PASSANTE, Bartolomeo
PASSANTE (o Bassante), Bartolomeo. – Nacque a Brindisi nel 1618, figlio di Donato d’Antonio. Di un pittore di nome Bartolomeo Passante riferisce la Nota de' Pittori, Scultori ed Architettori, che dall’anno 1640 sino al presente giorno hanno operato lodevolmente nella città e Regno di Napoli, ritrovata da Giuseppe Ceci in un codice miscellaneo della Biblioteca nazionale di Firenze (II, II, 100), dal titolo AVV. Filippo Baldinucci e Cav. Anton Francesco Marmi e vari, Notizie di vite ed opere di diversi pittori.
Nel 1675 il postillatore delle vite di Baldinucci annota: «B. Passante imparò ed imitò molto da Giuseppe de Ribera suo maestro, anzi che le copie fatte di sua mano quasi non si distinguono dalli originali del detto Giuseppe» (Ceci, 1899, p. 165; per un tentativo di identificazione dell’estensore delle note, De Vito, 1986, p. 126). Il poligrafo settecentesco Bernardo De Dominici lo avvicina strettamente al maestro: «Passante fu discepolo del Ribera, e sotto la sua direzione riuscì valentuomo, e tanto che il maestro molto l’adoperava nelle molte richieste di sue pitture; e massimamente per quelle che doveano essere mandate altrove, ed in paesi stranieri. E questa è la cagione che poche opere sue si veggono esposte in pubblico, ma solamente in casa di alcuni particolari si ammirano varie istorie sacre da lui dipinte, e mezze figure di santi e di filosofi, perciocché egli di età ancora fresca morì di peste. Egli è così simile alle opere del Ribera che bisogna sia molto pratico di lor maniera […] è simile al suo maestro, e più nel tremendo impasto di colore […] nel quale però da chi è intelligente dell’arte vi si vede un carattere superiore […]» (A. Zezza, in De Dominici, 1742-45 circa, 2008, p. 40).
È discussa la connessione del passo con una persona storicamente accertata – anche se c’è a chi parrà «incontrovertibile che tutto quanto il De Dominici riferisce del suo Passante si attaglia alla perfezione al “Maestro degli Annunci ai Pastori”» (Bologna, 1958, p. 32).
L’esistenza, nella Pinacoteca Camillo d’Errico a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, di un S. Procopio siglato «BP» a lettere intrecciate svelerebbe la facies del pedissequo copista da prototipi del pittore valenzano (De Vito, 1986, pp. 122 s., figg. 21-22; inoltre Galante, 1992). Bisognerà, in ogni caso, attendere i rilanci eruditi sulla rivista Napoli Nobilissima per disporre di dati su Bartolomeo Passante (con la P iniziale). Nel 1897 Luigi Salazar rintraccia nella parrocchia napoletana della Carità la notizia del matrimonio di Passante, originario di Brindisi, con Angela Formichella, avvenuto il 4 maggio 1636. Dall’esame del «processetto matrimoniale» rinvenuto l’anno successivo si apprende che il pittore aveva diciotto anni, essendosi impiantato a Napoli da sette; vi si legge, inoltre, che Angela Formichella era nipote di un Pietro Beato pittore, insieme al quale Passante aveva abitato.
Nel 1954 Ulisse Prota-Giurleo (1886-1966) riapre il dossier Passante (o «Bassante») premurandosi di integrare i documenti prodotti da Salazar. Il 16 aprile 1636 Bartolomeo Passante di Brindisi, figlio di Donato d’Antonio, attesta di abitare, con Beato, «nella strada di Toledo alle case d’Ottavio Genna, sotto la Parrocchia di Sant’Anna». Beato, a sua volta, dice di avere trentacinque anni, confermando di conoscere Passante.
Ferdinando Bologna (1958) accentua poi la divaricazione stilistica tra due maestri di eguale cognome ma diverse capacità. Un primo pittore viene isolato con l’epiteto di «Maestro dell’Annuncio ai Pastori», o con la dizione di «pseudo-Passante». L’altra mano, i cui esordi non si collocherebbero prima del 1635, è quella del responsabile dell’Adorazione dei pastori del Museo nacional del Prado a Madrid (sottoscritta «Bartolomeo Bassante»). Sarebbe questi il «vero Passante», conclude Bologna, deciso a riabilitare la firma sulla teletta spagnola dove l’iniziale del cognome è B e non P. Un pittore «affine ad Antonio De Bellis, formatosi tra il 1635 e il 1640 […] con premesse stanzionesche e uno sviluppo para-cavalliniano». A sostegno della tesi lo studioso propone al «Bassante» del Prado altri dipinti, due dei quali avvicinati in precedenza a Bernardo Cavallino.
Nondimeno fu Roberto Longhi (1969) a ricusare la distinzione avanzata da Bologna tra l’autore della prova del Prado – una tela di 99 x 131 cm – e lo strapotente ideatore dei riposi dei pastori e censurò la definizione di «pseudo-Passante», ponendosi pure in avvio del saggio il beneficio del dubbio: «Chi è… il Bassante o Passante? O si tratta di due persone distinte?».
Occorre ricordare che, dal versante spagnolo degli studi, sarebbe stata rifiutata l’identificazione tra l’autore del quadro del Prado e il «Maestro degli Annunci» (Pérez Sánchez, 1965).
Più tardi Raffaello Causa (1972) avrebbe accettato la distinzione tra due maestri con eguale cognome – il Passante degli «Annunci ai Pastori» e il «Bassante» del Prado – dirottando su quest’ultimo un pugno di quadri inediti (uno firmato per esteso), o noti sotto altro nome.
Bassante – argomenta Causa – «non supera mai i limiti del piccolo Maestro oscillante, sulla scia di Ribera, tra i modi del Falcone e quelli di Francesco Fracanzano, non senza inclinare più tardi verso l’artigianale rielaborazione di qualche opera vaccariana o cavalliniana di successo».
La partenza del pittore si valuta nell’Adorazione dei pastori del Prado, secondo Causa «dipendente dal Cavallino»; di seguito, la tela delle Nozze mistiche di s. Caterina (firmata «BARTOLOMEUS BASS ME PINSIT») gli pare «dichiaratamente connessa» ad Andrea Vaccaro. A questo dipinto si collega la Sacra Famiglia della stessa collezione Causa; chiuderebbero un S. Sebastiano curato dalle pie donne in collezione Marshall Spink a Londra (foto soprintendenza Beni artistici e storici di Napoli 550/M; Gabinetto fotografico nazionale F 14883) e, sebbene in «fase ancora più stanca», un’Adorazione dei Magi (firmata con una B) delle collezioni dell’University of California di Santa Barbara.
Di seguito lo studioso accosta a Bassante – con una cautela che non gli verrà più riconosciuta dai commentatori successivi – un pittore diverso da lui sotto ogni aspetto: il cosiddetto ‘Maestro di Resina’, che gli ultimi rilanci a partire dal 1991 hanno retrodatato sistemandolo tra gli anonimi d’ispirazione nordica del primo milieu caravaggesco; né ha più speranze l’arrotondamento di attribuzione a Bassante del Lot e le figlie, che fu a suo tempo presentato come opera di Massimo Stanzione presso la Heim Gallery in Jermyn Street a Londra (1971). Ma il nodo più difficile a districarsi riguarda il riferimento all’anonimo pittore di Resina (definito da Causa un «Bassante ingentilito e prezioso») della S. Caterina a mezza figura di collezione Einaudi, oggi al Museo civico d’arte antica di Torino. Vero è che, nel passaggio da testo a immagini, vi fu, se non un ripensamento, l’attenuazione di un’attribuzione che oggi non ha più sostenitori (su tutta la questione si controllino Causa, 2007; Porzio, 2012; 2014). Causa infatti riprodusse come di Bassante solo il dipinto con le Nozze mistiche; mentre, nella pagina a fianco, la S. Caterina compare sì con il nome di Bassante, ma con la scorta di un vistoso punto interrogativo.
In un repertorio fotografico sulla pittura napoletana del Seicento, Bassante viene illustrato da tre dipinti: l’Adorazione dei pastori, le Nozze mistiche e il S. Sebastiano che comporta un rinvio al linguaggio di Agostino Beltrano (Spinosa, 1984). Nella seconda metà degli anni Ottanta, sulla scia proprio della rassegna di Civiltà del ’600 a Napoli (1984), alcuni contributi avrebbero riservato particolare attenzione al Maestro dell’Annuncio e – ma solo di riflesso – al Bassante.
Giuliano Briganti gli riferisce, su segnalazione di Torsten Gunnarson, l’Adorazione dei pastori della cattedrale di Kalmar in Svezia: una tela di 175 x 223 cm, «tagliata» suppone «nella parte inferiore e, probabilmente, anche sul lato sinistro». L’ipotesi che il dipinto ritrovato possa identificarsi nel «quadro della Natività del Signore, situato sopra la porta della chiesa di S. Giacomo degli Spagnuoli» citato da Carlo Celano (Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, V, Napoli 1692, p. 43) come unica opera del Bassante non ha incontrato consensi. Bassante, che per Briganti è naturaliter il pittore menzionato da De Dominici, sarebbe «partito indubbiamente come molti altri, dall’orbita del Ribera»; in seguito avrebbe indirizzato «il suo cammino, verso la metà del secolo, orientandosi fra […] Stanzione […] Fracanzano […] De Bellis e l’eleganza del Cavallino e del Vaccaro. Un po’ di tutto, insomma, ma con una certa secchezza e un’attenzione al disegno che lo distingue» (Briganti 1988).
Inoltre lo studioso accenna alla «mediocre teletta» del Prado, ritenendo indubbi solo il S. Sebastiano di collezione Spink (di cui è stata segnalata «una replica identica e sicuramente autografa presso una nobile famiglia genovese»; Spinosa, 2010), nonché la S. Caterina di collezione Einaudi. Qualche tempo dopo, in un rapido transito sul mercato torinese, Briganti ne tornerà a ribadire, col beneficio del dubbio, il riferimento a Bassante (Briganti, 1990).
Tra la seconda metà degli anni Ottanta e il decennio successivo gli specialisti riveleranno l’urgenza di assodare la distinzione tra i due pittori: alcuni propendendo per un caso di omonimia, altri, invece, preferendo chiamare Bassante (o Passante) il pittore del Prado e provando a battere piste alternative per l’identificazione del Maestro dell’Annuncio. Tuttavia, mentre dell’anonimo maestro (alias Passante, pseudo-Passante o Juan Do) – ritenuto «il maggiore “naturalista” della prima metà del Seicento napoletano» (Longhi, 1969) – sono continuati ad affiorare dozzine di originali, non altrettanto fruttuosi si sono rivelati i tentativi di arricchire il carniere di Bassante. Un intervento di De Vito rivelava, tra l’altro, che l’Adorazione dei Magi dell’Università di Santa Barbara avrebbe presentato il monogramma di Vaccaro (De Vito, 1986). Come di Bassante Stefano Causa ha illustrato nuovamente il S. Sebastiano accostandolo al tondo, in collezione Causa, con la Sacra Famiglia (Causa, 2007). In seguito lo stesso avrebbe attribuito al pittore da giovane una Sacra Famiglia nei depositi del Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte (Causa, 2008).
Per paradossale che possa sembrare, l’unica addizione recente sul conto del pittore riguarda la ‘sottrazione’ del dipinto del Prado. Era stato per primo Prota-Giurleo (1954) a contestare la validità della firma, interdetto dal fatto che il pittore si sottoscrivesse «Bassante», non «Passante» come si legge nelle carte. Bologna (1958) avrebbe rintuzzato lo scetticismo del documentarista, producendo una lettura stilistica capace di orientare verso un riferimento del quadro spagnolo a De Bellis; mentre De Vito (1986) si sarebbe spinto a confrontare la firma del dipinto del Prado (Bassante) e quella (Passante) apposta sull’atto matrimoniale ricavandone la conclusione di «un’assoluta somiglianza» di grafia. Ultimamente si sono riaccesi i sospetti sulla firma del Prado, la cui più antica attestazione risale a un inventario del tempo di Carlo III (1774) e che sarebbe stata apposta sulla vernice originaria. Il dipinto sarebbe, in ultima analisi, da riferire allo stesso De Bellis (Spinosa, 2009). Una nuova prospettiva sul pittore emerge infine in un libro sulla scuola di Ribera (Porzio, 2014).
A Prota-Giurleo spetta il ritrovamento della fede di morte di Passante, avvenuta il 17 luglio 1648 a Napoli. Il pittore fu sepolto alla Trinità di Palazzo (Napoli, parrocchia di S. Giovanni Maggiore, Libro defunti; Prota-Giurleo, 1954; Porzio, 2014).
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani (1742-45 circa), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, III,1, Napoli 2008, p. 40 e nota 76; L. Salazar, Documenti inediti intorno ad artisti napoletani del XVII secolo, in Napoli Nobilissima, 1897, vol. 6, n. 9, p. 129; G. Ceci, Scrittori della storia dell’arte napoletana anteriori al De Dominici, ibid., 1899, vol. 8, p. 165; Id., P. B., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 277; R. Longhi, I pittori della realtà in Francia (1935), in Paragone, 1972, n. 269, pp. 3-18 (ripubbl. in Id., Studi caravaggeschi, II, 1935-1969, Firenze 2000, pp. 1-11); U. Prota-Giurleo, Del pittore P. e del suo maestro Beato, in Il Fuidoro, I (1954), nn. 5-6, pp. 135-138; F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, passim; A.E. Pérez Sánchez, Pintura italiana del siglo XVII en España, Madrid 1965, p. 372; R. Longhi, G.B. Spinelli e i naturalisti napoletani del Seicento, in Paragone, 1969, n. 227, pp. 42-52; R. Causa, La pittura del Seicento a Napoli dal Naturalismo al Barocco, in Storia di Napoli, V, 2, Il Viceregno, Napoli 1972, p. 974, note 44, 54; M. Marini, Pittori a Napoli 1610-1656. Contributi e schede, Roma 1974; A. Schiattarella, in La pittura napoletana dal Caravaggio a Luca Giordano (catal., Londra - Washington - Parigi - Torino), Napoli 1982, p. 291; N. Spinosa, Bartolomeo Bassante, in Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), I, Napoli 1984, pp. 116, 189 s., nn. 2.5-2.6; Id., La pittura napoletana del ’600, Milano 1984; G. De Vito, Alla ricerca del «vello d’oro» (appunti di un viaggio), in Ricerche sul ’600 napoletano. Dedicato a Ulisse Prota-Giurleo nel centenario della nascita, Milano 1986, pp. 122-126; G. Briganti, La «Natività» del Bassante della chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, in Scritti di storia dell’arte in onore di Raffaello Causa, Napoli 1988, pp. 178-180; Id., Bartolomeo Bassante (?), Santa Caterina d’Alessandria, in Da Biduino ad Algardi. Pittura e scultura a confronto, a cura di G. Romano, Torino 1990, n. 13, pp. 154-157; F. Bologna, Battistello e gli altri. Il primo tempo della pittura caravaggesca a Napoli, in Battistello Caracciolo e il primo naturalismo a Napoli (catal.), a cura di F. Bologna, Napoli 1991, p. 168; L. Galante, I dipinti napoletani della collezione d’Errico (secc. XVII-XVIII), Lecce 1992, pp. 14-22, 47-49, n. 8; A. Alabiso, Bassante Bartolomeo (Brindisi 1618; Napoli c. 1650), in The Dictionary of Art, III, New York-London 1996, pp. 351 s.; N. Spinosa, Il Maestro dell’Annuncio ai Pastori, Bartolomeo Bassante, Antonio De Bellis o Bernardo Cavallino? Riflessioni e dubbi sul primo Seicento napoletano, in Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti per la storia dell'arte 1994-1995. Scritti in memoria di Raffaello Causa, Napoli 1996, pp. 242-256; G. De Vito, Variazioni sul nome del Maestro dell’Annuncio ai Pastori, in Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti 1996-1997, Napoli 1998, pp. 7-62; F. Abbate, in Storia dell’arte meridionale. Il secolo d’oro, Roma 2002, p. 78; S. Causa, La strategia dell’attenzione. Pittori a Napoli nel primo Seicento, Napoli 2007, passim; Id., in Museo Nazionale di Capodimonte. Dipinti del XVII secolo. La scuola napoletana. Le collezioni borboniche e postunitarie, Napoli 2008, pp. 223 s., n. 244; N. Spinosa, in Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli (catal.), I, Napoli 2009, pp. 211 s., n. 1.106; Id., Bartolomeo Bassante, in Id., Pittura del Seicento a Napoli. Da Caravaggio a Massimo Stanzione, Napoli 2010, p. 166, fig. 10; G. Porzio, Interferenze tra Francesco Guarini e la cerchia riberesca, in Francesco Guarini. Nuovi contributi 1, Atti del Convegno..., Solofra… 2011, Napoli 2012, pp. 37 s.; Id., La scuola di Ribera..., Napoli 2014, pp. 71-91.