BENDA (dal germ. binda; fr. bandeau; sp. venda; ted. Binde; ingl. band)
La benda (στέϕος, στρόϕιον, ταινία, vitta, fascia, taenia) ha parte importante nella vita religiosa dei Greci e dei Romani, perché sin da tempo antichissimo essa è stata un segno di consacrazione alla divinità, e sono state ad essa attribuite virtù religiose e apotropaiche. Era pertanto impiegata nelle cerimonie religiose, funerarie e nuziali; era nel contempo elemento dell'acconciatura femminile del capo, ed ebbe qualche parte - come insegna o come espressione di gioia - nella vita marinaresca.
Bende sacre. - La benda è un segno visibile del legame che unisce la divinità con l'essere o con la cosa consacrata, ond'essa risulta indispensabile a coloro che sono comunque posseduti dal dio; è attributo essenziale del sacerdote e segno di consacrazione del sacrificante o dell'eletto dalla divinità, o dell'animale e della cosa offerti alla divinità.
Così la Pizia di Delfo, quando si accinge a rendere gli oracoli, tiene una benda nella mano levata verso il dio; la benda è un attributo dei partecipanti al tiaso bacchico, quand'anche appaia solo legata, come avviene spesso per le baccanti, all'asta del tirso; lo scettro di Crise (Iliade, I, 14), è ornato di στέμματα. Nella religione romana, gli Arvali portano una corona di spighe legate con una benda bianca; e segni distintivi speciali del flamen dialis sono, col copricapo munito di apex, le vittae. Di vitta sono infine muniti i devoti iniziandosi ai misteri o celebrando un taurobolio pubblico o privato.
I vincitori di gare atletiche portano anch'essi, presso i Greci, assai spesso una benda: essa dimostra che la ricompensa ha carattere sacro, e che il vincitore è sacro alla divinità di cui è l'eletto; nei monumenti figurati lvike è rappresentata spesso con la benda, nell'atto di consegnarla ai vincitori. E anche le cose offerte alla divinità portano, di frequente, quale segno di consacrazione, la benda; né la vitta manca mai di ornare le vittime nelle scene di sacrifizio dei rilievi romani; la vitta orna gli altari, i bucranî nei templi, i tripodi coragici, il collo dei vasi sacri, e perfino le chiavi dei templi. Infine, circondata di vittae è la prima pietra che si depone nelle fondazioni che hanno carattere sacro.
Né solo gli esseri o le cose sacre alla divinità portano le bende, ma molti degli stessi dei, e più che tutti Afrodite ed Eros, recano il capo cinto di bende, o la benda si avvolge a uno degli attributi divini; né le bende mancano talora a idoli arcaici quale l'Artemide di Efeso; e ne vanno adorni talvolta gli alberi sacri e le colonne e i betili: notissimo l'omphalos di Delfi, coperto da una rete di bende.
Bende funerarie. - Di carattere sacro deve ritenersi anche l'uso delle bende funerarie. Bende rosse son deposte in Grecia sul letto del defunto; e bende sono deposte sulla tomba stessa e intorno alla stele funebre. Le rappresentazioni di stele funebri con bende sono frequentissime nei vasi greci e italioti. Onde appar certo che le ghirlande e le vittae, quali sono rappresentate con tanta frequenza sui sarcofagi, sono non già motivi ornamentali puri e semplici, ma testimonianze di riti funerarî reali, nei quali i fiori naturali e i nastri avevano un'importantissima parte.
Bende nuziali. - Presso i Romani le bende di lana avevano parte anche nelle cerimonie nuziali. La madre della sposa attaccava delle bende alle torce nuziali e la sposa prima di varcar la soglia della casa coniugale collocava sulla porta bende di lana. Una delle cerimonie nuziali era quella di raccogliere i capelli in sei trecce, legandoli poi con molteplici nastri di lana: tale acconciatura rimase di rito per la flaminica. A differenza della Grecia, dove l'apprestamento dei capelli e i nastri che entravano a farne parte furono considerati sempre come cosa riferentesi soltanto all'acconciatura, in Roma la vitta crinalis era considerata segno di castità e di pudicizia, e riservata alle fanciulle e alle matrone di nascita libera.
Altri usi. - Il nome di ταινίαι e di vittae si dava infine alle banderuole che s'inalberavano sulle navi, sia come "fiamme", sia come "pavese" di festa, sia infine quale segnale, oppure per indicare la direzione del vento.
L'uso di bende, o veli, di fronte a un superiore o alla divinità, si trova anche fuori dell'antichità pagana. Così, in antiche figurazioni cristiane, S. Pietro in atto di ricevere le chiavi, o i martiri che recano corone, hanno le mani velate; con le mani velate si faceva l'adoratio all'imperatore (v. adorazione), e così fanno i cardinali nell'"adorare" il papa neo-eletto. Quanto al velo nuziale, esso si ritrova presso numerose popolazioni: il van Gennep (Rites de passage, Parigi 1909, p. 240) considera il velare il capo come un modo di stabilire una separazione della sfera del sacro da quella del profano; un velo nuziale è sostanzialmente - in seguito alle mistiche nozze col Cristo - quello delle monache cristiane. Quanto al velo delle donne e delle fanciulle nel cristianesimo, basterà citare S. Paolo (I Corinzî, XI, 4 segg., cfr. Efesini, v, 23), Tertulliano (De virgin. veland.). Per l'uso della benda in chirurgia v. fasciatura; v. anche velo.
Bibl.: Per l'antichità classica, vedi Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités, s. v., Taenia e Vitta.