FALCONCINI, Benedetto
Nacque a Volterra (prov. Pisa), il 31 genn. 1657, da Falconcino, cavaliere di S. Stefano, e da Leonida di Angelo Incontri. La famiglia aveva ricoperto i primi onori a Volterra già col priore Benedetto (1552); le verrà riconosciuta l'appartenenza alla cittadinanza fiorentina nel 1637 e alla prima classe della nobiltà, quella del patriziato, con la legge del 31 luglio 1750.
Compi gli studi grammaticali e umanistici nella città natale per mezzo d'un sussidio riservato ai giovani nobili; fu ugualmente favorito nell'assunzione del chiericato dall'elezione a canonico soprannumerario della cattedrale. Inviato a studiare all'università di Pisa, il 7 nov. 1677 si laureò in utroque, essendo promotore Giuseppe Domenico Andreoni.
Dopo essere stato ordinato sacerdote, gli fu conferita una prebenda e passò nel numero dei canonici ordinari. Per la sua preparazione nelle materie canonistiche, il vescovo di Volterra Carlo Filippo Sfondrati lo prescelse per stendere gli atti del sinodo diocesano del 1679 e s'interpose presso il granduca Cosimo III per fargli ottenere nell'ateneo pisano l'insegnamento d'istituzioni civili nel 1678 fino al 1679 e d'istituzioni canoniche nel 1680; mantenne quest'ultimo fino al 1692. Nel 1683 fu dichiarato lettore straordinario e nel 1689 passò lettore ordinario.
Nominato nel 1684 vicario apostolico e nel 1693 proposto della chiesa di Pescia, fu costretto, per le cure pastorali, a rimanere spesso assente da Pisa. Dovendo provvedere al riordinamento della prepositura toscana - che possedeva giurisdizione quasi episcopale e un territorio separato -, il F. v'introdusse l'istituto delle monache della Visitazione o di S. Francesco di Sales e vi celebrò un sinodo tra il 25 e il 27 apr. 1694 (Decreta et constitutiones synodales Ecclesiae ac praepositurae Pisciensis..., Florentiae 1694).
Compilati col consiglio del capitolo, i decreti sinodali vennero promulgati dal F. "per togliere gli abusi, riformare i costumi e correggere gli eccessi" presenti nella cittadina toscana. Si insisteva sulla necessità d'educare cristianamente i fanciulli mediante la frequenza domenicale al catechismo, da tenere sul testo del Bellarmino.
Per eliminare le gravi deviazioni in materia d'osservanza del riposo festivo si emanava un apposito editto che vietava "alcuna opera rurale, meccanica, o servile, ovvero esercitare alcuna profana negoziazione", impediva l'apertura di qualunque bottega, proibiva il gioco a carte e a dadi nelle osterie, bettole, barberie nonché il ballo e altri divertimenti davanti alla chiesa sotto pena di 10 scudi (ibid., pp. 66-71).
Per l'aggiornamento culturale del clero venivano organizzate ogni giovedì pomeriggio le riunioni dei casi di coscienza e veniva prescritto ad ogni parroco la formazione di una biblioteca minima composta delle opere del gesuita Paolo Segneri e dei manuali di morale del Navarro, di s. Antonino e del Bonacina. Veniva, infine, vietata agli ecclesiastici la frequentazione delle bettole e dei magazzini, nonché la partecipazione ai giochi, fatta eccezione per il tavoliere e gli scacchi.
Il 15 dic. 1704 il F. venne promosso alla sede episcopale d'Arezzo. Sei giorni dopo scrisse, da Roma, la lettera pastorale di saluto al clero e al popolo. Vista l'impossibilità di tenere annualmente la visita pastorale in quella vasta diocesi, egli avviò un'interessante esperienza di consultazione permanente coi suoi parroci, i quali dovevano mensilmente render conto d'una serie di quesiti circa la scuola di catechismo, la formazione dei chierici, la soddisfazione degli obblighi per messe, l'esistenza o no di persone "scandalose", l'assistenza degli infermi e dei moribondi, lo stato d'anime dettagliato della parrocchia (circolare 2 apr. 1705, Firenze, per Piero Matini).
Altri editti successivi furono emanati per regolamentare le processioni che si facevano "con considerabil maestà" a Castiglion Fiorentino (8 apr. 1710: veniva conservata quella del Corpus Domini, per le altre si fissava l'ordine di precedenza delle varie categorie d'individui e corpi), per l'osservanza e la santificazione delle feste (editto s.d., in Arezzo, per Lazzaro Loreti), per la concessione d'indulgenze (5 febbr. 1711), per l'accoglimento della bolla Unigenitus del 1713 e la condanna del giansenismo (Epistola pastoralis domini episcopi Aretini, Pistorii 1719).
L'azione del F., che si espresse in una lunga visita pastorale, culminò nella celebrazione di due sinodi (16-17 apr. 1709 e 2 luglio 1715), presentati come aggiunte alle "costituzioni" del vescovo Pietro Usimbardi.
Nel primo sinodo si esortavano i parroci a istituire le Confraternite del Ss. Sacramento, si delimitava l'età della prima comunione tra il decimo e il dodicesimo anno, s'introduceva nel calendario la festa dell'Immacolata Concezione, si aumentava l'apparato liturgico per l'esposizione solenne del Ss. Sacramento, si proibiva l'uso della parrucca da parte dei sacerdoti tranne che per motivi di salute. In materia amministrativa si richiedeva ai beneficiati l'invio dell'inventario dei beni secondo un modello prefissato.
Se le dieci prescrizioni contenute nel secondo sinodo (pubblicato a Arezzo nel 1716) erano generalmente di modesta portata, il superamento di alcune rigidità disciplinari, che avevano caratterizzato gli anni precedenti del suo episcopato assume una certa rilevanza. La sospensione a divinis e la scomunica agli ecclesiastici che praticavano il gioco e ai sacerdoti che celebravano la messa senza l'abito talare venivano sostituite da una multa.
Durante il governo della diocesi aretina il F. fece costruire l'edificio di raccordo tra la cattedrale e il palazzo episcopale e s'impegnò nella rivendicazione della quarta parte (circa 8.000 scudi) del legato Cosimo Serristori ai preti dell'oratorio di Castiglion Fiorentino. Il ricavato venne utilizzato anche per sostenere le spese di beatificazione di Gregorio X (morto e seppellito ad Arezzo) e per provvedere la cattedrale di preziose suppellettili e paramenti sacri.
È difficile documentare i legami del F. col granduca Cosimo III, di cui sarebbe divenuto e con gli scritti e con la parola una sorta di consigliere segreto capace d'influire nelle più importanti decisioni. Sembra che anche nella Curia romana il F. godesse d'un notevole credito.
Amico e corrispondente di letterati come il Muratori, Anton Maria Salvini e Prospero Lambertini, il F. condivise con loro la passione erudita e l'adozione del metodo storico-diplomatistico. Della suaattività culturale rimangono tre opere a stampa e un certo numero d'inediti.
La Vita del servo di Dio il padre don Luigi Massai gentiluomo di Lucca monaco eremita recluso del Sacro Eremo di Camaldoli... (Firenze 1718), dedicata ai monaci camaldolesi e redatta sulla scorta di nuovi documenti tratti dall'archicenobio benedettino, era diretta a riparare le manchevolezze di un "tronco compendio" apparso nel 1689, che non aveva reso giustizia alle virtù del Massai.
Più impegnativa fu senz'altro la successiva Vita del nobil'uomo, e buon servo di Dio Raffaello Maffei detto il Volterrano ... (Roma 1722), scritta coll'intento di proporre il suo antico concittadino "per idea, e esemplare d'un Gentiluomo perfetto, e d'un Letterato santo" (p. 3). Dopo averne descritta la vita, studiava le opere con particolare riguardo ai trattati teologici, la cui ortodossia il F. mirava a difendere dalle "calunnie dei critici" come Erasmo e Adrien Baillet.
L'ultima operetta del F. è il Discorso pastorale fatto nel dì della festa di b. Gregorio X (Roma 1712), dedicato a Clemente XI per aver concesso l'indulgenza plenaria per la celebrazione della memoria di Gregorio X.
Gl'inediti sono conservati presso la Biblioteca Guarnacci di Volterra. Oltre a due scritti canonistici - le Notae ad canones (ms. 5433, coll. XLVIII, 4, 3) e il De usu clavium et virgae seu de auctoritate pontificum circa censuram et super concilium discursus (ms. 5673, coll. L - 3 - 12) - si segnala il Cronicon episcopale Aretinum (ms. 5434, coll. XLVIII, 4, 4), esempio di storia ecclesiastica sul modello muratoriano, frutto della trascrizione di oltre duecento documenti medievali negli archivi di Volterra e di Arezzo.
Anton Maria Biscioni, nelle Giunte alla Toscana letteraria del Cinelli (Firenze, Bibl. naz., ms. Magliabech., cl. IX, cod. 71, c. 427), indica anche una Storia della città d'Arezzo e degli uomini illustri della medesima, "molto voluminosa", allora conservata presso Agostino Falconcini.
Il F. morì il 6 marzo 1724 ad Arezzo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Acquisti e doni, 184 (sono le carte del F. pervenute all'Archivio nel 1881. Comprendono docc. relativi all'imposizione dei 30.000 scudi sul clero toscano di fine sec. XVII e alla fondazione del convento delle salesiane di Pescia. Tra le lettere indirizzate al F. si segnalano quelle di Cosimo III, 1710-1720, di cardinali, 1701-1722, e di varie personalità fra cui Paolo Segneri iunior, 1707-1710); Ibid., Carte Ceramelli Papiani, n. 1898 (con ritratto); Pescia, Biblioteca Magnani, cass. 3, fasc. 23; Arezzo, Archivio della curia vescovile, Lettere pastorali di diversi vescovi; A. Fabroni, Historiae Academiae Pisanae, Pisis 1795, pp. 251 s.; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, Firenze 1805, I, p. 354; F. Inghirami, Storia della Toscana, XIII, Fiesole 1844, pp. 17 s.; A. F. Giachi, Saggio di ricerche storiche sopra lo Stato antico e moderno di Volterra, [Firenze 1887], rist. anast., Bologna 1979, pp. 135 s.; G. Volpi, Acta graduum Academiae Pisanae, II, Pisa 1979, p. 365; M. Tofanelli, Iprofessori dello Studio di Pisa dal 1670 al 1700, in Bollett. stor. pisano, L (1981), p. 224; A. Tafi, I vescovi di Arezzo, Cortona 1986, pp. 152 ss.; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, V, Patavii 1952, p. 98.