BASSANO del Grappa (A.T., 24-25-26)
Città della Venezia, nella provincia di Vicenza, con 10.111 abitanti. Dove sbocca nella pianura veneta il Canal di Brenta, la stretta valle per cui il fiume attraversa le Prealpi separando l'altipiano dei Sette Comuni da quello del Grappa, un'orlatura di colline rende meno brusco il passaggio dagli altipiani alla pianura sottostante. Quelle situate sulla destra del fiume obbligano la corrente a descrivere una dolce e ampia curva verso levante: il vertice di questa curva è anche il punto dove la direzione della linea di falda dei colli, seguita dalla carrozzabile da Cornuda per Bassano a Marostica e Thiene, raggiunge la riva della Brenta: quello doveva essere un luogo di transito e vi doveva sorgere un ponte ed attrarvi, per conseguenza, le abitazioni; ma il maggior aggregato di queste doveva formarsi sulla riva sinistra, perché da questo lato il terreno è piano, i colli più vicini distando circa 3 km. dal fiume. Bassano ci si presenta quindi come una città sorta dove due vie naturali, il margine pedemontano e la valle della Brenta, s'incrociano al valico del fiume.
Nelle vie di Bassano si riscontra una disposizione ortogonale abbastanza chiara, dovuta probabilmente al fatto che la città si appoggia alla riva del fiume; sarebbe però assai difficile riconoscervi una disposizione a maglie ortogonali di lato uguale, come nella divisione romana del suolo. Tutta l'alta pianura sulla sinistra della Brenta però è percorsa da strade e da viottoli dove si nota una certa tendenza a disporsi secondo due direzioni perpendicolari fra loro e che, raccordandosi con quella data dalle tracce dell'antica via Postumia, sono state riferite a centuriazione romana. Lo Schulten non ne dubita. Il fatto è però che si raccordano anche con il quadrivio che è al centro di Cittadella, luogo d'origine medievale. Perciò l'andamento regolare delle comunicazioni è probabilmente espressione di una causa generale, cui si adattò la rete stradale sia antica sia moderna: l'essersi esse appoggiate alle direzioni fondamentali date dai quattro punti cardinali, che sono segnati sul terreno dal deflusso generale delle acque da N. a S. e dalla disposizione da E. a O. che hanno la linea di falda dei colli e la linea delle acque risorgenti fra Tombolo, S. Martino di Lupari e Treville.
Il comune di Bassano ha 35,85 kmq. di superficie e 19.959 ab.; notevole la borgata di Angarano con 3243 abitanti.
Bibl.: O. Brentari, Guida storico-alpina di Bassano-Sette Comuni; id., Storia di Bassano, Bassano 1884; G. Gerola, Bassano, vol. n. 59 dell'Italia Artistica, Bergamo 1910.
Monumenti. - La Pieve di Santa Maria in colle, la cui origine risale al sec. X ha nell'interno un Crocefisso ligneo del sec. XII, un'argentea croce processionale recante la segnatura del Filarete, due pale di Leandro Da Ponte (La Madonna del Rosario e il Martirio di Santo Stefano), il cinquecentesco fonte battesimale e la marmorea effigie di Santa Caterina, scolpita per l'altarone del Rosario dal bassanese Orazio Marinali.
Della cerchia murata, quale ancora ci rivelano alcune tele dei Da Ponte, poche sono le reliquie: una cortina superstite a oriente segna il limite assunto dall'abitato nel Cinquecento, quando il podestà Tagliapietra, forse su disegno dello Zamberlan, dava alla porta Oriola o delle Grazie (Tav. LXXXIV) la nobile veste che ancora ci è conservata. Sul lato di mezzodì la porta Dieda e quella dell'Angelo, raccordate da un breve tratto di mura, ricordano il circuito meridionale della cinta. La prima si apre ai piedi di un'alta torre che serba qualche traccia del Leone di San Marco e di altre figurazioni che vi aveva affrescate Iacopo Bassan0. L'altra porta conserva l'originale salda architettura schiettamente militare. Della porta Soranza, che si apriva sul Brenta, rimangono una lapide e alcuni stemmi murati là presso; uno stemma soltanto segna il posto ove s'incurvava l'arco della porta Margnan all'estremo limite della via XX Settembre, a piè del castello superiore. Finalmente, al centro dell'abitato, sulla contrada Palazzo (ora via Umberto I) si apre la porta lapidea eretta dal podestà Garzoni per dare accesso alla sede dei veneti podestà. Al palazzo Pretorio, che anche attualmente si vede nell'aspetto datogli dal secolo XVI, si sale per una scala coperta esterna dalle semplici linee quattrocentesche. Ha una bella porta, incorniciata da un fregio a punta di diamante.
Dell'ultimo Duecento è il tempio di San Francesco, ora ricondotto alle linee originali.
L'interno, francescanamente nudo, conserva tracce di pitture affrescate in epoche diverse, dalle prime origini della chiesa fino a tutto il Cinquecento. Una pala di Andrea Vicentino e una Madonna affrescata nel secolo decimosesto costituiscono gli ornamenti pittorici migliori del tempio.
La chiesa di San Giovanni Battista, sorta nel Quattrocento, venne completamente rimaneggiata nel sec. XVIII sui disegni dell'architetto bassanese Giovanni Miazzi, che diede aspetto monumentale alla facciata. Notevoli nell'interno, fra le sculture, la statua della Vergine Addolorata, opera quattrocentesca, l'altorilievo in terracotta policromata in cui Minello de' Bardi raffigurò il Battesimo di Cristo, le statue e i sovrapporte che Orazio Marinali scolpì per la cappella del Sacramento; fra le pitture, una pala di Gerolamo Bassano raffigurante la Madonna in gloria con Santi e un devoto committente, il Raggio processionale di Iacopo Bassano, un S. Giovanni Battista del Piazzetta e la pala di Sant'Anna di Francesco Maggiotto.
La parrocchiale della SS. Trinità, all'estremo limite del borgo Angarano, conserva una pala di Iacopo Da Ponte.
Rifatto nel 1630, l'antico convento di San Pancrazio, ora di San Sebastiano, conserva una pala di Iacopo Apollonio, tardo seguace dei Da Ponte. Scarse tracce delle parti originali rimangono dell'antico convento di Santa Caterina, ora di S. Anna, del monastero di San Fortunato, ora di proprietà privata, e del monastero di San Bonaventura.
Barocche sono la chiesetta del Caravaggio, altrimenti detta di San Luigi, con un padiglione a stucchi, pregevolissimo lavoro del sec. XVIII; quella della Misericordia, adorna di una bella tavoletta del pittore Zambono, raffigurante la Vergine col Bambino su fondo d'oro, e di un pregevole altorilievo policromato, raffigurante la Pietà. La chiesetta di San Donato, che nel Duecento ospitò i primi seguaci di San Francesco, non ha più nulla delle sue lontane origini, ma possiede nell'altar maggiore, una pala di Francesco Da Ponte seniore, ed altre pitture della scuola bassanese.
Tra le piazze, caratteristica fra tutte è quella del Monte vecchio, in antico "Del Pozzo", ove sorgeva la casa degli Ezzelini, chiusa dal palazzetto Trivellini, di tarde forme cinquecentesche, dall'antico fontico che reca fra i numerosi infissi lapidei il più antico stemma civico, dalle case che furono dei Michieli e che la fantasia dei Bassano e dei Nasocchi affrescò con scene tratte dalla mitologia e dalle sacre scritture, con putti giocondi, con fregi bestiarî e con ricchi trofei. Sulla piazza maggiore, intitolata a Vittorio Emanuele, si affacciano le case ove fioriva la famosa calcografia remondiniana, la fronte del San Giovanni e un lato della residenza comunale, che a una loggia quattrocentesca sovrappone un piano compiuto nel Cinquecento, coronato da merli fiammeggianti. Sull'ampio lastricato sorgono due pili marmorei recanti l'uno il gonfalone e l'altro la statua di San Bassiano, compatrono della città, pregevole scultura di Orazio Marinali.
Le case Compostella (in via I. Da Ponte), Brocchi (nella strada omonima), Nardini (in via Menarola), Moritsch, già Sartori (nella contrada S. Antonio), Vittorelli (in via Principe Amedeo), Guadagnini e Cerato (in via Verci), la Ca' Veggia (all'inizio della via Angaran) sono notevoli esempî dell'architettura locale nel Cinquecento e nel Seicento, mentre al Quattrocento risale, bella fra tutte, la casa detta di Lazzaro Bonamico che apre sul Terraglio le arcuate finestre marmoree.
Forme palladiane mostrano Ca' Priuli e Ca' Angaran nel borgo omonimo. Il Settecento è rappresentato dalla superba villa Rezzonico, da assegnarsi al Longhena, nobilissima per semplicità di struttura architettonica, preziosa per inimitabili stucchi, e dalla villa che i Gradenigo eressero presso i colli di Angarano.
Su disegni del Palladio è pure il vecchio ponte di legno, sul Brenta, che collega alla città il sobborgo di Angarano. Più volte distrutto, sempre risorse nelle forme originali: lapidi e stemmi sono murati alle porte e una Madonna di G. Cadorin sormonta l'ingresso orientale (Tav. LXXXIII).
Il Museo civico è sorto da quasi un secolo per intelligente liberalità delle più cospicue famiglie bassanesi.
Vi si ammira una preziosa raccolta di tele dei Bassani, e insieme con esse numerose altre pitture del Guariento, di I. Bellini, dei Vivarini, del Pordenone, del Bonifacio, di Gerolamo da Santa Croce, del Magnasco, di G. B. Tiepolo, di Marco e di Sebastiano Ricci, del Crespi, per non citare che i maggiori. Preziosa è la raccolta dei disegni e dei manoscritti di Antonio Canova, del quale si conservano anche molti gessi originali. Notevolissima la collezione di stampe legata dai Remondini: un complesso che supera gli ottomila pezzi.
Fra le seultilre sono da segnalare il busto di Lazzaro Bonamico del Cattaneo e quello di Francesco Da Ponte iuniore del Campagna, oltre ai bronzi minori. Ricordiamo infine una serie di monete e di medaglie, le raccolte che illustrano la storia locale nei luoghi, nelle persone, nelle arti minori, nell'archeologia, e la sezione dedicata alla storia naturale.
Per le maioliche di Bassano, v. maiolica.
Bibl.: L'origine della nobile ed amena città di Bassano, Venezia 1683; G. B. Verci, Notizie intorno alla vita e alle opere de' pittori, scultori e intagliatori della città di Bassano, Venezia 1775; id., Descrizione del Bassanese e del suo territorio (frammento) s. a.; D. Vittorelli, Viaggio o guida di Bassano, Bassano 1833; A. Roberti, Il forestiere a Bassano: Guida storica e topografica della città di Bassano, Bassano 1880; G. Vaccari, Bassano e dintorni, Bassano 1910; E. di Montemalo (P. M. Tua), Piccola guida di Bassano, Bassano 1929.
Storia. - Il nome deriva con ogni probabilità dal nome romano di un fondo; ma è certo che nell'epoca romana il centro urbano non esisteva. Di una villa, poi di un castrum e di un burgus di Bassianus si hanno le prime, scarse notizie nel sec. X. Per concessione imperiale apparteneva allora ai vescovi di Vicenza. Essi, nella prima metà del secolo successivo, diedero il luogo in feudo agli Ezzelini da Romano, che risiedettero spesso in quel castello, attorno al quale affluirono, a dargli una prima fisionomia urbana, i rurali delle ville vicine di Angarano e Margnano. Nel corso del secolo XII vi si manifestano, timidamente, i primi segni d'una vita e d'un ordinamento comunale autonomi, che però a Bassano, stretta fra gli artigli degli Ezzelini e le cupidigie dei comuni maggiori, Treviso, Vicenza, Padova, non riuscirono a svilupparsi mai completamente. Nel 1175 il comune si riconosce soggetto a quello di Vicenza, ma circa vent'anni; dopo ricade sotto gli Ezzelini, i quali vi spadroneggiano, dànno in pegno la città ai Padovani (1194), poi più tardi la riprendono.
Solo fra il 1218-1236, il comune riesce ad affermarsi con certo vigore, non però con completa autonomia, e parallelamente, anche se non subordinatamente, alla signoria ezzeliniana, che considera quel castello come uno dei suoi sostegni più forti; onde un intrecciarsi di interessi e di guerre, strettamente connesse con le fortune degli Ezzelini e anche, fra il 1240-1257, con i burrascosi rapporti fra i due fratelli Ezzelino IV e Alberico. Caduti gli Ezzelini (1259), la città si dà un nuovo statuto (il più antico giunto a noi), ma non ha pace ugualmente. I motivi non mancano, vanta diritti il vescovo di Vicenza e, per esso, il comune; ne vanta Treviso, del cui comitato la città è parte; e poi Bassano è ancora poco più che un borgo, non può tener testa ai vicini, che pur ne desiderano il possesso per controllare lo sbocco del canale di Brenta e il passaggio del fiume. Così, fino alla dominazione veneziana, B. cambia padrone innumerevoli volte. Nel 1260 si dà spontaneamente ai Padovani, che, per lodo arbitrale, la passano ai Vicentini. Fra il 1268-1320 torna ai Padovani; poi, in pericolo di cadere nelle mani degli Scaligeri, per il tradimento di Perauzo de' Biasi, si dà a Enrico come di Gorizia, che la cede agli Scaligeri (1320-1338). Oramai era un oggetto di baratto: incapace di sostenersi contro la lega capitanata da Venezia, Martino della Scala la dà alla Serenissima e questa, subito, ai Carraresi di Padova (1339-1388). Ad essi la tolse Gian Galeazzo Visconti, e questo periodo visconteo (1388-1404) non fu senza vantaggio per la città, che vide allargata la sua cinta di mura, ampliate le fortificazioni, regolato alla meglio il corso del Brenta. Tramontato il dominio visconteo, con il consenso di Caterina Visconti la città si diede a Venezia (1404), ottenendo dalla repubblica speciali capitoli e privilegi; e da allora, fino alla caduta della repubblica, sempre rimase alla Serenissima, attraverso una vita meno travagliata, tranne nel 1413, quando il territorio fu devastato e la città assediata invano dalle soldatesche imperiali condotte da Pippo Spano, e, più gravemente, fra il 1509 e il 1513, al tempo della lega di Cambrai, quando, con alterna vicenda, la presero e la riperdettero, e tutti la predarono, gl'imperiali del Liechtenstein, i Francesi del La Palisse, gli Spagnoli del Cardona. Ebbe poi più tranquillo sviluppo, sotto il governo veneto, rappresentato da un podestà, e con un proprio consiglio municipale aristocratico; sebbene ancora, finché non fu proclamata città, nel 1760, in cetta soggezione a Padova e Treviso, in questioni amministrative e giudiziarie.
Lo sviluppo della città durante il dominio veneto si deve, oltre che alle risorse della plaga agricola, alle industrie della concia delle pelli, all'arte della lana e della seta; sulla fine del sec. XV vi fu introdotta la bachicoltura, che dava lavoro a dieci grandi opifici nel sec. XVII, a quaranta nel sec. XVIII. Vi fiorì inoltre, dai primi del sec. XVII, l'arte della stampa, che diede vita alla famosa tipografia dei Remondini. Caduta la repubblica (1797), B. condivise la sorte di tutte le terre venete; fu corsa dagli eserciti napoleonici (battaglia di Bassano, 8 settembre 1796), fu poi ceduta all'Austria (1798-1805), fece parte del regno d'Italia (1805-1813), allorché fregiò del suo nome, a titolo puramente onorifico, per meriti civili, Ugo Bernardo Maret, duca di Bassano; poi del Lombardo-Veneto e nel 1866 fu annessa al regno. Nell'ultima guerra sostenne fieramente i pericoli e i danni cui l'esponeva la sua situazione nelle immediate retrovie del fronte.
Bibl.: O. Brentari, Storia di Bassano e del suo territorio, Bassano 1884 (v. anche P. Balan e A. Besi, Sulla storia di Bassano di O. Brentari, Lettere critiche, Padova 1885); Pozza, Il comune rurale di Bassano, in Nuovo Arch. Veneto, VII (1894); G. Chiuppani, Lo svolgersi di un comune parallelamente ad una signoria feudale, Bassano e gli Eccelini, in Bull. del Museo civico di Bassano, VII (1910); P. M. Tua, Saggio di bibliografia bassanese, 1506-1910, Venezia 1913.