PREVEDARI, Bernardo
PREVEDARI, Bernardo (Bernardinus de Prevedariis). – Non si conosce la data di nascita di questo orafo e incisore, figlio di un certo Giovanni, attivo a Milano nell’ultimo quarto del XV secolo.
Il padre, originario della Valle Imagna nel Bergamasco, è documentato nel capoluogo lombardo a partire dal 1456 come residente della parrocchia di S. Maria in Beltrade, nei pressi di Porta Ticinese, dove è attestato fino alla morte, avvenuta tra il 1473 e il 1476 (Alberici, 1980, p. 44 n. 5). Il fatto che nei primi documenti, e fino al 1473, egli compaia come tutore del figlio ancora minorenne lascia supporre che la data di nascita di quest’ultimo si debba collocare attorno al 1450-55 circa. Le carte d’archivio ricordano anche altri membri del nucleo familiare, tra cui in particolare un certo Cristoforo, fratello minore di Bernardo, anch’egli avviato alla professione di orafo nel 1481 (p. 44 n. 5).
Il primo documento che riguarda Bernardo risale al 27 marzo 1469, quando il padre Giovanni stipulò per conto del figlio un patto di apprendistato con l’orafo Giovanni Antonio Zaffaroni. Il giovane si impegnava a traferirsi per i successivi quattro anni e mezzo nella casa del maestro, e a esercitarsi sotto la sua supervisione «in arte fabrorum Mediolani, et facere omnia ea quae pertinent ad dicta artem», ricevendo in cambio vitto, alloggio nonché la somma di 24 fiorini complessivi a decorrere dalla metà del terzo anno (Alberici, 1988, pp. 5, 11 n. 4). Alla conclusione dell’apprendistato, nel settembre 1473, venne assunto come lavorante dall’orafo Domenico de Magnis, già fideiussore del precedente accordo del 1469, nella cui bottega – sita in parrocchia di S. Maurilio, non distante dall’edificio della Zecca Vecchia – si trasferì per completare la sua formazione «in arte fabricariae», ricevendo un salario di poco più di 13 fiorini annui (pp. 5, 12 n. 7).
Qualche anno più tardi, il 28 agosto 1476, compare come titolare di un contratto di locazione che ne attesta la residenza nei pressi di Porta Cumana, a nord della città, nonché il raggiungimento della maggiore età legale (p. 5).
Il 15 novembre 1481 Bernardo firmò un contratto di collaborazione con l’orafo milanese Antonio Meda («Antoniotus de Meda», documentato nel 1481-1524), residente nella parrocchia di S. Satiro e fabbriciere della Scuola di S. Maria presso S. Satiro (Alberici, 1988, p. 6). L’accordo prevedeva il trasferimento del giovane a Roma, dove, a decorrere dal 15 gennaio 1482 e per i successivi due anni, avrebbe svolto l’attività «de arte fabriara» per conto del maestro, ricevendo in cambio vitto, alloggio e un congruo salario annuo (Alberici, 1980, pp. 38, 43 n. 3). È stato ipotizzato che il giovane fosse stato ingaggiato per ornare con incisioni all’acquaforte o a niello i lavori eseguiti nella bottega romana dei Meda, probabilmente specializzata nella produzione di armi e armature per il mercato locale (pp. 40 s.).
Di pochi giorni precedente il patto con Antonio Meda è il contratto per la realizzazione di una grande incisione da eseguire su disegno di Donato Bramante, stipulato il 24 ottobre 1481 presso il notaio Benino Cairati con il pittore Matteo de’ Fedeli, esponente della dinastia di artisti attivi in Lombardia a partire dalla fine del XV secolo (Beltrami, 1917; si veda anche la trascrizione integrale rivista in Alberici, 1978, pp. 52-54).
Il contratto, rintracciato e pubblicato nel 1917 dall’architetto e studioso milanese Luca Beltrami, costituisce uno dei documenti più antichi e importanti per la storia dell’arte incisoria in Italia. Secondo i termini dell’accordo, il «magister» Bernardo Prevedari si impegnava a eseguire entro il successivo 24 dicembre «stampam unam cum hedifitiis et figuris», da incidere su una lastra di «lotoni», ovvero ottone, «secundum designum in papiro factum per magistrum Bramantem de Urbino (Aldovini, 2012, p. 60)»; egli inoltre si obbligava a svolgere il lavoro «omne die et de nocte» in casa del committente, accordandosi per un compenso finale di 48 lire imperiali; al termine del lavoro, infine, prometteva di cedere a Matteo de’ Fedeli per 3 lire il disegno originale di Bramante, che dunque in origine doveva appartenergli (su questo punto in particolare, si vedano le considerazioni di Romano, 2011, p. 204 n. 4, e Aldovini, 2012, p. 60).
La riscoperta del documento ha permesso di associare il nome dell’orafo milanese a una delle incisioni più celebri ed enigmatiche del Rinascimento italiano, ovvero l’Interno di un tempio con figure, meglio conosciuta con il nome di Incisione Prevedari (The illustrated Bartsch, 1999, pp. 93-96).
L’incisione è firmata alla base del plinto centrale «bramantv/s fecit / in M(edio)l(an)o», e raffigura l’interno di un edificio pagano parzialmente in rovina, connotato da insegne cristiane e da un ampio repertorio decorativo di gusto antiquario, entro il quale si trovano diverse figure, tra cui alcuni armigeri, uomini a cavallo e religiosi (Aldovini, 2014, p. 84). Il foglio è noto in due soli esemplari superstiti, conservati rispettivamente a Milano (Castello Sforzesco, Civica Raccolta delle stampe Achille Bertarelli; inv. Art.g.26-29) e a Londra (British Museum, Department of prints and drawings; inv. V-1.69).
L’esemplare milanese, acquistato dal Comune nel 1978, proviene dalla collezione Perego già a Cremnago, nel Comasco, dove venne visto e descritto la prima volta dall’abate Pietro Zani alla fine del XVIII secolo (Albertini Ottolenghi, 2000, p. 390; Aldovini, 2012, p. 65, n. 3, ricorda anche l’esistenza di una più antica registrazione seicentesca nell’archivio Perego). L’esemplare londinese, entrato nel British Museum nel 1806, proviene invece dalla raccolta del medico inglese John Monro, dove venne segnalato la prima volta da Joseph Strutt nel 1785 (Aldovini, 2012, pp. 64 s. n. 2). Questo secondo foglio si caratterizza rispetto al suo omologo milanese per la migliore inchiostratura e per le dimensioni lievemente maggiori (circa 708×512 mm contro 695×518 mm), nonché per la presenza di segni di degrado materiale (piccole lacerazioni, integrazioni a mano e fori da spolvero) considerati indizio del massiccio utilizzo della stampa e della sua ampia circolazione (Aldovini, 2009).
Si ha inoltre notizia di un presunto terzo esemplare, segnalato nel 1864 da Johann David Passavant nella collezione Wellesley di Oxford, e di cui in seguito sembrano essersi perdute le tracce (Aldovini, 2012, pp. 66 s. n. 4).
Per la sua importanza come documento della storia e del gusto prospettico rinascimentale, l’Incisione Prevedari è stata oggetto negli anni di una capillare indagine conoscitiva, volta a esplorarne sia gli aspetti tecnico-materiali sia quelli legati all’iconografia e alla fortuna critica (per una sintesi ragionata, si rimanda ad Aldovini, 2014, pp. 82-85, con ulteriore bibliografia). Particolare rilievo ha assunto soprattutto la questione del rapporto con i modelli bramanteschi, con cui sono state segnalate analogie e convergenze sia sul piano del dettaglio architettonico sia, più in generale, per quanto riguarda la concezione spaziale (soprattutto Bruschi, 1969; Borsi, 1997; Schofield, 2013, pp. 12-21). Per quanto riguarda il contenuto dell’incisione, ha goduto di particolare fortuna la lettura di Germano Mulazzani (1972 e 1978), che ha proposto di individuare l’edificio raffigurato nell’antica chiesa oggi distrutta di S. Giovanni alle Quattro Facce, e di collegare il soggetto con l’episodio apocrifo dell’antica evangelizzazione di Milano da parte di san Barnaba, mentre più di recente sono stati messi in luce il carattere allegorico della stampa e la sua peculiare interpretazione in termini cristiani del mondo pagano (si consulti, per esempio, Nagel-Wood, 2010, pp. 309-312). Sono stati poi inoltre ampiamente analizzati sia gli aspetti tecnico-esecutivi, soprattutto in rapporto alla cultura mantegnesca e ferrarese (Romano, 2007, pp. 57 s.), sia quelli relativi alla circolazione della stampa e alla diffusione di dettagli e particolarità iconografiche in Italia e Oltralpe (Aldovini, 2014, p. 85, con bibliografia). Si registrano infine alcuni sporadici tentativi di allargare su base stilistica il corpus grafico dell’autore; tra questi si segnala la proposta di attribuirgli il frontespizio delle celebri Antiquarie prospetiche romane composte per prospectivo melanese depictore (opera stampata probabilmente a Roma, circa 1496; Dalai Emiliani, 1982), da escludere tuttavia per ragioni di cronologia.
Le scarse testimonianze successive alla realizzazione dell’incisione non consentono di apportare ulteriori elementi sull’attività professionale di Prevedari, la cui identità artistica rimane ancora sfuggente ed enigmatica.
Nel novembre del 1482 risulta coinvolto in una lite con gli eredi della congiunta Susanna Prevedari, riguardante un modesto lascito contestato da lui e dal fratello Cristoforo, a quel tempo residenti nella parrocchia di S. Stefano nei pressi di Porta Nuova (Alberici, 1988, p. 6). Successivamente, nel marzo del 1486, il suo nome compare in una rubrica notarile in connessione con quello dell’orafo Giovanni Mantegazza, che risulta aver rilasciato una dichiarazione giurata («confessio»), probabilmente relativa a una controversia giudiziaria concernente lo stesso Bernardo Prevedari (p. 6). Tra il 1485 e il 1487 si deve infine collocare anche la nascita dell’unico figlio di cui si ha notizia, Giovanni Antonio, definito nell’accettazione dell’eredità del 1493 «maiorem anni sex et minorem anni octo» (Alberici, 1980, p. 41), e del quale si ignora tuttavia l’identità della madre.
Non si conosce con precisione la data di morte, avvenuta probabilmente a Milano poco prima del 31 maggio 1493, quando un documento ufficiale sollecitava la nomina di un tutore per il giovane Giovanni Antonio Prevedari affinché potesse entrare in possesso dell’eredità lasciatagli dal padre (p. 41).
Fonti e Bibl.: L. Beltrami, Bramante e Leonardo praticarono l’arte del bulino? Un incisore sconosciuto: B. P., in Rassegna d’arte antica e moderna, XVII (1917), pp. 187-194; P. Murray, ‘Bramante Milanese’: the printings and engravings, in Arte lombarda, VII (1962), pp. 25-42; F. Wolff Metternich, Der Kupferstich Bernardos de P. aus Mailand von 1481, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XI (1967-1968), pp. 9-108; A. Bruschi, Bramante architetto, Bari 1969, pp. 153-156, 165; G. Mulazzani, Ad civitatem Mediolani veni: il senso dell’Incisione Prevedari, in Studi sulla cultura Lombarda in memoria di Mario Apollonio, I, Milano 1972, pp. 76-90; C. Alberici, L’Incisione Prevedari, in Rassegna di studi e notizie, VI (1978), pp. 37-55; G. Mulazzani, Il tema iconografico dell’Incisione Prevedari, ibid., pp. 67-71; M. Dal Mas, Donato Bramante, l’Incisione Prevedari: studio di restituzione prospettica, in Bollettino del Centro studi per la storia dell’architettura, XXV (1979), pp. 15-22; C. Alberici, Notizie inedite su B. P. e aggiunte alla ‘fortuna’ della sua incisione da disegno del Bramante nella pittura rinascimentale, in Rassegna di studi e notizie, VIII (1980), pp. 37-44; M. Dalai Emiliani, La prospettiva in Lombardia: teoria ed esperienze, in Zenale e Leonardo. Tradizione e rinnovamento della pittura lombarda (catal.), Milano 1982, pp. 260 s.; C. Alberici, B. P. incisore di un disegno di Bramante, in Arte lombarda, LXXXVI-LXXXVII (1988), pp. 5-13; F. Borsi, Bramante, Milano 1989, pp. 155-162; D. Landau - P.W. Parshall, The Renaissance print. 1470-1550, New Haven-London 1994, pp. 23 s., 30, 104-107, 147; C. Strinati, Interno di un Tempio, in Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo. La rappresentazione dell’architettura (catal., Venezia), a cura di H. Millon - V. Magnano Lampugnani, Milano 1994, pp. 502 s.; P. Venturelli, Gioielli e gioiellieri milanesi. Storia, arte, moda (1450-1630), Cinisello Balsamo 1996, p. 25; S. Borsi, Bramante e Urbino: il problema della formazione, Roma 1997, pp. 101-129; W. Jung, Coerenti incongruenze sulla Incisione Prevedari e il coro di Santa Maria presso San Satiro di Bramante, in Quaderni dell’Istituto di storia dell’architettura, XXXI (1999), pp. 27-40; The illustrated Bartsch, XXIV, 4, New York 1999, pp. 91-96; M.G. Albertini Ottolenghi, Il Malaspina, l’abate Zani e la Stampa Prevedari, in Luigi Malaspina di Sannazzaro (1754-1835): cultura e collezionismo in Lombardia tra Sette e Ottocento. Atti del Convegno… 1999, a cura di M. Albertario, Milano 2000, pp. 387-397; C. Salsi, La moda ‘alla lombarda’ del XV secolo. Esempi nella Stampa Prevedari della Civica Raccolta A. Bertarelli di Milano, in Dalla testa ai piedi. Costume e moda in età gotica. Atti del Convegno di studi… 2002, a cura di L. Dal Prà - P. Peri, Trento 2006, pp. 159-171; G. Romano, Un seminario su Bramantino, in Concorso. Arti e lettere, I (2007), pp. 39-69; L. Aldovini, The Prevedari Print, in Print Quarterly, XXVI (2009), pp. 38-45; C. Kleinbub, Bramante’s Ruined Temple and the dialectics of the image, in Renaissance Quarterly, LXIII (2010), 2, pp. 412-458; A. Nagel - C. Wood, Anachronic Renaissance, New York 2010, pp. 309-312; G. Romano, Per un documento del 1480, in Id., Rinascimento in Lombardia. Foppa, Zenale, Leonardo, Bramantino, Milano 2011, pp. 199-206; L. Aldovini, Le stampe come cartoni: ipotesi sull’Incisione Prevedari, in Rassegna di studi e notizie, XXXIX (2012), pp. 59-71; Ead., La sfortuna ottocentesca della «bramantica stampa»: l’Incisione Prevedari e due copie perdute, in Studi in onore di Maria Grazia Albertini Ottolenghi, a cura di M. Rossi et al., Milano 2013, pp. 93-98; A. Cottino, Fra Carnevale, Antonello e i Turchi: ragionamento sull’Incisione Prevedari e sul “Cristo alla colonna” di Bramante, in Valori Tattili, II (2013), pp. 8-21; R. Schofield, Bramante dopo Malaguzzi Valeri, in Arte lombarda, CLXVII (2013), pp. 5-51; L. Aldovini, in Bramantino. L’arte nuova del Rinascimento lombardo (catal., Lugano, 2014-2015), a cura di M. Natale, Milano 2014, scheda n. 1, pp. 82-85.