CIMELLA (Cimié, Cimier, Cimiero), Benedetto Andreis conte di
Nacque a Santo Stefano dì Nizza il 22 nov. 1786 da Giuseppe Maria e da Adelaide Cortina di Malgrà. Laureato in legge nell'università di Torino (aprile 1807), intraprese la carriera giudiziaria. Il 31 luglio 1815 fu nominato sostituto avvocato fiscale generale nel Senato di Nizza, di recente costituzione. L'anno successivo (6 sett. 1816) ottenne la carica di senatore sovrannumerario presso lo stesso Senato e divenne senatore effettivo l'8 dic. 1821. Il C. passò quindi a svolgere i suoi compiti giurisdizionali nel Consolato di commercio e di mare, sedente in Nizza: tale magistratura accanto ai membri tecnici registrava la presenza di magistrati di toga ed il C. fu appunto giudice legale di tale organo, dal 19 ag. 1823 al 5 dic. 1827, Da Nizza egli fu, poi, trasferito a Torino quale consigliere di Stato (30 ott. 1829); venne quindi chiamato a prestare la sua opera di magistrato nell'amministrazione militare: nell'Uditorato generale di guerra fu prima uditore (19 febbr. 1831) poi presidente (13 sett. 1831). Con l'ascesa al trono di Carlo Alberto, il C. fu chiamato a far parte del 'nuovo Consiglio di Stato, al quale erano legate tante speranze di trasformazione costituzionale del regno, con la nomina a consigliere ordinario, applicato alla sezione di Giustizia, grazia e affari ecclesiastici (15 sett. 1831). Egli fu quindi preposto (25 ott. 1831) alle inchieste in corso contro l'attività cospirativa che era culminata poco prima della morte di Carlo Felice nella congiura dei "cavalieri della libertà": Carlo Alberto annotava nel proprio diario (11 dic. 1831): "pour avoir dans cette place un homme qui soit tout de ma confiance". Per le benemerenze acquistate in tale azione fu concessa al C. la carica di auditore generale dell'Ordine mauriziano e la decorazione di commendatore.
Le gravi tensioni antiliberali, che agitavano l'animo del sovrano, trovarono ben presto una giustificazione: in quegli anni si stava rapidamente diffondendo nello Stato sabaudo l'attività della mazziniana Giovine Italia nonostante i forti controlli polizieschi che A. Tonduti de l'Escarène, ministro degli Interni, poneva in atto. Il Mazzini aveva predisposto una rete cospirativa nei punti nevralgici dello Stato, in particolare a Genova e Alessandria, per dare il via ad una rivoluzione generale in cui il Piemonte avrebbe avuto un ruolo decisivo. Le rivelazioni di due sottufficiali portarono la polizia, nell'aprile 1833, alla scoperta del piano insurrezionale pervaso di radicalismo repubblicano e molto sentito nei ranghi subalterni dell'esercito; il pericolo imminente determinò il sovrano ad un'azione rapida e decisa e talvolta palesemente al di fuori della legalità.
Dopo un acceso dibattito si deliberò anche di estendere la giurisdizione militare ai civili coinvolti nella cospirazione e uno specifico decreto diede vita (5 maggio 1833) ad una commissione speciale onde attuare il collegamento tra i diversi tribunali, esaminare i risultati degli atti istruttori e proporre al sovrano i conseguenti provvedimenti. La commissione era composta di tre membri: Ambrosio di Gattinara, Giuseppe Antonio Gromo e il C. che il 10 settembre ne fu nominato primo presidente. Il potere affidato a tale organo inquirente era molto vasto, la competenza illimitata e si comprende come gli uomini che la gestirono poterono facilmente dar prova di implacabile severità. Il C., in particolare, si segnalò per le gravissime pressioni esercitate sui detenuti per ottenere confessioni e delazioni.
Sull'operato del C. è fortemente critico il Brofferio (che rappresenta e riassume l'atteggiamento della storiografia liberale). Indubbia rimane in ogni caso la responsabilità del sovrano nelle decisioni finali, sottoposte, caso per caso, al suo parere. Una difesa della legalità dei procedimenti è stata invece operata da una: parte della storiografia della prima metà dei secolo XX (Rodolico, Luzio, Passamonti).
Pesanti riflessi ebbero le rivelazioni che il mazziniano Giovanni Re lanciò Contro il Galateri di Genola, presidente del tribunale militare di Alessandria e contro il C. stesso. Egli accusò gli inquisitori di aver percepito 20 luigi per la sua scarcerazione. Nonostante la debolezza dell'accusa manifestamente infondata, considerata l'esiguità della somma, ma soprattutto perché essa colpiva uomini la cui incorruttibilità era indiscussa, si volle ugualmente un'inchiesta culminata in misure disciplinari nei confronti del tenente Rapallo difensore di Giovanni Re.
La tentata invasione mazziniana della Savoia dei primi mesi del 1834 e l'analoga vicenda di Genova vide ancora il C. implacabile e scrupoloso artefice dell'opera di repressione. Su tali vicende esiste un rapporto confidenziale al re (28 febbr. 1834) da cui emerge chiaro il coinvolgimento personale ed emotivo del C. al di là della ragion di Stato. Dopo le prime severe condanne inflitte (furono eseguite quattordici esecuzioni capitali), Carlo Alberto volle una rapida conclusione dei processi ancora in atto, largheggiò in condoni e in riduzioni di pene per i delatori; tuttavia un regio biglietto del 16 nov. 1835 esprime al C. e alla commissione "il sovrano gradimento per la zelante e distinta operosità".
Il 1835 segnò, in ogni caso, una svolta nella politica carloalbertina; nella ricerca di un nuovo equilibrio politico, molti funzionari notoriamente reazionari furono sostituiti neIralta direzione dello Stato (così, ad esempio, il capo della polizia politica Tiberio Pacca, e il ministro dell'interno, Tonduti de l'Escarène). Cadde pure il progetto, fortemente appoggiato dall'Austria, di costituire un, ministero di Polizia, che avrebbe dovuto essere affidato al Cimella. In un clima politico siffatto maturò la necessità della costituzione di un nuovo organo di suprema giustizia accanto ai quattro Senati già esistenti (Savoia, Piemonte, Nizza, Genova); la città prescelta fu Casale, già sede dell'antico Senato dei duchi di Monferrato soppresso nel 1730. Il Nuovo Senato di Casale istituito con editto 19 sett. 1837, insediato il 7 apr. 1838, fu presieduto dal C. (19 sett. 1838).
La nomina. non incontrò il favore pubblico per i precedenti atteggiamenti antiliberali del C.. e per le "cause che ne determinarono la scelta" (Dionisotti): l'importante carica apparve concessa al C. quale rimozione dalla capitale quasi a voler allontanare un personaggio "le cui tendenze troppo scopertamente reazionarie mal si armonizzavano con gli indirizzi che andava assumendo la politica interna dello Stato sabaudo" (Nada); certamente gli avvenimenti del 1833 non erano stati dimenticati e non giovava al sovrano e alla sua politica la presenza degli uomini che li avevano gestiti. A tal proposito pare emblematica una lettera di Camillo di Cavour in cui egli rinunciando all'idea di un proprio impegno nella politica attiva così si esprime: "si je me mets aux gages de ceux qui donnent le pays à gouverner à Cimela, Pacca et Débuté, je suis perdu de réputation, je deviens un homme inutile" (al fratello Gustavo, 20 marzo 1835, cit. in Romeo, Cavour..., p. 395 n. 100). In realtà, per qualsiasi causa fosse stata concessa, la nomina alla presidenza di uno dei Senati rimaneva una delle più alte cariche dello Stato.Il C., inoltre, era stato già confermato, il 26 maggio 1838, nell'incarico di consigliere straordinario nel Consiglio di Stato e il 21 marzo 1840 gli era stata attribuita la decorazione del gran cordone dell'Ordine dei ss. Maurizio e Lazzaro. Il C. durante la lunga carriera amministrativa si interessò ai vari problemi che lo Stato carloalbertino andava affrontando; a testimoniare tale attiva partecipazione rimangono nell'archivio idella famiglia una vasta serie di studi. Oggetto di essi furono il Consiglio di Stato, l'Ordinamento delle strade pubbliche, le strade ferrate, gli archivi pubblici, il Senato di Casale. Con l'avvento dello Stato costituzionale il C. ottenne il pensionamento (21 marzo 1848).
Il C. morì in Torino il 19 nov. 1853. Aveva sposato Tarsilla Sordi di Torcello, morta a Torino il 7 apr. 1878, da cui ebbe una sola figlia, Adele, coniugata Scozia di Calliano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Archivio di Corte, Alta Polizia, Processi politici, 1833, voll. VII e VIII; Ibid., Gabinetto Particolare di Polizia, Alessandria, 1834, Cartt. 1 e 2; Materie criminali, busta 15, fasc. 3; Ibid., Archivio Camera dei Conti, Patenti Controllo Finanze, 1815, reg. 6, f. 361; 1816, reg. 10, f. 218; reg. 11, f. 177; 1821, reg. 25, f. 132; 1823, reg. 31, f. 78; reg. 32, f. 117; 1827, reg. 47, f. 151; 1829, reg. 53, f. 120; 1831, reg. 58, f. 159; reg. 61, f. 148; reg. 62, f. 8; 1838, reg. 87, f. 241; 1848, reg. 120, f. 285; Delegazioni, 1833, reg. 10, f. 36; Editti, art. 693 paragr. 1, 1837, f. 190; Ibid., Archivio Andreis di Cimella, Carte di Benedetto Andreis di Cimella: Copialettere, Progetti e studi, Corrispondenza, Testamento;Ibid., Archivio dell'Ordine deiSS. Maurizio e Lazzaro, Prove di nobiltà, fasc. 517; A. Brofferio, Storia del Piemonte dal 1814ai giorni nostri, III, 1, Torino 1850, pp. 39 s.; C. Dionisotti: Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, pp. 66 s., 450 s.; A. Manno, Il Patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 56; A. Luzio, Carlo Alberto e G. Mazzini, Torino 1923, p. 126; Id., Gli inizi del regno di Carlo Alberto, in Mem. della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, LXVI (1923-1926), pp. 1-9; A. Colombo, Iprocessi del '33nel diario di G. B. De Gubernatis, segretario particolare di Carlo Alberto, in Risorg. ital., n. s., XVII(1924), 2, pp. 397 ss.; F. Gasparolo, Le carte alessandrine del governatorato di G. Galateri, in Riv. di storia, arte... per la prov. di Alessandria, XXXVII (1928), pp. 113-251 (riguarda il C. il doc. CXXXI); F. Salata, Carlo Alberto inedito, Milano 1931, ad Indicem;N. Rodolico, Carlo Alberto principe di Carignano, Firenze 1931, ad Indicem;E. Passamonti, Nuova luce sui processi del 1833in Piemonte, Firenze 1933, ad Indicem; Rubriche della polizia piemontese (1821-1848), a cura del R. Archivio di Stato di Torino, Roma 1938, pp. XI-XIV; R. Romeo, Il Risorgimento, in Storia del Piemonte, Torino 1961, I, pp. 343 ss.; Le relazioni diplom. fra l'Austria e il Regno di Sardegna, s. 2, II, 1833-1838, a cura di N. Nada, Roma 1973, pp. 30 ss.; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, I, Bari 1971, pp. 391, 395, 787; B. Montale, Dall'assolutismo settecentesco..., Eman. Pes di Villamarina, Roma 1973, pp. 111 ss.; F. Della Peruta, Mazzini e i rivol. italiani. Il Partito d'azione, 1830-1835, Milano 1974, pp. 98 ss.; E. Bottasso, Icavalieri della libertà, in Mazzini e i repubblicani italiani. Studi inon. di T. Grandi..., Torino 1976, pp. 15-44; Il processo ad Andrea Vochieri, Alessandria 1976, introd., pp. non num.; N. Nada, Dallo Statoassoluto allo Stato costituzionale, Storia del regnodi Carlo Alberto dal 1831 al 1848, Torino 1980, ad Ind.