MEDICI, Bernardo
de’. – Nacque probabilmente a Firenze nei primi anni del Cinquecento (nel 1501, secondo la Hierarchia catholica; nel 1503, secondo Litta) da Antonio di Bernardo e da Francesca Tedaldi. Il padre, appartenente a un ramo collaterale della famiglia Medici, ricoprì alcune cariche pubbliche, tra cui quelle di castellano di Ravenna e di commissario fiorentino a Pistoia.
Destinato alla carriera ecclesiastica, nel 1519 fu investito della pieve di San Pietro a Vaglia in Mugello, al posto dello zio Leonardo de’ Medici nominato vescovo di Forlì. Nel maggio 1527, quando i Medici furono costretti ad allontanarsi da Firenze, il M. seguì a Pisa Ippolito, al cui servizio rimase per alcuni anni. Nel 1528, ancora in sostituzione dello zio Leonardo, ebbe da Clemente VII la carica di vescovo di Forlì, insieme con quelle di canonico della cattedrale di Firenze, di prelato domestico e di preposto della chiesa di S. Maria a Sabbioneta nei pressi di Cremona.
Anche se non mancarono contatti con Alessandro, futuro duca di Firenze, chiamato «patrone» in una lettera del 2 maggio 1527 (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, b. 126, c. 92r), le fonti lo confermano costantemente al seguito di Ippolito, nel 1529 creato cardinale, nella cui famiglia è attestato nel 1531 (Ibid., Ducato di Urbino, I, 132, c. 588r) insieme, tra gli altri, con Francesco Berni, a favore del quale, nel 1533, rinunciò al canonicato fiorentino. L’8 luglio 1532, alla testa di una spedizione militare allestita in aiuto di Carlo V impegnato in Ungheria contro i Turchi, il cardinale Ippolito de’ Medici partì da Roma alla volta di Ratisbona, dove fece il suo ingresso il 13 agosto, avendo tra gli altri al suo seguito Paolo Giovio, il vescovo di Tortona Uberto Gambara, quello di Pavia Giovangirolamo de’ Rossi e il Medici.
Quando, il 10 ag. 1535, morì avvelenato il cardinale Ippolito, accostatosi ai fuoriusciti fiorentini nelle manovre contro il cugino duca Alessandro de’ Medici, il M. fu chiamato in causa.
A questo proposito esiste una significativa testimonianza di Giovanni Maria Della Porta, ambasciatore urbinate, il quale riferì al duca Francesco Maria Della Rovere che «Sua Santità mandò il governatore di Roma in la casa del cardinale, che condusse prigione in castello il vescovo di Forlì, venuto il dì medesimo dalla persona del cardinale che l’aveva pochi dì prima repigliato in gratia doppo l’averlo avuto in molta disgratia per aver secondo si disse secreta intelligenza col duca Alessandro» (ibid., b. 133, c. 311r). Se a tutt’oggi sembra certo l’avvelenamento da parte dello scudiero del cardinale, Giovanni Andrea de’ Franceschi, le carte superstiti niente dicono di un coinvolgimento del M. nella vicenda.
Nel gennaio 1537, subito dopo l’assassinio del duca Alessandro, il M. era già al servizio del nuovo signore di Firenze, Cosimo de’ Medici, dal quale fu inviato in Spagna per rendere conto dei drammatici avvenimenti.
Come al solito, le istruzioni per questa delicata missione furono chiare: una volta data all’imperatore «particulare notitia del caso succeduto nella persona del duca Alessandro» e rassicuratolo sulla sorte della duchessa (Margherita, figlia naturale di Carlo V), il M. aveva il compito di ragguagliare sulla chiamata al potere del giovane Cosimo, che senza esitare si impegnava a «mai deviarsi dalla volontà di sua maestà». Il M. doveva altresì pregare Carlo V «di dare commissioni a suoi capitani e ministri che sono in Italia che accadendo movimento alcuno contro questo stato faccino ogni opera et sforzo per difenderlo», con chiara allusione alle iniziative che i fuorusciti antimedicei stavano tentando di porre in atto (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, b. 2634, cc. 3-6). Passato da Firenze a Genova insieme con il pisano Cherubino Bonanni, già agente mediceo in Spagna, il M. si imbarcò alla volta di Barcellona il 18 gennaio per raggiungere la corte a Valladolid dieci giorni dopo; una volta espletato il compito, rientrò con il compagno d’ambasciata a Firenze agli inizi di marzo.
Un ulteriore incarico gli venne affidato nel novembre 1539, quando fu mandato a Napoli per condolersi con il viceré Pedro de Toledo della morte della moglie, Maria Osorio: del viceré il duca Cosimo era genero, avendone sposata la figlia Eleonora pochi mesi prima. Nel febbraio 1541, in occasione del riassetto dell’Accademia Fiorentina, insieme con altri fidati collaboratori del duca, il M. fu inserito nei ruoli di quella istituzione con il palese obiettivo di un maggiore controllo del potere centrale sull’attività accademica. Nel 1544, dopo la pace di Crépy, Cosimo, ritenendo opportuno riprendere i rapporti con la Francia, inviò il M. presso Francesco I, alla cui corte, a Fontainebleau, giunse il 15 dicembre insieme con il segretario Iacopo Guidi.
Secondo le istruzioni ricevute (ibid., b. 2634, cc. 126r-128r), avrebbe dovuto congratularsi innanzitutto con la delfina, Caterina de’ Medici, per la nascita del suo primogenito, il futuro Francesco II, poi per la pace stipulata con Carlo V, e anche far presente a Francesco I, al cui servizio aveva militato Giovanni de’ Medici, padre del duca Cosimo, che questi in nessuna occasione si era adoperato contro gli interessi francesi, senza infine dimenticare la questione della precedenza con il duca di Ferrara, Ercole II d’Este. Il M. raggiunse la corte il 10 dicembre, e iniziò immediatamente a far pervenire i suoi dettagliati rapporti a Firenze, nei quali la maggiore attenzione era dedicata ai preparativi per un eventuale conflitto con l’Inghilterra e al controllo delle mosse dei fiorentini, naturalmente Caterina e, soprattutto, Piero Strozzi, capo riconosciuto dei fuoriusciti. Dopo aver seguito la corte negli abituali viaggi all’interno del paese (da Fontainebleau a Orléans, da Blois ad Amboise, da Romorantin ad Argenton), per ordine del duca di Firenze, il M. abbandonò la missione nel luglio 1545, dal momento che non si era fatto alcun progresso sulla questione che più stava a cuore al suo padrone, quella della precedenza con Ferrara.
Meno di due anni dopo, munito delle relative istruzioni in data 28 marzo 1547 (ibid., cc. 122-125), il M. fu inviato ambasciatore alla corte imperiale.
Il 15 maggio arrivò a Wittenberg, città che si sarebbe arresa quattro giorni dopo all’esercito di Carlo V, vittorioso meno di un mese prima, a Mühlberg, sui principi elettori protestanti. Una volta giunto a destinazione, insieme con il suo segretario Bartolomeo Concini, in quella sede già dal 1545, mosse al seguito della corte imperiale verso Augusta, dove il 1° settembre si aprì la Dieta. Da lì il M. inviò a Firenze una serie di lettere quanto mai precise sulla situazione in corso, che, quanto all’Italia, affrontavano il nodo di Parma e Piacenza, insieme con la congiura contro Pierluigi Farnese, il concilio di Trento e, secondo le istruzioni ricevute, la questione di Piombino e quella della precedenza. Conclusasi la Dieta, nel gennaio 1548, l’imperatore partì per Bruxelles, dove in aprile fu raggiunto dal principe Filippo, il futuro re di Spagna, la cui entrata in città fu puntualmente descritta dal M. (ibid., b. 4307, s.n.) che, subito dopo, seguì Carlo V attraverso le Fiandre, riferendo, tra l’altro, dei problemi suscitati dall’introduzione dell’Inquisizione in quei territori.
Nel corso del 1550 Cosimo de’ Medici si adoperò presso il neoeletto papa Giulio III per la nomina del M. a cardinale. Tra il novembre 1550 e l’inizio dell’anno successivo, il M. fu implicato nella pubblicazione delle Historiae di P. Giovio, del cui secondo volume l’imperatore non si diceva soddisfatto, e nel carteggio con Firenze (ed. in Price Zimmermann, pp. 87-90) comunicò le lamentele e i suggerimenti della cerchia imperiale circa le opportune correzioni. Esaurito il suo mandato e sostituito dal nuovo ambasciatore Pierfilippo Pandolfini, il 15 luglio 1551 il M. partì alla volta di Firenze.
Il M. morì a Firenze il 4 ott. 1552.
Registra l’avvenimento un cronista: «a dì 4 d’ottobre 1552 morì el veschovo de’ Medici […] grandissimo uomo litterato e uomo istimato e fedele al suo padrone e andato più volte in Francia a re e allo ’mperadore e ambasciadore, ;fugli fatto uno bello onore, fu sopallito nell’avello de’ chanonici di Santa Maria del Fiore, morì di funghi velenosi» (Buonsignori).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 2, cc. 298-302; 3; 6; 11; 16-17; 360; 369; 395; 401; 1170-1176; 2634, cc. 3-6, 122-125, 126r-128r; 3260; 3262; 4304; 4306-4312; 4591; 4591A, cc. 3r-7r; Carte Strozziane, Serie I, 34; Miscellanea Medicea, 96-2; Ducato di Urbino, I, 132, c. 588r; 133, c. 311r; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 1278; 1283; B. Varchi, Storia fiorentina, a cura di L. Arbib, Firenze 1843-44, I, p. 190; II, pp. 282, 306; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins, III, Paris 1865, pp. 138-169; F. Berni, Poesie e prose, a cura di E. Chiorboli, Firenze 1934, pp. 338, 346, 360 s.; P. Giovio, Opera, I, Epistularum pars prior, a cura di G.G. Ferrero, Roma 1956, pp. 185, 196, 325; M. Sanuto, I diarii, LVI, Bologna 1970, pp. 770, 818; F. Buonsignori, Memorie (1530-1565), a cura di G. Bertoli - S. Bertelli, Firenze 2000, p. 86; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’Italia «spagnola» (1536-1648), I, 1536-1586, a cura di A. Contini - P. Volpini, Roma 2007, pp. 4-9, 13, 97-102; S. Salvini, Catalogo cronologico de’ canonici della chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1782, n. 528; A. Virgili, Francesco Berni, Firenze 1881, p. 438; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato, Roma 1953, pp. 100 s.; T.C. Price Zimmermann, The publication of Paolo Giovio’s «Histories»: Charles V and the revision of book XXXIV, in La Bibliofilia, LXXIV (1972), 1, pp. 48-90; M. Plaisance, L’Accademia e il suo principe, Manziana 2004, p. 84; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Medici, tav. V; Hierarchia catholica, III, p. 214.
V. Bramanti