr. Miccoli, Il valore dell'assoluzione di Canossa, in Chiesa gregoriana, Firenze 1966, pp. 203-223), decisi ad approfittare della sua assenza dalla Germania, elessero re Rodolfa di Svevia.
Le fonti non sono concordi nel descrivere l'atteggiamento dei legati pontifici ivi presenti; secondo Paolo di Bernried essi avrebbero cercato di rimandare ogni decisione all'arrivo del pontefice; secondo altri (Bruno, Lamberto, l'Annalista) avrebbero dato il loro pieno assenso all'elezione. Questi ultimi, particolarmente Bruno, rappresentante dei Sassoni, ostilissimi a Enrico IV, avevano tutto l'interesse a cercare di legittimare, con l'approvazione dei legati pontifici, l'elezione di Rodolfo; per altro si può ragionevohnente pensare che i legati abbiano tentato di differire ogni decisione, secondo quelle che erano state, con ogni probabilità, le direttive avute dal papa. è certo però che non si opposero a tale elezione, e, inoltre, l'atteggiamento successivo di B., così chiaramente favorevole al nuovo re, non può non gettare luce circa il suo atteggiamento a Forcheim.
I legati seguirono Rodolfo, incoronato il 26 marzo a Magonza. Secondo il racconto di Bernoldo avrebbero anche inflitto una grave penitenza ai colpevoli della sollevazione avvenuta contro il re (p. 433). Sempre al seguito del nuovo re celebrarono la Pasqua ad Augusta, il 16 aprile, e di lì si recarono a Costanza.
La posizione presa dai legati non incontrò il favore di Gregorio VII. Il 31 maggio 1077 da Carpineto egli scriveva due lettere dello stesso contenuto, una ai fedeli tedeschi, l'altra ai legati, dalle quali appariva chiaro che egli non prendeva affatto posizione a favore di Rodolfo, la cui elezione lo aveva anzi posto in gravissimo imbarazzo, ma si riservava ancora una volta di decidere lui stesso e, a questo scopo, invitava i legati ad adoperarsi affinché egli si potesse recare di persona a giudicare sulla complicata situazione: essi dovevano chiedere ai due re di assicurare in ogni modo il viaggio del papa; se uno dei due avesse disprezzato i loro ordini, che rappresentavano quelli del papa stesso, avrebbero dovuto scomunicarlo, e incoronare definitivamente quello che si fosse invece mostrato obbediente (Reg., IV, 23, pp. 334 ss.; IV, 24, pp. 337 s.). Anche il persistente rifiuto di Gregorio VII alle pressanti richieste di Rodolfo e dei Sassoni di scomunicare Enrico mostra il divario tra il pensiero e le conseguenti direttive dei papa e l'azione personale dei suoi legati, i quali si trovarono indubbiamente in una posizione delicata e difficile nella drammatica situazione tedesca (per il racconto dettagliato delle vicende, cfr. Meyer von Knonau, III, pp. 75 ss.). Bernardo, abate di Marsiglia, fu addirittura fatto prigioniero mentre si recava a Roma (Meyer von Knonau, IV, p. 30; Fliche, p. 364, n. 2).
Il 12 nov. 1077, alla presenza di B., si riuniva a Goslar l'assemblea dei principi tedeschi; con ogni probabilità, secondo la concorde testimonianza delle fonti tedesche, in questa occasione B. scomunicò Enrico IV, confermando Rodolfo re di Germania (per le varie interpretazioni, cfr. Fliche, p. 367, nota 5). Anche senza quest'ultimo atto, è chiaro che tutto l'atteggiamento di B. non poteva incontrare il favore del pontefice. Questi infatti, il 9 marzo del 1078, scriveva all'arcivescovo di Treviri, Udone, perché si recasse a Roma per riferire sulla situazione e per scortare al suo ritorno in Germania nuovi legati; e nello stesso tempo perché provvedesse a che B. e Bernardo di Marsiglia tornassero a Roma.
Ma B., ormai fedele accompagnatore di Rodolfo, non tornò per il momento in Italia, rimanendo a Goslar almeno fino alla primavera del 1078. Riaccesasi la guerra, egli si trovò presente dalla parte dei Sassoni alla sanguinosa battaglia di Melrichstadt (7 ag. 1078), in cui sembra che Enrico IV abbia avuto la meglio; e qui B. forse fu ferito e fatto prigioniero.
Tornò a Roma con ogni probabilità solo poco prima del concilio del febbraio 1079; infatti, il continuatore di Bertoldo (p. 312), parlando del ritorno a Roma dell'abate di S. Vittore di Marsiglia nel novembre 1078, non nomina B.; parla invece della sua difficoltà a raggiungere Roma proprio per il concilio del 1079, dove si doveva recare insieme coi vescovi Ermanno di Metz e Altmanno di Passau. B. in questa occasione, sempre secondo lo stesso annalista (p. 318), il più diffuso sul concilio, avrebbe fatto un resoconto della sua missione, ricordando anche la condanna da lui pronunciata contro Enrico IV, dopo che era stata già prima formulata da Sigfrido di Magonza e da altri sei vescovi, e la conferma dell'elezione di Rodolfo (per tutto il concilio e le diverse fonti, cfr. Miccoli, Pietro Igneo,pp. 74 ss.). Dopo questo episodio manca ogni altra notizia su Bernardo.
Fonti e Bibl.: Gregorii VII Registrum, a cura di F. Caspar, Berolini 1955, I, 17, pp. 27-28; I, 44, pp. 67-68; I, 45, pp. 68-69; III, 17 a, pp. 282-283; IV, 12 a, pp. 314-315; IV, 23, pp. 334-336; IV, 24, pp. 336-338; V, 7, p. 356; V, 16, pp. 376-378; Bernoldi Chronicon, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, V, Hannoverae 1844, pp. 433-435; Bertholdi Annales, ibid., pp. 291, pp. 302-318; Paolo di Bernried, Gregorii papae VII vita, a cura di I. M. Watterich, in Pontificum Romanorum Vitae, I, Lipsiae 1862, pp. 527-531; Lampertus Hersfeldensis, Annales, a cura di, O. Holder-Egger, in Mon. Germ. Hist., Scriptores rer. Germ. in usum scholarum,Hannoverae-Lipsiae 1894, p. 303; Brunos Buch von Sachsenkrieg, a cura di H. E. Lohmann, in Mon. Germ. Hist., Deutsches Mittelalter, II, Leipzig 1937, pp. 67-88; G. Meyer von Knonau, Jahrbücher des deutschen Reiches unter Heinrich IV. und Heinrich V., II, Leipzig 1894; III, ibid. 1900, ad Indicem; O. Schumann, Die päpstlichen Legaten in Deutschland zur Zeit Heinrichs IV. und Heinrichs V. Marburg 1912, pp. 18-22, 36-44; A. Fliche, La réforme grégorienne, II, Louvain-Paris 1925, ad Indicem; H. W. Klewitz, Reformpapsttum und Kardinalkolleg, Darmstadt 1957, p. 88; G. Miccoli, Pietro Igneo. Studi sull'età gregoriana, Roma 1960, pp. 73, 75, 80, 81, 83, 84, 85 ss., 93; Dictionnaire d'Histoire et de Géographie Ecclésiastiques ,VIII, coll.766-763.