Benin
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Africa occidentale, sul golfo di Guinea. Paese sovrappopolato, il B. conservava un ritmo di accrescimento demografico (3,2% annuo nel periodo 2000-2005) superiore allo sviluppo dell'economia. Al censimento del 2002 la popolazione (prevalentemente concentrata nelle regioni meridionali) risultava pari a 6.769.914 ab., mentre nel 2005, secondo alcune stime, superava gli 8,4 milioni. Nel 1998 le sei province in cui era ripartito il Paese sono state sostituite da dodici dipartimenti: Alibori (25.683 km2), Atacora (20.459 km2), Atlantique (3233 km2), Borgou (25.310 km2), Collines (13.561 km2), Couffo (2404 km2), Donga (10.691 km2), Littoral (79 km2), Mono (1396 km2), Ouémé (2835 km2), Plateau (1865 km2), Zou (5106 km2).
L'economia del B. aveva attraversato tra il 1990 e il 2003 una fase costante di crescita, con un incremento in termini reali, del PIL pro capite del 2,1% annuo, ma la lotta alla povertà continuava a essere uno degli obiettivi prioritari del governo, in quanto un terzo della popolazione viveva al di sotto di tale soglia. Nel 2001 circa la metà degli occupati lavorava nel settore primario, che nel 2003 contribuiva per il 35,7% alla formazione del PIL. La principale coltura era quella del cotone (150.000 t di fibra e 425.000 t di semi nel 2003), che copriva oltre la metà del totale delle esportazioni; tuttavia, nel quadro di una politica di diversificazione delle colture, il governo lanciava un programma di sviluppo della filiera dell'olio di palma che prevedeva un aumento della superficie destinata alla coltivazione della palma dai 6100 ha del 2004 ai 26.910 del 2010. Le autorità erano impegnate anche nella lotta alla deforestazione e, sostenute dagli organismi internazionali, incoraggiavano l'impianto di essenze commerciali, in particolare il teck. L'energia elettrica era fornita pressoché interamente dalle importazioni dal Ghana, e per ridurre tale dipendenza era in programma la costruzione (in società con il Togo) di una centrale idroelettrica sul fiume Mono.
Storia
di Emma Ansovini
La continuità della leadership dell'anziano dittatore M. Kérékou rappresentava alle soglie del Duemila la caratteristica principale della vita politica del Benin. Salito al potere nel 1972 con un colpo di Stato, Kérékou aveva infatti guidato il Paese attraverso una lunga fase 'rivoluzionaria', inizialmente di stampo nazionalista e successivamente ispirata a un rigido marxismo, e agli inizi degli anni Novanta aveva gestito il passaggio al multipartitismo. Sconfitto nelle prime elezioni democratiche del 1991, le aveva poi vinte nel 1996, per essere confermato nuovamente nel 2001. In queste consultazioni aveva ottenuto al primo turno il 44% dei voti, contro il 28% di N. Soglo (suo principale contendente e precedente presidente della Repubblica), e aveva vinto al secondo turno con l'84%, dopo che la candidatura di Soglo era stata esclusa dalla Corte costituzionale per irregolarità, mentre la maggioranza degli altri candidati avevano boicottato la tornata elettorale per protesta. La Commissione elettorale autonoma nazionale, istituita nel 1994 dall'Assemblea nazionale per supervisionare le elezioni, si trovò in disaccordo con la Corte nel valutare la regolarità del voto, e nove dei suoi membri si dimisero. Dopo la prova elettorale Kérékou chiamò al governo esponenti dell'opposizione, avviando una politica di conciliazione nazionale, e definì la lotta alla corruzione come obiettivo primario e comune, mentre l'Assemblea nazionale varò un'amnistia per i reati commessi durante la campagna elettorale. Sia le consultazioni municipali del dicembre 2002-gennaio 2003 sia quelle legislative del marzo 2003 videro l'affermazione dei partiti legati al presidente. In particolare le elezioni per l'Assemblea nazionale furono vinte dall'Union pour le Bénin du futur, un'organizzazione politica nata nel 2002 con esplicito riferimento al presidente, che con 31 seggi divenne il primo partito e con i suoi alleati ne ottenne complessivamente 52 su 83. La reinassance du Bénin di Soglo passò da 27 a 15 seggi, perdendo la maggioranza relativa. Per la prima volta dal 1991 si formava una solida maggioranza parlamentare, avendo le precedenti tornate elettorali sempre visto una sostanziale parità tra maggioranza e opposizione. Il risultato sembrava garantire al governo il sostegno necessario per decisioni volte a correggere una situazione economica che appariva fortemente compromessa e che aveva generato una crescente tensione sociale. Il Paese non riusciva infatti a uscire dalla lunga fase di stagnazione iniziata nel 1994 con la svalutazione del franco CFA (Coopération financière en Afrique, la moneta comune dell'Africa francofona), che aveva provocato un generale impoverimento della popolazione sia nelle campagne sia nelle città, dove anche i ceti medi avevano visto un ridimensionamento delle loro condizioni di vita. La caduta dei prezzi del cotone nei primi anni del Duemila, in un Paese in cui questo rappresentava il principale prodotto per l'esportazione, aveva determinato il peggioramento del debito e ridotto le riserve valutarie nonostante la forte crescita della produzione. Anche lstipulato nel luglio 2000 con il Fondo monetario internazionale, che prevedeva l'apertura di una nuova linea di credito e riduceva il peso del debito, non prevedeva interventi in grado di rilanciare l'economia o di aprire possibilità nuove di sviluppo. In politica estera il governo confermò la sua scelta di rafforzare i rapporti con gli Stati vicini, in particolare con la Nigeria, impegnandosi anche in operazioni di peace-keeping in Costa d'Avorio e in Liberia (2003). Un ulteriore passo nella costruzione di una stabilità democratica fu rappresentato dalle elezioni presidenziali del marzo 2006, vinte, al secondo turno, da Y. Boni, un economista presidente della Banca di sviluppo dell'Africa Occidentale.