VILLANI, Beatrice (in religione Maria)
– Nacque a Napoli il 12 settembre 1584 da Giovanni, marchese di Polla, e da Dianora de Costanzo, detta anche Porzia, ultima di otto figli maschi e quattro femmine; al battesimo, in S. Giorgio Maggiore, le fu imposto il nome di Beatrice.
Rimasta orfana della madre all’età di tre anni, fu affidata a una terziaria francescana di nome suor Marta. Fin da piccola si dedicò alla vita devota, alle penitenze e all’esercizio della carità, specialmente a Polla, nel Salernitano, il feudo di famiglia.
Adolescente, sotto la guida del teatino Andrea Avellino, entrò come educanda, insieme a una sorella maggiore, nel monastero domenicano di S. Giovanni Battista o S. Giovannello di Capua, fondato per desiderio di Antonio del Balzo dalla zia paterna Dorotea Villani insieme alle sorelle Eugenia e Giuliana di Transo. Restò due anni in quel monastero poi rientrò a Napoli con tutta la comunità, insoddisfatta della sistemazione capuana. In città le monache trovarono alloggio nei pressi della porta di Costantinopoli, acquistando giardini e case di fronte all’altro già esistente monastero domenicano della Sapienza. Là, quattordicenne, nonostante i contrari progetti del padre, Beatrice finì il noviziato il 10 settembre 1598 nelle mani di Curzio Palumbo, vicario delle monache dell’arcidiocesi di Napoli. Prima religiosa del monastero, vestì l’abito domenicano il 4 ottobre seguente e prese il nome di religione di Maria; emise infine la professione solenne la prima domenica di ottobre del 1600.
Ebbe come direttore spirituale il domenicano Giovanni Leonardo de Fusco di Lettere. Sotto la sua guida, affidò a scritti di varia natura i suoi fervidi e austeri sentimenti religiosi. Divenne presto nota per lo spirito ascetico e penitenziale, insofferente delle rilassate condizioni della comunità monastica, tanto da maturare, dal 1612, il progetto di fondare un ‘suo’ monastero. Questo proposito, sebbene condiviso da alcune consorelle, le procurò molti contrasti con altre religiose, preoccupate che l’allontanamento della Villani e delle sue sodali sottraesse le doti monastiche e impoverisse il monastero.
A trentadue anni fu eletta superiora (1616), ma in quello stesso anno, già cagionevole di salute e affetta da sordità, fu colpita da una paralisi, che la segnò per il resto della vita.
Uscita il 17 aprile 1638 dal monastero di S. Giovanni Battista delle Monache insieme a quindici compagne, con l’autorizzazione di Urbano VIII e l’appoggio di molte nobildonne napoletane realizzò una nuova comunità monastica, intitolata al Divino Amore, in una casa nella zona detta di Mal Pertugio fuori la porta dello Spirito Santo. Il Divino Amore era povero e angusto, e non corrispondeva alle norme canoniche sulla clausura che l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Ascanio Filomarino, intese far applicare con rigore dopo averlo visitato.
Per molto tempo, ma senza successo, la Villani provò a trasferire altrove la comunità, ma solo nel 1658, grazie a un lascito di Marcello Pignatelli e della moglie Camilla Sanfelice, con il favore dell’arcivescovo, allora il cardinale Francesco Boncompagni, e l’appoggio di Leonor María de Guzmán y Pimentel, moglie del viceré Manuel de Zùniga y Fonseca, conte di Monterrey, riuscì a riscattare con 18.000 ducati l’antica casa di famiglia, allora tenuta dalla nipote, una Carafa di Colubrano. Sul posto, adattando lo spazioso edificio, fece costruire una nuova sede del monastero del Divino Amore nel centro cittadino, dov’era appunto la piazza ‘de’ Villani’, nella strada ‘de’ Pistasi’, presso la Vicaria Vecchia. La prima pietra fu posta dal viceré, il cardinale Pascual de Aragón-Córdoba-Cardona y Fernández de Córdoba; l’edificio si sviluppò su disegno di Francesco Antonio Picchiatti.
Al centro d’intense relazioni sociali, godette della stima di aristocratici e gente umile, lasciando tutti ammirati per la sua illuminata spiritualità, fusa con il senso pratico di una fondatrice.
Nella stagione dei disordini politici seguiti alla morte di Masaniello, Domenico Antonio Parrino la ritenne autrice, nel 1648, di un cartello indirizzato contro il duca di Guisa con la richiesta al popolo di tornare a prestare obbedienza al sovrano spagnolo (Teatro eroico e politico dei governi de’ viceré del Regno di Napoli (1692), II, Napoli 1876, p. 185).
Morì a Napoli, nel monastero del Divino Amore, il 26 marzo 1670, assistita dal padre maestro Tommaso Manio, domenicano.
Il cadavere, cui fu estratto il cuore, che i chirurghi Domenico Trifone e Francesco Pinto dichiararono essere stato ritrovato con tracce di una ferita di antica data, fu deposto due giorni dopo la morte ai piedi dell’altare del comunichino, e la tomba fu contrassegnata da una semplice lapide marmorea.
Poco dopo la morte fu introdotto il processo per la beatificazione, che ebbe due fasi diocesane (1671-79 e 1680-89), e passò in seguito a Roma, da dove fu richiesto un supplemento d’indagine per il reperimento in città di ulteriori scritti della religiosa (1676-1774); il processo non ebbe però seguito, forse per le difficoltà cui andarono incontro le monache del Divino Amore negli anni seguenti e durante il decennio francese. Esse, tuttavia, costrette dalle soppressioni a passare nel monastero domenicano della Sapienza, nel 1822 chiesero di trasferirvi anche i resti mortali della fondatrice, che furono collocati ancora una volta nella sala del comunichino (1825).
I biografi le attribuirono particolari doni mistici, come quello della profezia e del consiglio. Sostennero, inoltre, che portasse nel costato una piaga aperta, misticamente concessale già in età giovanile (1618) e riscontrata, come si è detto, dopo la morte, quando il cuore fu estratto per custodirlo in un reliquiario a parte insieme a due ‘carafine’ di sangue.
Opere. Dietro indicazione del confessore de Fusco, Maria Villani affidò alla scrittura i suoi pensieri spirituali. Avrebbe composto almeno undici volumi manoscritti di materie religiose, specialmente commenti biblici e trattati teologici, qualcuno anche in latino, sull’eucaristia (Pancratium electorum), sulla passione di Cristo (Paradisus animae), sul divino amore (De Tribus divinis flammis), sulla preghiera (Cella vinaria), un diario (Il giornaliero) e un’autobiografia iniziata nel 1616 (Specchio del vero amore). Gli scritti, visionati dall’arcivescovo cardinale Decio Carafa, furono poi affidati in custodia ai domenicani della Congregazione della Sanità nel 1636.
Fonti e Bibl.: Documentazione su Maria Villani è nei volumi del fondo Processi per le beatificazioni e canonizzazioni (89-98, 1031) presso l’Archivio storico diocesano di Napoli, dove si conservano pure carte sul monastero del Divino Amore (Vicario delle monache, 195-204); altra documentazione sul monastero è all’Archivio di Stato di Napoli (Monasteri soppressi, 3705-3829).
Le pubblicazioni dedicate a Maria Villani sono tutte datate: D.M. Marchese, Sagro diario domenicano, II, Napoli 1670, pp. 373-382; Id., Breue compendio della vita della serua di Dio suor Maria V. dell’Ordine de Predicatori, Napoli 1670 (Napoli-Milano 1671); Id., Vita della serua di Dio suor Maria V., Napoli 1674 (Napoli-Milano 1676; Bologna 1683; Brescia 1693; Napoli 1717 e 1778, con le aggiunte di B.A. Sequino); N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 105; G.G. Gironda, I veri portenti del divino amore, Napoli 1730; Saggio delle vite delle sante e serve di Dio Ven. suor Maria V. ..., Napoli 1779. Riferimenti sono presenti anche in C. Celano, Notitie del bello, dell’antico, e del curioso della città di Napoli, III, Napoli 1692, pp. 263-266; G.A. Galante, Guida sacra della città di Napoli, Napoli 1872, pp. 196 s.; B. Croce, Vite di servi di Dio, di beati e di santi napoletani, in Quaderni della “Critica”, II (1946), 5, pp. 80-100; R. Pane, I monasteri napoletani del centro antico: la zona di S. Maria di Costantinopoli, in Napoli nobilissima, s. 3, II (1962-1963), pp. 203-213; C. Russo, I monasteri femminili di clausura a Napoli nel secolo XVII, Napoli 1970, pp. 19, 40, 43; F. Strazzullo, Dietro le grate del Divino Amore, Napoli 1978, passim; Id., Napoli. I luoghi e le storie, Napoli 1992, pp. 157, 165; Dictionnaire de spiritualité, XVI, Paris 1994, coll. 770-774; E. Novi Chavarria, Sacro, pubblico e privato, Napoli 2009, pp. 23, 27-29, 35; H. Hills, “The face is a mirror of the soul”. Frontispieces and the production of sanctity in post-Tridentine Naples, in Art and architecture in Naples, 1266-1713, a cura di C. Warr - J. Elliott, Chichester 2010, pp. 125-151.