GASTALDI, Bartolomeo
Nacque a Torino il 10 febbr. 1818, da Bartolomeo, avvocato del foro torinese, e Maria Volpato, sorella del celebre incisore. Fin da ragazzo compì ripetute escursioni naturalistiche nei dintorni di Torino e nell'Astigiano, durante le quali raccolse numerosi fossili che costituirono il nucleo iniziale della sua collezione; nello stesso tempo, incoraggiato dalla madre, si applicò allo studio del flauto.
Nonostante la passione per la geologia, seguì la volontà del padre e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Torino dove si laureò nel 1839. Esercitò la professione di avvocato per alcuni anni ma, immediatamente dopo la morte del padre, nel 1843, abbandonò l'attività forense e si dedicò alla sistemazione della sua collezione e alla geologia e paleontologia viaggiando per tutta Italia.
Con due lettere alla Società geologica di Francia (1844 e 1846) sul ritrovamento di un pentacrinite (Pentacrinites basaltiformis) e sulla sua datazione al Miocene, il G. iniziò una ricca produzione scientifica (circa 135 contributi).
Nel 1846 compì un viaggio in Spagna; tre anni dopo si recò a Parigi per completare gli studi di geologia e paleontologia coltivati in Italia da autodidatta. Qui rimase per tre anni, frequentò l'École des mines e i corsi di E. de Beaumont, il Jardin des plantes, il Collège de France e la Sorbonne, istituzioni dove l'insegnamento delle scienze naturali attirava un gran numero di studenti da tutta Europa. A Parigi incontrò, tra gli altri, Q. Sella, che all'École studiava soprattutto cristallografia, e con lui strinse una profonda e duratura amicizia. Nel triennio parigino il G. si dedicò allo studio della geologia e in particolare della glaciologia, frequentando specialisti come Ch. Martins e G. de Mortillet con i quali iniziò a collaborare.
Nel 1851 fu stampata a Torino la sua traduzione del libro di Martins, Ricerche sul periodo glaciale, al quale il G. aggiunse note e un capitolo sui ghiacciai della Dora Baltea e Dora Riparia. Il G. accettava l'ipotesi di T. von Charpentier secondo la quale i ghiacciai del quaternario sarebbero stati molto più estesi di oggi. Nello studio condotto con Martins sui terreni più superficiali della valle del Po presso Torino, il G. individuava l'origine glaciale delle antiche morene di Rivoli, Ivrea, Sesto Calende, e dei terreni glaciali di Pianezza, delle colline di Torino e dintorni; egli si opponeva quindi alla diffusa interpretazione di questi depositi come effetto dell'azione violenta e rapida di correnti d'acqua derivanti da un'onda diluviale, dalla rottura dei bacini dei laghi alpini o dal sollevamento improvviso delle Alpi con emissione di materiali eruttivi e gas che avrebbero provocato lo scioglimento delle nevi e dei ghiacci.
Tornato a Torino, proseguì le ricerche sulla geologia del Piemonte, gli studi di glaciologia e di paleontologia e si occupò della sua collezione di fossili e minerali. Nel 1854 fu chiamato dal Sella, allora professore di geometria, all'Istituto tecnico (fondato nel 1846 dal re Carlo Alberto per diffondere lo studio delle scienze applicate all'industria), per riordinare la collezione mineralogica di V. Barelli alla quale il Sella aveva aggiunto una propria raccolta di cristalli. Il G. ebbe dapprima la nomina a segretario dell'Istituto stesso, e poi, nel 1855, quella di capo dell'Ufficio centrale delle privative industriali, appena istituito in Piemonte. Nel 1860 l'Istituto tecnico si trasformava in Scuola d'applicazione per gli ingegneri e il G. ne mantenne il segretariato. Nel 1861 fu nominato assistente di mineralogia e geologia presso la cattedra di Sella, poi ricoperta come professore ordinario nel 1863, dopo la scelta di Sella per la vita politica. Nello stesso anno il G. donava alla scuola la sua collezione paleontologica (costituita prevalentemente da Vertebrati del Villafranchiano e dell'Oligocene di Cadibona, oggi presso il Museo del Dipartimento di scienze della Terra dell'Università di Torino).
È di questi anni l'interesse del G. per la paleoetnologia. In seguito alla scoperta di insediamenti palafitticoli nel lago di Zurigo (1854), il G. si mosse alla ricerca di analoghe abitazioni preistoriche in Italia. Dal 1860 al 1862 ritrovò e descrisse oggetti e armi di selce, bronzo e legno delle torbiere presso Arona e presso Imola e delle marniere emiliane e lombarde. In un ampio lavoro pubblicato nel 1876, ricco di tavole e riassuntivo dei suoi molti contributi a questo settore di ricerche, il G. argomentava il convincimento che lo studio della documentazione preistorica superstite non consentisse di collocare la presenza dell'uomo nell'età terziaria (nel Pliocene o nel Miocene come da molti sostenuto), coevo ai grandi Mammiferi estinti.
Nel corso degli anni Sessanta, il G. si occupò anche della questione dei massi erratici: in un primo tempo attribuiva la presenza dei massi erratici angolari delle colline di Torino all'azione di trasporto dei ghiacci quaternari, ma poi la retrodatava al Miocene, periodo durante il quale i ghiacciai avrebbero raggiunto il mare trascinando con sé anche i massi. Tra il 1863 e il 1868, studiò la genesi dei laghi negli anfiteatri morenici, che reputava preesistenti all'azione dei ghiacciai, i quali invece avrebbero riscavato i laghi riempiti dai depositi ferrettizzati.
Il G. contribuì allo sviluppo della paleontologia degli Invertebrati e dei Vertebrati, soprattutto Mammiferi fossili piemontesi (ma studiò anche fossili di Liguria e Toscana). I ritrovamenti (tra cui Antracotherium magnum a Cadibona, Ursus spelaeus a Bossea, balenottere, mastodonti e balene nell'Astigiano) furono oggetto di numerosi scritti pubblicati tra il 1856 e il 1875.
Nell'ottobre del 1863 fu tra i fondatori del Club alpino italiano, del quale fu dapprima vicepresidente, primo redattore del Bollettino (1864-73) e presidente dal 1876.
Dal 1864 lavorò insieme con G. Berruti e Sella alla stesura della carta geologica del Biellese. Il G. maturava allora il progetto di una carta geologica delle Alpi piemontesi. Il rilevamento durò quattordici anni; il G. rileva in più fogli (colorando con criteri geologici la carta topografica dello stato maggiore 1/50.000) le Alpi comprese tra la Dora Baltea e il Tanaro, per un'area di circa 16.000 kmq. Risultato di tale lavoro fu una più precisa individuazione dei terreni alpini con la distinzione dei terreni cristallini in antichi e recenti, sui quali ultimi era individuabile, ordinatamente sovrapposto, il Secondario.
Nel 1867 gli fu affidato l'insegnamento di geologia e mineralogia presso la Scuola superiore di guerra ed entrò a far parte del Comitato geologico italiano. Diresse inoltre il Museo civico di Torino dal 1875 e, nel 1878, con la separazione dei rispettivi musei e cattedre di mineralogia e geologia, divenne professore di geologia all'Università di Torino.
Nel corso della vita fu ripetutamente onorato con premi e con l'affiliazione a numerose accademie scientifiche italiane e straniere (Accademia dei Lincei, Accademia dei XL, R. Accademia d'agricoltura di Torino, società geologiche di Londra e di Vienna et alia).
Morì a Torino il 5 genn. 1879.
La ricerca del G. ha affrontato alcuni temi nodali della geologia ottocentesca: il dibattito tra catastrofismo e attualismo lyelliano (il G. si schiera a favore della visione attualista); la posizione e il significato geologico e cronologico degli scisti cristallini e la struttura e la genesi della catena alpina.
Il G. si dedicò all'interpretazione della struttura geologica del Piemonte e in special modo delle Alpi Occidentali, indagine allora assai complessa a causa dell'ampia presenza di rocce cristalline ed eruttive e la conseguente quasi totale assenza di fossili utili a fini cronostratigrafici, ragion per cui le ipotesi di tipo plutonista e di metamorfismo di contatto prevalevano su altre spiegazioni.
Il G., nel corso dei suoi rilevamenti dal 1864 al 1878, elaborò l'ipotesi secondo cui gli scisti cristallini delle Alpi Occidentali - generalmente (e anche dal G.) ritenuti di origine sedimentaria, metamorfosati, ora azoici e tutti "primari" -, si potevano dividere in due zone corrispondenti a due periodi: le rocce cristalline antiche, che costituiscono il nucleo centrale della catena alpina (secondo la teoria dei crateri di sollevamento) e le rocce metamorfiche, più recenti, addossate alle prime, che formano la "zona delle pietre verdi". Il G. introduceva quindi un'importante distinzione tra gli scisti cristallini triassici e i calcescisti mesozoici e in parte terziari: contribuì con la sua ricerca di campagna allo sviluppo degli studi di geologia alpina e alla revisione e all'abbandono dei modelli stratigrafici elaborati nei primi decenni dell'Ottocento su stratotipi di altri paesi (Francia, Germania, Inghilterra) non applicabili in toto alla geologia dei diversi distretti italiani.
Tra i contributi più significativi, ricordiamo: Lettera sulla presenza di un pentacrinite nei terreni miocenici delle colline torinesi, in Bull. de la Soc. géol. de France, s. 2, II (1844-45), pp. 53 ss.; Lettera rispondente ad alcuni dubbi emessi sulla posizione stratigrafico-cronologica dei pentacrinidi nel miocene torinese, ibid., III (1845-46), pp. 138 ss.; Essai sur les terrains superficiels de la Vallé du Po aux environs de Turin comparés à ceux de la plaine suisse, con C. Martins, ibid., VII (1849-50), pp. 554 ss.; Appunti sulla geologia del Piemonte, Torino 1853; Sur l'Anthracotherium magnum de Cadibona, in Bull. de la Soc. géologique de France, XIV (1856-57), pp. 396-398; Cenni su alcune armi di pietra e di bronzo trovate nell'Imolese, nelle marniere del Modenese e del Parmigiano, e nelle torbiere della Lombardia e del Piemonte, in Atti della Soc. ital. di scienze naturali, III (1861), pp. 11-38; Nuovi cenni sugli oggetti di alta antichità trovati nelle torbiere e nelle marniere dell'Italia, Torino 1862; Sur la théorie de l'affouillement glaciaire, con G. De Mortillet, Milano 1863; Frammenti di geologia del Piemonte, in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XX (1863), pp. 295-342; Sulla riescavazione dei bacini lacustri per opera degli antichi ghiacciai, in Mem. della Soc. ital. di scienze naturali, I (1865), 3, pp. 1-28; Studii geologici sulle Alpi Occidentali, I, in Mem. per servire alla descriz. della Carta geologica d'Italia pubblicate a cura del R. Comitato geolologico del Regno, pt. I, I, Firenze 1871, pp. 4-36; pt. II, II, ibid. 1874, pp. 5-59; On the effects of glacier erosion in Alpine valleys, in Quarterly Journ. of the Geol. Soc. of London, XXIX (1873), pp. 396-401; Frammenti di paleoetnologia italiana, in Atti della R. Acc. dei Lincei, Mem. della classe di scienze fis., mat. e nat., s. 2, CCXCIII (1875-76), III, 2, pp. 497-556.
Da lui prende nome la gastaldite, una varietà di glaucofane (silicato di magnesio e calcio) che si trova in Val Chisone e in Valle d'Aosta.
Fonti e bibl.: Necr. in Annuario della R. Univ. degli studi di Torino (a.a. 1879-80), Torino 1880, pp. 103-114 (M. Baretti); Annali della R. Acc. d'agricoltura di Torino, XXII (1879), 37, pp. 1-10 (A. Sobrero), 303-333 (A. Cavallero); Boll. del Club alpino italiano, XIII (1879), pp. III-XLVII (C. Isaia); Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XIV (1878-79), pp. 339-348 (E. Ricotti); Atti della R. Acc. deiLincei, s. 3, CCLXXIV (1879), Transunti, III, pp. 82-92 (Q. Sella); M. Lessona, Naturalisti italiani, Roma 1884, pp. 209-227 (con ampia bibl.); A. De Zigno, Biografia di B. G., in Mem. di mat. e fis. della Soc. ital. delle scienze, s. 3, IV (1887), pp. XLII-XLVIII; P. Vinassa De Regny - P. Aloisi - F. Millosevich, Geologia paleontologia mineralogia, Milano 1939, ad indicem; V. Novarese, Geologia, in Un secolo di progresso scientifico ital. 1839-1939, II, Roma 1939, pp. 489, 491, 493; P. Barocelli, Paleoetnologia, ibid., V, ibid. 1939, pp. 158-160, 198; G. Battista - G.V. Dal Piaz, Sviluppo delle concezioni faldistiche nell'interpretazione tettonica delle Alpi (1840-1940), in Cento anni di geologia italiana. Vol. giubilare. I centenario della Soc. geol. ital. 1881-1981, Bologna 1984, p. 47; Musei civici di Imola, La collezione Scarabelli, I, Geologia, a cura di M. Pacciarelli - G.B. Vai, Bologna 1995, pp. 52, 65, 112 ss.