BELŪCISTĀN (A. T., 92)
N Paese dei Beluci (Balōč) che nel senso etnografico si estende dalla Persia sud-orientale sino all'Indo e costituisce la porzione SE. dell'altipiano iranico, corrispondente per gran parte all'antica Gedrosia. Il riome deriva dalle tribù dei Beluci che vi immigrarono dalla Persia settentrionale dal sec. VII al XV. Politicamente, è una vasta provincia dell'Impero britannico delle Indie, e si divide in tre parti: 1) il British Baluchistan, nel NE., che geograficamente fa piuttosto parte dell'Afghānistān ed è popolato soprattutto da Afghāni; 2) gli Agency Territories, sotto il controllo di funzionarî inglesi; 3) gli stati indigeni di Kalāt (Kelat) e Las Bela. L'area totale è di 348.700 kmq. Si affaccia al S. al Mare Arabico; al N. confina con l'Afghānistān e con le North West Frontier Provinces; all'O. con la Persia; all'E. col Sind e col Panjab.
Geologia e morfologia. - Dal punto di vista tettonico il Belūcistān si può dividere in tre zone: 1) Una serie di catene esterne formate da una successione di sinclinali ed anticlinali, paragonabile alla tipica struttura del Giura europeo. Questa zona si divide in due: a) l'arco del Sewistan (Marri-Bugti, Sibi e Loralai); b) le catene del Kalāt, Sind e Makrān le quali proseguono nel S. della Persia sino allo stretto di Hormūz. 2) Una zona di più intense perturbazioni di tipica struttura himalayana che include le catene a N. del fiume Zhob e della valle Pishīn. La sottozona semicircolare del Sewistan sta con questa regione in relazioni molto analoghe a quelle del Giura rispetto alle Alpi. 3) Una regione di frammenti di catene separate da depressioni desertiche, tra le quali sono il Nushki e il Khārān.
Le rocce di gran lunga prevalenti, dovunque, sono calcari del Cretacico, flysch eocenico, calcari nummulitici e del Miocene. Qua e là affiora qualche lembo dell'imbasamento paleozoico. I terreni recenti, dal Cretacico, sono fortemente ripiegati e accompagnati da rocce eruttive (effusive ed intrusive). L'unico minerale estratto in considerevoli quantità è il carbone, che si trova in luoghi diversi e di buona qualità; segue il petrolio, che abbonda soprattutto nei suoi prodotti pesanti, ed infine il salgemma del Las Bela e il salnitro del Kachhi (Kaččhī). Altri minerali non sono sfruttati, ma già se n'è accertata l'esistenza.
Il Belūcistān è quasi totalmente montagnoso. La catena periferica nord-orientale del Suleiman Dāgh (v.) si eleva a gradini sino al Takht-i-Sulaimān ("trono di Salomone", 3435 m.), mentre a S. si incurva nel già ricordato arco del Sewistan formando un angolo rientrante, sino ad incontrare le catene a direzione meridiana che formano l'orlo dell'altipiano iranico verso l'Indo. In tale angolo rientrante s'insinua la pianura del Kachhi e passa la strada che per il passo di Bolan conduce a Quetta ed a Kandahār (Qandahār). Le catene meridiane di Kīrthar e di Pab hanno mediocre altezza, e così quelle che corrono parallele alla costa. Altezze notevoli si hanno nella regione interna centro-orientale, con varie cime verso i 3000 m. e valli pure assai elevate (Brahui centrale). La direzione del rilievo subisce verso occidente l'inflessione generale dell'arco iranico, e le giogaie interne corrono all'incirca parallele alla costa (Siāhān, Rās Koh, Khārān e Chāgai) alternandosi con depressioni longitudinali che formano bacini senza efflusso al mare. È questa la regione dei deserti, distese pianeggianti ricoperte da ghiaie nere o da zone di sabbia profonda spesso foggiata a campi di dune o a cumuli montuosi. Le parti più depresse (500-800 m. s. m.) accolgono gli Hāmūn o acquitrini salati, tipici di tutto l'altipiano iranico. Le pianure principali sono il Kachhi e quelle di Las Bela e del fiume Dasht.
Nessun fiume esiste veramente degno di questo nome durante tutto l'anno: i corsi d'acqua della regione quando piove diventano torrenti pericolosi, ma per la massima parte dell'anno hanno scarsissima portata e nella stagione secca finiscono per scomparire nel subalveo alluvionato; tuttavia è talvolta possibile estrarne l'acqua per fini irrigatorî. Sono poi caratteristiche le lunghe gole d'uscita di molti di questi torrenti, con le due sponde vicinissime e pareti verticali alte parecchie centinaia di metri. Il fiume più importante è l'Hingol o Gidar Dhor che si getta nel Mar Arabico dopo aver preso origine 480 km. più a N. nelle colline Harboi, un po' a S. di Kalāt. Seguono lo Zhob che esce dall'estrema punta NE. del Belūcistān per gettarsi poi verso S. nell'Indo; il Pishīn Lora che finisce nella palude continentale del Lora; a SE. il Nāri che drena il Loralai e finisce nel Kachhi. Le regioni di Jhalawān e Las Bela sono drenate dai fiumi Mūla, Hab e Porāli, mentre il distretto di Makrān ha il Dasht che va verso S. ed il Rakhshān che s'unisce al Mashkel verso nord per morire nella depressione omonima. L'Hāmūn-i-Mashkel (490 m. s. m.), l'Hāmūn-i-Lora (840 m. s. m.), i Kaps Parom e Kolwa nel Makrān, la Siranda nel Las Bela, sono vere depressioni invase dall'acqua durante e dopo le piogge; ma non si possono in esse riscontrare i caratteri di un lago e spesso neppure quelli di una palude stabile: sono in generale salate. Insomma, tutta la idrografia porta l'impronta di una regione arida soggetta periodicamente a forti acquazzoni. I 760 km. circa nei quali si sviluppa la costa, con le sue numerose irregolarità, si presentano pressoché deserti e formati da una fascia di bassa pianura argillosa impregnata di sali, rotta da qualche letto torrentizio, dietro la quale s'ergono bruscamente le colline tabulari del Makrān costiero o Talar-i Band. Tipiche sono le penisolette a forma di martello di Gwādar e di Ormara. Tutti gli approdi sono malsicuri e senza possibilità per i tonnellaggi di qualche importanza: Sonmiāni (Miani), Pasni, Gwādar. Astalu o Haptalar può dirsi l'unica isoletta, posta poco ad occidente del 64° E.
Vegetazione. - La flora delle pianure e dei bassi pianori ha grandi affinità o è quasi la stessa del Rājputāna e del Panjab occidentale. Il carattere più saliente ch'essa presenta è, naturalmente, l'immediato prodotto del clima arido, ossia l'esistenza quasi esclusiva di una vegetazione a tipo xerofilo, nella quale mancano alberi ed erbe, mentre sono relativamente abbondanti gli arbusti spinosi, coriacei, irsuti, muniti di lunghe radici, che sanno difendersi dalla eccessiva evaporazione e munirsi di potenti organi di alimentazione (Capparis, Periploca, Boucerosia, Tecoma, Prosopis, Zizyphus, Salvadora, Calotropis, Acacia, Leptadenia, Tamarix, Euphorbia). Lungo la costa e nelle depressioni saline abbonda una vegetazione alofila. Negli altipiani superiori la flora cambia di aspetto: le valli piane si coprono di una specie di steppa ad Artemisia e Haloxylon e presso l'acqua appaiono Tamarix, Salsala, Arenaria. Al di sopra dei 2000 m.: Acantholimon, Acanthophyllum, Salvia, Amygdalus, Spiraea, Gentiana, pistacchio, frassino, oleastro, Lonicera, Rosa, Viola Benthamiana, Pennisetum. Più in alto Juniperus e Prunus. Nella primavera sboccia una più bella e più abbondante fioritura di erbe effimere, presto sacrificate dalla siccità e dal caldo.
Fauna. - È meno conosciuta della flora. Sui monti l'Ovis vignei e la Capra falconeri, più in basso la Capra aegagrus, il leopardo, l'orso nero, l'asino selvatico, il lupo indiano (Canis pallipes), volpi, rosicchianti. Non sembrano molto numerose le specie di uccelli stanziali, mentre può affermarsi il contrario per quelli di passo nelle varie stagioni e nelle diverse zone. I rettili sono relativamente abbondanti: sono già note 12 specie di serpenti, oltre alle lucertole e alle tartarughe. La costa abbonda di pesci e di molluschi. Riguardo agli insetti, è stata studiata la sola zona di Quetta, ma da essa può arguirsi tutto l'interesse e la ricchezza delle altre parti del territorio così vasto e vario dal punto di vista ambientale.
Clima. - Alcune osservazioni precise si hanno, dal 1901, solo per la porzione NE. della provincia. Alla varietà di zone naturali in latitudine ed altitudine corrispondono altrettante varietà climatiche. Nelle pianure basse prevalgono le condizioni del vicino Sind (v. india), mentre sugli altipiani le variazioni stagionali della temperatura sono assai forti, con inverni gelidi ed estati torride.
La direzione del vento è influenzata dai sistemi montuosi. Il vento di NO., chiamato gorich, soffia continuamente, fresco d'inverno e ardente d'estate. Un vento, chiamato in Persia "dei 120 giorni", spazza anche le pendici occidentali del Chāgai.
Le piogge sono assai irregolari e scarse, inferiori generalmente ai 300 mm. all'anno (Shāhrig 318 mm., Quetta 252 mm., Kalāt 127 mm., Kachhi 76 mm.). Sugli altipiani cadono soprattutto durante l'inverno (febbraio), nelle pianure durante l'estate (luglio) sotto forma di temporali provenienti dalla Persia. Si è registrato un solo ciclone devastatore a Las Bela nel giugno 1902.
Popolazione e produzione. - Un vero censimento non era mai stato fatto prima del 1901 ed anche in questo fu solo stimato il numero degli abitanti pel Makrān, il Khārān e il Sinjrāni occidentale. I censimenti successivi hanno dato una popolazione, nel complesso, lievemente inferiore, forse per effetto di migliori accertamenti.
Ecco i dati del 1911 e del 1921.
L'agricoltura e la pastorizia sono i principali cespiti dai quali la popolazione trae i suoi mezzi d'esistenza. Tuttavia la superficie coltivata è proporzionalmente scarsa ed è frammentata in piccole oasi sparse qua e là nelle valli.
L'irrigazione esiste solo nelle valli maggiori dove può praticarsi più facilmente; vi sono poi numerosi kores o canali artificiali in parte sotterranei. Un sistema assai evoluto, che si pratica annualmente nel Kachhi ed al quale partecipano gli abitanti di varî villaggi, consiste nella costruzione di grandi dighe a sostegno dell'acqua per l'irrigazione.
Data la latitudine e la grande varietà topografica si hanno quasi tutto l'anno prodotti agricoli in maturazione, appartenenti ai climi più diversi, per es., nel sud, il dattero. La pastorizia comprende principalmente: dromedarî di tipo montano, bovini, pecore e capre, cavalli e asini. Assai rinomata è la razza equina. La pecora più comune è quella orientale dalla coda adiposa.
Le manifatture, alle quali si dedica soprattutto la donna in casa, sono più o meno ispirate al genere e all'arte persiana: tessuti e vestiti di cotone, di lana e raramente di seta; ricami varî e spesso assai belli; corde e bisacce in pelo di cammello o di capra.
Il movimento commerciale è poco rilevante. I principali generi di esportazione sono dati dai prodotti dell'allevamento (bestiame vivo, pelli, burro), dai tessuti ricordati, e dall'Asa foetida. Quelli d'importazione comprendono prodotti alimentari e manufatti.
A guardia delle frontiere di NO. dell'Impero indiano (per la penetrazione inglese cfr. sotto), il Belūcistān ha in questo soprattutto un'importanza strategica, specialmente per l'opportunità che offre di raggiungere i confini meridionali del turbolento Afghānistān. A questo scopo è stata costruita dagl'Inglesi anche una linea ferroviaria che dall'Indo per il Kachhi sale a Sibi e a Quetta, donde invia diramazioni verso la frontiera afghāna e, parallelamente al confine belucio-afghāno, attraverso le steppe desertiche del Chagai, sino al confine persiano. Quetta (v.), Kalāt (v.), Nushki e Bela sono le sole cittadine di qualche importanza.
Il Belūcistān, essendo passato a far parte dell'Impero indiano, non ha esercito proprio. Le forze militari dislocate nel suo territorio, e che comprendono normalmente tre brigate di fanteria (due a Quetta e una a Loralai), fanno parte integrante dell'esercito indiano. Ogni brigata è su 4 battaglioni: 1 inglese e 3 indiani.
Quetta è anche sede di un distretto e di uno dei 4 Commands dell'India (corrispondenti ai comandi di corpo d'armata territoriale).
Etnologia. - Il Belūcistān è stato poco esplorato nei riguardi archeologici. Vi si incontrano curiosi monticelli di terra cosparsi di varî cocci dove si potranno un giorno praticare fruttuosi scavi. A Quetta già si trovò una statuetta di Ercole. Monticelli squarciati a Nal e Mamatawa nel Jhalawān diedero interessanti ceramiche paragonabili all'arte delle culture calcolitiche del Sind e dell'Asia anteriore. Altrove, come a Hinidan, Surab e Las Bela, si sono trovate tombe ornamentali d'origine ignota. Con questi ritrovamenti di antiche civiltà scomparse sono certo legate le tracce di canali irrigatorî antichi e d'altri monumenti visti presso Quetta e nel Makrān. A Chhalgari nel Kachhi vi sono resti buddisti e al N. di Bela è nota la città trogloditica di Gondrani scavata nei conglomerati.
Nell'attuale popolazione, la diffusione di un uniforme ma interessante tipo fisico indo-iranico (v. india), e soprattutto quella livellatrice ed opprimente dell'Islām, hanno eliminato quasi totalmente i resti delle culture o delle dominazioni anteriori, che cominciano probabilmente con strati pre-dravidici (Ittiofagi di Arriano?) e dravidici e furono successivamente rappresentate da Arî, Achemenidi, Greci, Battriani, Saci buddisti (130-140 a. C.), Rajput, Arabi (635 d. C.), Pathān, Mongoli (1223), Turchi e finalmente dalla conquista e dagl'insediamenti dei Sikh.
Gli elementi fondamentali della popolazione sono ora tre: i Pathān (Afghāni) del nord-est, i Beluci ed i Brahōī. Tutti si vantano di discendere dal Profeta, ma le loro origini sono assai più remote. I Pathān forti, democratici, bellicosi, praticanti la "vendetta", chiamano sé stessi Pukhtun ("montanari") e parlano il pashtō, un dialetto iranico di struttura grammaticale e fonetica arcaica (Geiger). La loro alta antichità è attestata dal fatto che il loro nome si ritrova già nei Pakhtha del Rigveda (VII, 8, 7) e nei Pactyae o Pactinyae di Erodoto, un popolo che combatté anche contro Alessandro. Una delle loro tribù, i Pani, ricorda la popolazione marittima e pastorale di ugual nome, nemica degli Arî, alla quale il Chanda attribuisce la cultura preistorica di Mohenjo-Daro. I Pathān sono di costituzione robusta, statura alta e fisionomia quasi selvaggia: sono coraggiosi, ma crudeli, vendicativi, cupidi ed avari all'estremo.
I Beluci (Balōč), suddivisi in molte tribù, abitano in due territorî, separati dai Brahōī: cioè, ad oriente, nel Kachhi, nella zona meridionale del Sulaimān e nella valle dell'Indo, dal Sind al Panjab meridionale; e a sud-ovest, nel Makrān e nel Belūcistān Persiano. Mentre il loro numero totale ammonta a circa 1.300.000 anime, soltanto 105.000 sono nei limiti politici del Belūcistān britannico (1.000.000 circa nell'India, 200.000 nella Persia). Essi parlano un dialetto iranico e sono da considerarsi come una stirpe iranica proveniente dalla Persia settentrionale, che risiedeva ancora nei pressi del Mar Caspio all'epoca sassanide, e invase il Sīstān ed il Makrān dopo il sec. X, continuando poi nella spinta verso oriente fino a stabilirsi all'epoca di Tīmūr e di Bāber nella valle dell'Indo. Anche per il loro nome si sono voluti trovare riscontri nel Rigveda (Bhalana, dal quale in ogni modo par derivare il nome del Passo di Bolān) e nei Bola o Boladi di Tolomeo. Altri nomi vedici di tribù si conservano del resto nell'attuale toponomastica. I Beluci sono più piccoli di statura degli Afghāni, dal viso ovale, la testa piuttosto larga, ed il naso aquilino. Sono leali, ospitali, e religiosissimi; non mancano tuttavia di coraggio, vanno sempre armati e sono ottimi cavalieri.
I Brahōī, concentrati in numero di 300.000 circa nell'area montuosa centro-orientale, sono forse l'elemento più antico della popolazione. Essi sono forse da identificare con gli Oritae ("montanari") contro i quali dovette combattere Alessandro; (è peraltro più che dubbia l'ibrida etimologia che dà a Brahōī il significato di "montanaro"); parlano un linguaggio dravidico e rappresentano forse l'anello di congiunzione fra le più antiche genti dell'Asia anteriore e quelle del Deccan. Gli elementi fondamentali dravidici della loro lingua mostrano che i Brahui erano originariamente pastori, allevando pecore e capre (het) per ottenerne il latte (palh), armati di arco (bil), in cerca di acqua (dir), viventi in case (ur) che ritroviamo nel nome del villaggio dravidico (ur) e dell'abitazione austro-asiatica (uran, oran): essi conoscevano anche la scrittura (tapo, il nome delle tavolette sumeriche). Queste connessioni linguistiche sembrerebbero confermate dalle affinità recentemente rinvenute fra le culture preistoriche calcolitiche del Sind (Mohenjo Daro), del Panjab (Harappa) e del Belūcistān (Nal) che presentano ceramica dipinta con disegni assai simili a quella di Susa e della cultura proto-mesopotamica. Le statuette di alabastro (periodo calcolitico) del Sind, dalle teste piccole e rotonde, con piccoli occhi, barba folta e labbra rase, richiamano singolarmente nell'acconciatura e nell'aspetto generale gli odierni Brahōī musulmani.
Fra i Pathān, i Brahōī ed i Baluci vige un'organizzazione della tribù in clan o Khel (cfr. munda Kili, assamese Khel) divisa in sezioni e sottosezioni. Il sistema è completo fra i Beluci, con la tribù (Tuman) sotto un capo (Tumandār), divisa in piccoli clan (Phāra) retti da piccoli capi (Muqaddam), e in sette (Phalli).
La capanna di argilla e la tenda nera sostenuta da paletti interni, per le genti più nomadi, sono le forme comuni dell'abitazione. Si verificano due sorte di migrazioni: una interna e periodica che la popolazione delle alte terre fa verso le pianure nell'autunno e verso la montagna nella primavera; ed una temporanea all'estero, attuata soprattutto dagli Afghāni e dai Makrāni, in qualità di operai, verso tutta l'India, il Turkestān cinese e persino l'Australia.
Elementi, secondarî per numero ma interessanti economicamente, della popolazione sono i Dēhwār, persiani, ottimi coltivatori sparsi nelle alte vallate di Kalāt e Quetta, Lāsī del Las Bela e i Giaṭ, del Kachhi e del Makrān, di origine indiana, anch'essi attivi e valenti agricoltori. Quasi tutta la popolazione è musulmana, contando il censimento del 1921 soltanto 51.000 indù, 6700 cristiani e 7700 sikh.
Bibl.: A. W. Hughes, The Country of Baluchistan, Londra 1877; Mac Gregor, Wanderings in Baluchistan, Londra 1882; G. B. Tate, Kalat, Calcutta 1896; C. E. Yate, Baluchistan, Londra 1906; Hittu Ram Rai Bahadur, Ta'rīkh-i Bālucistān, Lahore 1907; The Imperial Gazetteer of India, VI, Oxford 1908; Census Report on Baluchistan 1911, Calcutta 1913, Etnologia: H. W. Bellew, The Races of Afghanistan, Calcutta 1880; Holdich, Notes on antiquity and ethnography of Las Belas and Mekran, Calcutta 1894; M. Longworth Dames, The Baloch Race, in Journ. R. Asiat. Soc., IV, 1904; Denys Bray, Statistical analysis of the Tribes of Baluchistan, Calcutta 1915; Ethnograph. Survey of Baluchistan, Calcutta 1918.
Lingua. - In conformità all'origine nord-occidentale delle popolazioni iraniche del Belūcistān, la lingua che è da esse parlata è nella sua struttura fondamentale un dialetto iranico nord-occidentale, strettamente affine quindi al curdo e ai dialetti centrali. Comuni con i dialetti nord-occidentali ha, per es., i temi kap- "cadere", rov- "andare", la forma ništ "si sedette"; col curdo la congiunzione gō (*vō) "con" e solo col gerrūsī e il kalūnabdūī gvaš ('*vaš-) "dire"; comune con il curdo e il persiano è il passaggio di dv in d, di ϑr in s; con i dialetti centrali e caspici ha comune il tema kan- e la mancanza dell'iḍāfat. Sembra che esso rappresenti dunque un dialetto di transizione fra il curdo e i dialetti caspici.
Nell'interno del balūcī si distinguono due zone dialettali, una settentrionale e una meridionale (Makrānī balūcī) e le differenze sono così forti che gli abitanti dell'una assai difficilmente intendono quelli dell'altra. Le differenze di ordine fonetico sono principalmente dovute al fatto che alle consonanti tenui del balūcī meridionale, all'inizio di parole dinnanzi a vocale e a r e in posizione interna dinnanzi a consonante rispondono consonanti aspirate nel balūcī settentrionale; e che alle tenui e alle medie intervocaliche, o a formula finale dopo vocali o liquide del balucī meridionale rispondono spiranti nel dialetto settentrionale. Ma le differenze maggiori sono d'ordine lessicale, ché il dialetto settentrionale contiene maggior numero di imprestiti indiani. Oltre a questi nel lessico balūcī sono molte parole persiane e arabe passatevi attraverso il persiano.
Il balūcī non è stato usato a fini letterarî e la letteratura si limita a canti celebranti glorie familiari e a brevi favole e racconti.
Bibl.: W. Geiger, Die Sprache der Balūtschen, in Grundriss der iranischen Philologie, 1 b, p. 231 segg., e la bibl. ivi citata; G. W. Gilbertson, The Balochī Language. A Grammar and Manual, Herford 1926.
Storia.
Esplorazioni. - L'esplorazione del Belūcistān è strettamente connessa con quella dell'Afghānistān. Per esso passò Alessandro il Macedone al ritorno dall'impresa indiana (326 a. C.); dopo di lui, per molto tempo, non si ebbe più in Occidente alcuna notizia del paese. Poi il Makrān divenne la via maestra per il traffico arabo-indiano, fra Baghdād e Karachi, e per essa ebbe luogo l'invasione e la conquista araba dell'India.
La prima esplorazione moderna è del 1810, quando due Inglesi, il cap. Christie e il ten. Pottinger, fingendosi mercanti indigeni di cavalli, traversarono il paese in direzione di N. fino a Bela e a Kalāt, e poi a Nushki. La relazione del Pottinger contiene un'ottima descrizione del deserto e informazioni sulle tribù beluce. Vent'anni dopo l'americano Masson rifaceva la via percorsa dal Christie e dal Pottinger fra Bela e Kalāt, proseguendo fino a Quetta. Egli ritornò di nuovo nel Belūcistān Orientale nel 1838.
Un'altra traversata del Belūcistān fu compiuta nel 1865 dal maggiore E. C. Ross.
Nel 1883 fu salita da sir Th. Holdich la vetta più alta del Suleimān Dāgh (Takht-i-Sulāmān, m. 3435), che separa il Belūcistān orientale dalla valle dell'Indo.
Nel 1911 il naturalista austriaco dott. Eric Zugmayer traversò due volte il Belūcistān; da E. a O. (da Sonmiāni a Gwādar) nell'andata, seguendo approssimativamente la linea costiera, poi, ritornando verso NE., attraverso il deserto e l'altipiano centrale, a Kalāt e Quetta. Nel 1925-26 sir Aurel Stein esplorò buona parte della regione dal lato archeologico, trovando numerosi resti risalenti fino al terzo millennio a. C.
Bibl.: H. Pottinger, Travels in Baloochistan and Sinde, Londra 1816; C. Masson, Journeys in Baluchistan, Afghanistan and the Panjab (1826-38), voll. 4, 1842-43 (il vol. IV contiene Journey to Kalat ecc.); E. C. Ross, Report of a Journey through Mekra, in proc. Royal Geogr. Society, XVI (1871), p. 139; E. Zugmayer, Expedition in Baluchistan, in Geogr. Journ., XXXVIII (1911), p. 430.
Vicende politiche. - Il Belūcistān ha avuto unità politica e frontiere ben definite soltanto dagl'Inglesi nel sec. XIX; prima dipendeva nominalmente dagl'imperi che si succedettero ai suoi confini, in realtà le sue tribù e i suoi stati a base tribale si mantennero sempre semi-indipendenti, e più spesso rivali che alleati fra loro.
Conquistato da Alessandro Magno (326), passò dopo la sua morte a Seleuco, cui lo tolse nel 305 Chandragupta. Dopo Aśoka (m. 232 a. C.) si spezzò in piccoli stati retti da sovrani greci, cui succedettero i Sāka (sec. I d. C.) e gli Unni bianchi (metà del sec. V).
Il Karmān fu conquistato dagli Arabi nel 644 sotto ‛Omar, il Makrān sotto Mu‛āwiyah (circa 664), forse fino al Kalāt compreso. Decadendo il califfato abbāside, la sua influenza sul Belūcistān si limitò probabilmente alla costa, per ragioni commerciali. Dal sec. VIII all'XI mancano notizie precise. Il Kalāt faceva parte dei dominî di Maḥmūd di Ghaznah (997-1030); le tribù del Karmān, indipendenti e aggressive, si espandevano, in seguito alla pressione dei Selgiuchidi, nel Sīstān, nel Makrān e nel Sind. Dal sec. XV alla fine del XVIII dinastie beluce dominarono il Sind, quali vassalle di Delhi. Alla fine del sec. XVII era incominciata l'espansione dei Brahōī: i loro khān, vassalli di Nādir Shāh, poi di Aḥmed Shāh Durrānī, possedevano il Makrān, Karachi, Kech, Kachhi, Mustang e Shāl, e avevano per capitale Kalāt.
Nel 1839 (prima guerra afghāna) l'Inghilterra, per assicurarsi il passo di Bolān, occupò Kalāt e la tenne due anni. Nel 1854 impose al Khān il suo protettorato e l'obbligo di tenere a freno le tribù dei suoi territorî. Egli non ne ebbe la forza: seguirono anni di anarchia, finché nel 1876, grazie all'agente britannico Sandeman, un nuovo trattato riaffermò e riorganizzò il protettorato britannico su Kalāt. Il governo dell'India pagò un sussidio annuo al Khān, e si riservò d'intervenire per il mantenimento dell'ordine; fu stabilita un'agenzia britannica a Quetta, e un posto militare all'ingresso del passo di Bolān, una delle chiavi dell'Afghānistān, attraversato dalle truppe britanniche durante la seconda guerra afghāna (1878-80). Il trattato anglo-afghāno di Gandamak (1880) tolse all'Afghānistān Sibi, Pishīn e altri territorî, che nel 1887 costituirono la provincia del Belūcistān britannico. Nel 1883 i distretti di Quetta e di Bolān furono ceduti dal Khān all'Inghilterra per un canone annuo; negli anni seguenti cessioni e locazioni posero il confine belūci-afghāno sotto la diretta o mediata amministrazione britannica, prevenendo un'avanzata sull'India da Kandahār e permettendo agl'Inglesi di dominare le tribù pathān indipendenti dei Monti Suleimān. Il centro di questi territori è Quetta, amministrata da un agente del governatore generale del Belūcistān.
Il confine tra Persia e Belūcistān fu delimitato nel 1872 e nel 1895-96; quello fra Belūcistān e Afghānistān nel 1895-96.
Bibl.: La storia del Belūcistān è narrata dagli storici dei paesi vicini: cronisti, storici e geografi arabi, indiani e persiani; storici europei dell'India. Lungo compendio e bibliografia nell'Encyclopédie de l'Islām; più breve nell'Encyclopaedia Britannica. Per la penetrazione inglese v. Thornton, Life of Sir R. Sandeman, Londra 1895; per l'amministrazione e le suddivisioni politiche l'annuo Statesman's Year-Book.